Isola Morosini festeggia San Marco e le proprie radici col volume 'Isula'

Isola Morosini festeggia San Marco e le proprie radici col volume 'Isula'

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Isola Morosini festeggia San Marco e le proprie radici col volume 'Isula'

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 26 Apr 2022
Copertina per Isola Morosini festeggia San Marco e le proprie radici col volume 'Isula'

Il volume, curato da Adriana Miceu e Maurizio Puntin, è stato pubblicato dalla Società Filologica Friulana.

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Isola Morosini ha festeggiato San Marco, il proprio patrono, con due appuntamenti nel pomeriggio del 25 aprile. Prima la Santa Messa, celebrata dal parroco, don Francesco Fragiacomo, in una gremita chiesa parrocchiale, poi la presentazione del volume “Isula”, edito dalla Società Filologica Friulana e curato da Adriana Miceu e Maurizio Puntin.

Dopo anni, sul campanile sono tornati gli scampanotadors per annunciare la funzione religiosa mentre qualche giovanissimo del paese si è avventurato a fine cerimonia per provare l’antica arte campanaria assieme al nutrito gruppo di campanari.

Un libro che approfondisce la storia del comune di San Canzian d’Isonzo attraverso il racconto della terra più verde e suggestiva: Isola Morosini. Una storia ricostruita attraverso documenti e testimonianze delle persone, che si dipana attraverso lo studio della toponomastica per far emergere la storia dei luoghi e che racconta, sul filo dei cognomi, la presenza delle famiglie che hanno abitato nella località.

“A questa pubblicazione – hanno ricordato il sindaco, Claudio Fratta, e l’assessore alla cultura, Flavia Moimas, nella prefazione - va riconosciuto il valore dato alla toponomastica e all’onomastica in un’ottica di accrescimento della conoscenza rispetto a quanto è stato prima di noi. I nomi sono la memoria vivente che merita di essere recuperata e trasmessa perché diventi storia e strumento di ricerca dell’identità della comunità e dei singoli. Non sono semplici nomi, sono frammenti del passato che ci parlano di persone, attività e abitudini che nel tempo si sono succedute, segnalano le trasformazioni ambientali e paesaggistiche portando alla luce le caratterizzazioni dei siti, da cui è derivato il nome, in un intreccio tra idrografia, morfologia, vegetazione, flora, fauna e intervento dell’uomo”.

“Dura la vita, nei momenti di gioia e di dolore. In una località del paese, i buoi vennero impiegati per portare “l’arcia”, il corredo della sposa e, in altra occasione, per portar via una salma, tanto era collosa e inghiottente la terra quando la pioggia insisteva per giorni”, ha ricordato Ferruccio Tassin nell’introduzione. “Emerge la qualità nel trattare le tradizioni popolari, con la leggenda dell’oro di Attila, ubiquitaria in tutta la Bassa, e del “gjat matangul”, ma anche nello scavo fin nell’intimo dei sentimenti della gente, come nella stupenda definizione “imbombida”(imbevuta) di carità cristiana vera e vissuta, che definiva i meno fortunati nel fisico e nella psiche i segnâts dal Signôr”, conclude Tassin.

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