la situazione
Isonzo, allarme Legambiente su acqua da Salcano: «Rischio siccità»
Legambiente denuncia il rischio di tornare allo scenario dell'estate scorsa con la moria di pesci, preoccupano i salti tra periodi di magra e rilasci da Salcano.
È stato un inizio estate certamente piovoso, sicuramente su Gorizia e l’intero Friuli Venezia Giulia, ma le alte temperature registrate a luglio fanno già preoccupare. A lanciare l’allarme è Legambiente, in particolare per la possibile emergenza idrica nel bacino dell’Isonzo. Nei giorni scorsi, l’associazione ha scritto al presidente della Regione, assessore alla Difesa dell’ambiente, Servizio gestione risorse idriche, Autorità di bacino, Consorzio di bonifica della Venezia Giulia ed Ente tutela patrimonio ittico.
Il sodalizio rileva come “nonostante la pioggia cumulata nei primi 6 mesi del 2023 si avvicini abbastanza alla media degli ultimi 30 anni, a differenza del tragico 2022, ci preoccupa molto la situazione dell’Isonzo di inizio luglio. Il grafico in calce evidenzia le portate che arrivano in Italia a valle della diga slovena di Salcano. Si nota come le fasi di magra si stiano allungando rispetto ai sempre più brevi picchi rilasciati dalle centrali idroelettriche slovene”. Da qui, la richiesta agli enti di attivarsi per “evitare le stragi di pesci”.
Scenario visto l’anno scorso, insieme alla moria di altri organismi acquatici che hanno caratterizzato lo scorso anno. “Preservare la vita acquatica consente all’ecosistema fluviale di svolgere dei servizi ecosistemici molto importanti per noi, in particolare la ricarica della falda e la depurazione naturale delle acque di scarico” rimarca il gruppo. Lo stesso suggerisce di “contattare le autorità slovene e i gestori delle centrali idroelettriche che hanno conseguenze dirette sull’hydropeaking e sulle disponibilità di acqua in territorio italiano”.
Al centro dell’attenzione ci sono in particolare “i salti fra lunghi periodi di magra con portate sotto i 20 metri cubi al secondo e brevi picchi che possono toccare i 120 metri cubi al secondo ed evitare improvvise e imprevedibili riduzioni, ben al di sotto dei 20 metri cubi al secondo”. Richiamando la direttiva europea Acque 60 del 2000, Legambiente rivendica di proporre tutto ciò da un decennio, chiedendo anche di ridurre i rilasci per uso idroelettrico in Italia. In questo caso, la norma di riferimento è la legge regionale 11 del 2015.
Per le sezioni sia goriziana che di Monfalcone, i rilasci andrebbero armonizzati “affinché vi sia continuità fluviale quanto meno fra Gorizia e Sagrado ma anche il più possibile a valle”. Evidenzia quindi che "se a inizio luglio la situazione è questa, nonostante la discreta piovosità del primo semestre del 2023 e prevedendo un’estate normalmente siccitosa, significa che in agosto la situazione potrebbe diventare grave. Invitiamo pertanto le Autorità ad agire fin da subito per evitare disastri ecologici”. Ritorna così nel mirino l’impianto di Salcano.
La diga prima del confine italo-sloveno ha una portata installata di 180 metri cubi al secondo, per una potenza di 32 MW. Nell’estate 2022, la centrale è rimasta ferma per 20 giorni per mancanza d’acqua, con la portata scesa sotto i 12 metri cubi al secondo. L’andamento oscillante dei rilasci è un tema sollevato già in passato nei confronti della HE Solkan, legato alle modalità di funzionamento della centrale idroelettrica, destinata a coprire le eccedenze nel consumo di elettricità. Ciò significa che al mattino e nel tardo pomeriggio, le turbine sono a piena potenza.
Questo quando il consumo è massimo, con una grande portata d’acqua. Quando il fabbisogno di energia elettrica diminuisce, invece, riducono al minimo la portata e lasciano riempire nuovamente il serbatoio. Come emerge dal reportage di Jakob Murovec e Staš Zgonik su N1, “i problemi potrebbero essere risolti da soli, costruendo barriere che trattengano l'acqua in eccesso durante i grandi scarichi della centrale per poi rilasciarla in modo uniforme, garantendo un flusso costante. All'inizio questo era anche il piano per la gestione dei fiumi transfrontalieri”.
“Ma poi l'Italia si è ritirata da un simile approccio", ha affermato ai loro microfoni Primož Banovec, che per qualche tempo è stato anche membro della commissione italo-slovena per la gestione delle acque, nell'ambito della quale si svolge l'accordo internazionale sull'Isonzo. "Hanno concordato che la Jugoslavia avrebbe costruito una centrale elettrica e, per mitigare l'hydropeak, l'Italia avrebbe costruito un bacino di bilanciamento vicino a Gorizia, per equalizzare il flusso più lontano verso il mare”. Alla fine, però, l’impianto non venne mai realizzato.
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