La cerimonia
Riaperta la sinagoga di Gorizia, ipotesi due giorni a settimana da dicembre
La cerimonia a ottantuno anni dalla deportazione ad Auschwitz tra musica e ricordi. A Rožna Dolina la tomba più antica del 1371.
Il lieve singulto annuncia la sua presenza. Mentre si attraversa il giardino dedicato a Bruno Farber le piume del pettirosso si svelano fra i rami come una ferita, riportando alla memoria il più giovane goriziano deportato e insieme la leggenda del Golgota. Si è svolta nella serata di sabato – presso la Sinagoga di Gorizia – la commemorazione per gli ottantuno anni della deportazione della comunità ebraica ad Auschwitz, concomitante con la riapertura dell’edificio al pubblico dopo quattro anni di lavori.
«Dalla discriminazione si passò alla persecuzione – ha sottolineato il primo cittadino Rodolfo Ziberna, ricordando le vittime dello sterminio - Oggi vogliamo ricordare l’intera comunità ebraica colpita, quei 73 uomini e donne sottratti ai loro affetti, portati in via Barzellini e infine ad Auschwitz». Tra loro Bruno, che a tre mesi di vita venne ucciso non appena raggiunse il campo di concentramento. «A lui lo scorso anno la città di Ferrara ha dedicata una scuola – ha ricordato Ziberna, indicando nella città emiliana il luogo nel quale la famiglia cercò invano riparo – Quando una tragedia colpisce una piccola comunità, colpisce l’intera città». Oggi che i piccoli palestinesi vengono massacrati sotto le bombe israeliane - o muoiono per fame - e la Corte penale ha spiccato un mandato di cattura internazionale verso Benjamin Netanyahu, l’olocausto riappare vivido nella memoria rivelando ogni persecuzione e guerra come il più grande errore dell’umanità.
«Stiamo vivendo un periodo d’incertezza – ha riflettuto il rabbino Eliahu Alexander Meloni, dopo aver deposto una corona di fiori innanzi al monumento ai deportati – Un periodo che non è più incertezza, quanto piuttosto di certezza di un nuovo sentimento che pensavamo scomparso». E nel riferirsi alla scomparsa del rabbino di Abu Dhabi Zvi Kogan – secondo il Mossad rapito o ucciso dai terroristi – Meloni ha ribadito la necessità di vigilare. «Quello che doveva essere un segno di apertura si è trasformato in una tragedia. Il compito di vigilare non spetta ai cittadini di Israele, ma a tutti quanti noi. Avvertiamo una terribile urgenza, per questa vigilanza. Non è solo compito delle forze dell’ordine, perché la responsabilità ricade su ciascuno di noi». L’auspicio del rabbino è che la città di Gorizia possa godere di «meritata celebrità», affinché la linea di partenza possa essere «un segno non soltanto di vigilanza e protezione, ma un passo avanti verso il progresso, in cui tutti possano sentirsi benvenuti e protetti».
«Abbiamo individuato un importante momento commemorativo per la comunità ebraica – ha rimarcato l’assessore alla cultura Fabrizio Oreti – Contestualmente ufficializziamo il termine dei lavori al tempio della Sinagoga, che è la più antica di tutta la regione. Risalente al 1756, è coinvolta nel percorso transfrontaliero che conduce al cimitero di Valdirose». È qui a Rožna Dolina che riposano le oltre 900 tombe ebraiche, la più antica risalente al 1371. «Un percorso importante – evidenzia Oreti – dal momento che tra circa 70 giorni inauguriamo la prima capitale europea della cultura transfrontaliera Nova Gorica – Gorizia. Pertanto, dimostriamo anche l’esistenza di percorsi storico-culturali-religiosi che raccontino la nostra unicità».
Al vaglio l’apertura della Sinagoga a partire da metà dicembre, nelle giornate di venerdì e domenica – evitando il sabato tradizionalmente dedicato allo shabbat – oltre che visite gratuite come accadeva prima della chiusura. Affinché la cittadinanza torni a fruire di un «gioiello che dev’essere di dominio pubblico locale e internazionale», aggiunge. Fra gli ulteriori dettagli da portare a compimento, sono già stati stanziati i fondi messi a bilancio nell’ultima variazione, utili a rimodulare la mostra permanente “Gerusalemme sull’Isonzo” nell’ottica di Go!2025.
Presente alla commemorazione anche il vescovo Carlo Roberto Maria Redaelli, convinto della necessità di ricordare una comunità cancellata dalle persecuzioni, soprattutto alla luce della “Terza guerra mondiale a pezzi”. «In questo momento di grande tensione nel mondo è indispensabile portare un messaggio di pace», ha evidenziato. La cerimonia è stata seguita dall’esecuzione di brani della tradizione ebraica per fisarmonica (Manuel Figheli), clarinetto (Daniele Casali) e percussione (Pietro Sponton). Un concerto che si è svolto nella magnifica sala con la pavimentazione in marmo bianco e nero, dove la musica briosa ha trascinato il pubblico sulle note del “Mazal tov” (“Buona fortuna”), “Alleluia” e di un brano dedicato all’arbitro goriziano di serie A Roberto Terpin, scomparso nel 1995.
«Qui in questa sala mia figlia ha festeggiato il Bar-mitzvah», ha ricordato commosso il cuore del gruppo Casali. «Con queste note allegre chiedo a Davide il bis – ha suggerito il rabbino dopo la grande festa – Affinché possiamo tutti allontanarci da questo luogo sacro con letizia». Una serata in cui il dolore per le tragedie si è stemperato nella fiducia verso una pace ancora possibile.
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