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Gorizia e la sua anima friulana, Dosso preme per valorizzare la sua storia
La consigliera comunale di Capriva chiede nuovamente di valorizzare l'anima friulana del territorio, prendendo spunto dalla guida su luoghi e nomi sloveni.
La consigliera comunale di Capriva del Friuli, Rossella Dosso (nella foto), interviene nuovamente sull’opportunità di tenere nella giusta considerazione i valori della friulanità nel Goriziano, espressi nel corso della sua dalla plurisecolare vicenda storica e culturale. La circostanza prende spunto dalla promozione, in chiave GO!2025, da parte dell’Unione dei circoli culturali sloveni dell’opuscolo “Il volto sloveno di Gorizia”, che celebra la storia, gli itinerari e i personaggi che hanno caratterizzato la presenza millenaria della comunità slovena in riva all’Isonzo.
«Si tratta di un piccolo ma significativo tributo - rileva Dosso - a una componente che, nel fecondo crogiolo etnico e culturale goriziano, ha dato un contributo straordinariamente importante alla crescita sociale, culturale, civile ed economica della città e del suo territorio contermine. Va rilevato però che c’è un’altra comunità, quella friulana, il cui volto è altrettanto degno di considerazione nell’ottica della Capitale europea della Cultura per tutto ciò che essa ha rappresentato nel corso della sua plurisecolare presenza, testimoniata da una teoria infinita di circostanze».
L'esponente di Capriva3.0 ricorda quindi alcuni episodi storici, come quel «1593, quando la silloge francofortese del Pater Noster, declinata in quaranta lingue europee, indicava il friulano come lingua “Goritianorum et Forojuliensium”, mentre nel Settecento Musnig-Muznik, protomedico e autore de il Clima goritiense, testimoniava che i Goriziani “triplice sermone loquuntur: slavonico, germanico e furlano”. Nel 1869 Carl von Czoernig segnalava come tra gli oltre 16mila abitanti di Gorizia, circa 11mila erano italiani, e di essi 10mila si dichiaravano friulani, la cui lingua era usata a tutti i livelli: dalla nobiltà alla borghesia fino ai ceti artigiani e operai ed era parlata da un gran numero di sloveni».
Ricorda quindi che «nel 1919, il Friuli ha voluto che nascesse proprio a Gorizia e nel nome di un grande goriziano la Società filologica friulana Graziadio Isaia Ascoli, il massimo presidio della lingua e della cultura friulana. Quelle ricordate sono solo alcune delle innumerevoli attestazioni del radicamento friulano nel tessuto sociale del Goriziano, diffuso nei quartieri cittadini di San Rocco e di Lucinico e soprattutto nei mandamenti di Cormons e di Gradisca d’Isonzo. Dopo il primo conflitto mondiale, il territorio ha subito una normalizzazione nazionalistica che ne ha sottratto l’identità territoriale abolito l’aggettivazione “friulano”».
Dopo la seconda guerra mondiale, quindi, «l’avversione alla friulanità si è insinuata nel sostrato culturale e sociale sospingendo il Goriziano verso la Venezia Giulia, circostanza che Gorizia e la Destra Isonzo non possono accettare. L’appuntamento con la Capitale europea della Cultura, oltre ai valori esemplari espressi dalla consolidata fratellanza tra Gorizia e Nova Gorica, rappresenta anche un omaggio alla vicenda storica di un luogo che ha accolto nel suo grembo un intreccio multietnico di culture unico e particolarmente fertile, al quale i friulani vi hanno partecipato da protagonisti».
«Senza rimettere il dito nella piaga dell’assenza nel Bid Book degli eventi della doverosa considerazione della friulanità goriziana - incalza Dosso - è auspicabile che la comunità friulana sia vicina anche in questa occasione al Friuli goriziano, com’è accaduto di recente con la nomina del sindaco di Capriva, Daniele Sergon, a presidente dell’associazione che riunisce 141 comuni friulanofoni. Ma è doveroso altresì che le istituzioni che presiedono alla gestione degli ingenti finanziamenti, destinati alla promozione di questo eccezionale evento culturale, vogliano disporre affinché il patrimonio storico e culturale recato dalla friulanità in questo lembo di terra generosa ritrovi lo spazio che si merita».
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