Gorizia, l'ultimo addio a Giannino Busato: «Esempio di compassione»

Gorizia, l'addio a Giannino Busato: «Esempio di compassione»

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Gorizia, l'addio a Giannino Busato: «Esempio di compassione»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 20 Ago 2022
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Cerimonia partecipata al Sacro Cuore, il ricordo: «Giannino ha vissuto la missione con la sua Sonia».

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Una vita spesa per la medicina e l’aiuto al prossimo. Questa mattina, Gorizia ha dato l’ultimo saluto a Giannino Busato, pioniere nel campo della Terapia del dolore e delle cure palliative, scomparso la scorsa settimana a 87 anni. Natio della provincia di Treviso, era arrivato in riva all’Isonzo nel 1980 insieme alla moglie Sonia, che oggi gli ha detto addio per l’ultima volta nella chiesa del Sacro Cuore insieme alle figlie, al funerale celebrato da don Ruggero Di Piazza insieme a don Dante Carraro, anch’egli medico.

Quest’ultimo ha condiviso con Busato la dedizione verso il Terzo mondo, operando a lungo in Africa insieme alla onlus Cuamm con innovazioni a costo risicato. Il futuro primario di Anestesia dell’Ospedale civile vi ha infatti trascorso negli anni Sessanta un decennio, in Uganda, insieme alla consorte e dando lì alla luce i loro tre figli. Un amore, quello che ha legato la coppia nel corso dei tanti anni trascorsi insieme, rimarcato dallo stesso sacerdote-dottore: “Oggi vale l’idea che la famiglia sia un limite alla missione a cui siamo chiamati”.

Nel trascorso del professionista, invece, l’essere stato legato alla sua metà per tutta la vita - ha rimarcato don Dante - è stato elemento essenziale per quanto fatto: “Giannino ha deciso di vivere quella missione che il Signore gli ha dato con la sua Sonia, in famiglia. Un esempio per tutti. Invece non crediamo più nella forza della fede”. Insieme, hanno toccato con mano realtà diverse tra loro, dal Continente nero all’estremo Nordest, sia con il camice che senza, aiutando anche i migranti che dormivano in galleria Bombi.

Un impegno nel sociale testimoniato in chiesa dalla presenza di esponenti del mondo associativo, politico e delle istituzioni. Gli sforzi fatti, però, non erano fini a sé stessi ma guardavano a far nascere “gemme”, come evidenziato ancora dall’amico sacerdote: “La sua parola preferita era gemmazione, gli piaceva pensare che dall’essere medico facesse nascere tante altre iniziative”. Ricordo condiviso anche con don Ruggero, che lo ha conosciuto come parrocchiano nella sua San Rocco, dove abitava dai tempi dell’ex ospedale.

“Il giusto - così nella sua omelia - è colui che sa donare di sé quello che ha ricevuto”. Per il celebrante, “la missione dei medici non è nei confronti della loro professione, ma della gente e di quel prossimo che Gesù caratterizza in ‘un uomo’. Ossia qualsiasi uomo. Questa attenzione deve diventare per tutti la missione da vivere”. Cosa che Busato ha seguito, non limitandosi alla cura ma guardando al prendersi cura dell’altro: “La compassione non è solo sentire un messaggio ma farsi carico, partecipare e stare vicino”.

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