Gorizia, deportata ad Auschwitz a 81 anni: una Stolpersteine ricorda Prospera

Deportata dai nazisti a 81 anni, una Stolpersteine ricorda Prospera

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Deportata dai nazisti a 81 anni, una Stolpersteine ricorda Prospera

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 23 Nov 2022
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Deposta la pietra d’inciampo in via Manzoni, il ricordo del rastrellamento esattamente 79 anni fa.

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Gorizia ha una nuova pietra d’inciampo. La Stolpersteine è stata collocata quest’oggi in via Manzoni, all’altezza del civico 18, dove Prospera Vitale Bolaffio ha vissuto fino al 1943. Esattamente 79 anni fa, venne prelevata dai nazisti per essere condotta dapprima nel carcere di via Barzellini, quindi al Coroneo di Trieste e infine ad Auschwitz, dove fece il suo ingresso l’11 dicembre. Da lì a qualche ora, la sua vita sarebbe terminata definitivamente, finendo nella lista dei “non utili” per i lavori forzati.

Originaria di Alessandria, il suo destino si è incrociato a quello degli altri 200 ebrei che componevano la comunità sparsa tra la “Gerusalemme sull’Isonzo” e Gradisca. Un gruppo che gli orrori della Seconda guerra mondiale ha portato tragicamente a cancellare, con una sola persona tornata viva da quell’orrore, Jacopo Iacoponi, ma decidendo di non abitare più città e partendo per il Venezuela. Il suo sarà l’ultimo nome impresso in una mattonella, a conclusione del progetto avviato dagli Amici di Israele fino al 2025.

A ricordare la donna, vittima del rastrellamento quando ormai aveva 81 anni, c’era anche i ragazzi della scuola media Locchi. Prima della cerimonia, il gruppo ha toccato anche altri luoghi dove hanno vissuto importanti nomi della comunità israelita, con la guida dello studioso Luca Drascek. A chiudere il cerchio è stata proprio la storia di Vitale Bolaffio, ripercorsa anche dall’ex rabbino capo di Firenze, Joseph Levi, suo pronipote. L'anziana era giunta a Gorizia per seguire il marito, che aveva lasciato la propria terra già da tempo.

Si era sposata a 20 anni, seguendo quindi il consorte con tutta la famiglia quando questo aveva deciso di ritornare a casa. Lo fecero nel 1935 e due anni dopo morì, venendo sepolto nel cimitero ebraico di Valdirose. Almeno lui non riuscì a vedere la promulgazione delle Leggi razziali, con i suoi figli che - qualche anno dopo - decisero di lasciare l’Italia per raggiungere il Medio Oriente. Prospera invece si rifiutò: “Si sentiva a casa - ha raccontato Levi -, era sicura che non le avrebbero fatto niente. Ormai era anziana”.

Invece, l’odio cieco non fece distinzione alcuna di sesso ed età. Dopo che lei stessa era andata ad autodenunciarsi in quanto ebrea, aveva fatto richiesta di avere una badante slovena, poiché le persone “ariane” non potevano servire clienti israeliti. Nemmeno la notte prima, quando i partigiani jugoslavi avvisarono dell’imminente rastrellamento, riuscì a immaginare di essere in pericolo. “Qui ha vissuto una donna buona, italiana, di religione ebraica, che ha creduto nell'uomo e nella sua bontà” il ricordo commosso del parente.

La lunga lettera letta dal rabbino ha commosso molti presenti, passando dal racconto storico a quello più intimo e personale. Anche con la scomparsa di Vitale Bolaffio, si chiuse una tradizionale secolare iniziata nel 1300, che aveva visto Gorizia custodire un’importante tradizione ebraica, ancora oggi testimoniata dai due ex ghetti: via Cocevia e via Ascoli, con la sua sinagoga. “Sembra sia successo oggi - le parole dell’assessore al welfare, Silvana Romano - sono cose rimaste nel cuore che devono insegnare. Invece non abbiamo imparato quasi nulla”.

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