Gorizia saluta Mickey, un cuore che batteva per natura e territorio

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Gorizia saluta Mickey, un cuore che batteva per natura e territorio

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 15 Feb 2025
Copertina per Gorizia saluta Mickey, un cuore che batteva per natura e territorio

La celebrazione funebre è stata officiata in Sant’Ignazio dal parroco monsignor Nicola Ban. Il ricordo del talento del violino e la passione per la montagna.

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Bianco immacolato. È il colore dei paesaggi in cui amava perdersi quando scendeva la neve: i panorami fiabeschi incastonati nel Cadore, le cime splendenti attraversate sul trenino del Bernina, o soltanto la vicina foresta di Lokve. Si sono celebrati oggi - sabato 15 febbraio - i funerali del giovane Mickey Cucit, strappato ai suoi progetti ambientali e all’impegno per l’Arpa in un incidente stradale avvenuto durante la sera del primo febbraio. Si accedeva a stento, nella gremita chiesa di Sant’Ignazio, le cui campane sabato scorso cantavano a festa per la Capitale della cultura, mentre questa mattina hanno suonato a lutto unite al violino stupito del maestro Carlo Grandi. «Lo studio de violino è stato importante, per Mickey – racconta commosso il gemello Kevin - Ha suonato tanti anni nell’orchestra con Grandi e Sivilotti. Eravamo attivi entrambi, ma lui più di me, finché ha potuto».

Quella di Mickey è una vita spezzata a cinque mesi esatti dal suo trentunesimo compleanno, traboccante di generosità e interessi, oltre che di successi nello studio e nella vita professionale, come hanno ricordato anche parenti e amici. «Sembra ieri che ci siamo conosciuti – hanno scritto Carlo e Maria Paola, uniti all’amico dalla passione per l’ambiente – Quante volte siamo andati a Lokve in piena notte? Eravamo una piccola famiglia», riflettono mesti, certi che sarà comunque presente al loro matrimonio. «Mi fa mancare il respiro non poter vedere più il tuo sorriso – confessa zia Eloise – I ricordi non bastano a colmare questa voragine. In tutti gli articoli manca sempre qualcosa per mettere a fuoco davvero chi eri». Un ragazzo che donava «una parte di sé a tutti, con generosità» e «unico, quasi effimero», prosegue la zia con grande affetto. «Quante volte ti ho detto di non cercare disgrazie in giro per il mondo? Invece il destino ti ha portato via sotto casa», esclama con rassegnazione.

A ricordare «tutte le nostre battaglie» è stata anche l’associazione Gorizia 3.0, seguita dai rappresentanti dell’Arpa. «Sei arrivato da noi all’Arpa il primo aprile del 2022 – spiegano – presto ti sono state assegnate pratiche e ispezioni difficili», affrontate dal ragazzo con intelligenza e umanità e attraverso quell’inguaribile «desiderio di fare gruppo, squadra». Fresco della laurea in Scienze e tecnologie per l’ambiente e le risorse, non si lascia sfuggire la proposta dell’Agenzia regionale, coronando quel sogno che carezzava fin dall’infanzia. «Abbiamo frequentato le elementari in una piccola scuola a Plessiva – racconta Kevin - sempre immersi in mezzo alla Natura. Il nonno aveva una piccola azienda agricola, e noi stavamo con lui a mettere le piantine nell’orto o a seguire gli animali». Dai sentieri della Plessiva si sta poco a raggiungere il Preval, dove ha perso la vita tragicamente. La leggenda racconta che queste valli sono popolate dalle fate Vile, custodi delle piante e degli animali. Ed è proprio il profondo amore per la Natura che lo conduce al Parco nazionale dello Yellowstone, trascorrendo diverso tempo negli Sati Uniti insieme a un suo amico Gabriele.

«Amava viaggiare, è stato via parecchi mesi – ricorda Kevin - partendo subito dopo l’università. Era andato nello Yellowstone per lavoro, ma alla fine si è trattenuto per ammirare la parte naturalistica. Ci mandava foto, video, era entusiasta». Una passione coniugata alla sua carriera, che qui in regione lo portava a spostarsi sul territorio, monitorando la qualità delle acque e dell’aria fra i laghi suggestivi del tarvisiano, le risorgive della “bassa” o l’area costiera. «Era quello che gli piaceva fare – aggiunge il fratello - girando da Cave del Predil fino alla Bassa». Interessandosi anche alla raccolta dati e realizzando una stazione meteorologica, alla quale negli anni si erano aggiunte altre. «Aveva chiesto che venissero migliorate e potenziate, insieme a quelle di competenza di enti come Osmer o Protezione civile – precisa Kevin - Ha sempre spinto per farle mettere a posto, perché facciamo parte di Gorizia 3.0, di cui trattava la parte ambientale».

A ricordarlo sono stati anche i suoi amici dell’università, secondo cui Mickey era «un pozzo di conoscenza» capace di spaziare dalle scienze al latino e alle materie umanistiche. «Questo è il momento del dolore perché ogni parola potrebbe sembrare barbara e insignificante – osservano altri intervenuti – però questo dolore non deve farci dimenticare tutto quello che hai fatto per noi». A celebrare la funzione monsignor Nicola Ban, affiancato da monsignor Paolo Nutarelli, che invece ha visto crescere i due fratelli. «Davanti al mistero della morte ci ritroviamo tutti con poche parole, smarriti – riflette don Nicola – soprattutto quando arriva così presto. Sembra che a coloro che sono bravi le cose vadano peggio di quanti sono un disastro. Davvero la morte è l’ultima parola sulla nostra vita? Non ci sono risposte facili», e riferendosi ai due discepoli in viaggio verso Emmaus riportati nel Vangelo secondo Luca, ha tsottolineoa come camminassero «presi da tanti dubbi» con il volto triste.

«Come nel vostro cuore - rimarca – e forse anche dalla propria rabbia. Forse qui tra voi c’è qualcuno che è arrabbiato. Anche la rabbia ci dice che la morte non è giusta. La morte non è mai giusta, è qualcosa che invoca, che faccia sì che la morte non sia l’ultima parola. Gesù si avvicina ai due discepoli e forse anche a noi, oggi, ma non lo riconosciamo. È tempo di camminare insieme, raccontarci il nostro dolore», conclude. «Amore mio – si è fatta coraggio mamma Fulvia – ti affido ad altri tramonti. Usa il vento e le tempeste per sussurrarci. Vola, ogni nuvola sarà per te un soffice rifugio». E mentre don Nicola aspergeva la salma di Mickey, la voce delle campane si è mescolata alla dolcissima sinfonia dei violini e alla luce del sole che filtrava attraverso le immense vetrate. A chiudere la funzione e accompagnare Cucit verso l’uscita è stato “L’inverno” di Vivaldi, suonato da Grandi con passione commossa. All’esterno, un cielo terso per la bora ha abbracciato il feretro nel suo ultimo viaggio verso il Cimitero centrale.

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