L'omelia
Gorizia, Redaelli alla messa del Crisma: «Tempi difficili possono anche essere tempi fecondi»
L'arcivescovo Redaelli ha presieduto questa mattina nella Chiesa Cattedrale di Gorizia la celebrazione crismale ricordando anche i sacerdoti scomparsi nell'ultimo periodo.
Torna nella Cattedrale di Gorizia la Messa Crismale, il momento in cui arcivescovo e clero diocesano, all’interno di una celebrazione, vivono un momento di comunione nella quale vengono anche consacrati gli oli santi, il Crisma, l’Olio dei Catecumeni e l’Olio degli Infermi. Si tratta per la comunità diocesana di un grande momento di unità. L'altr'anno, infatti, causa pandemia, la celebrazione era stata impartita la vigilia di Pentecoste ad Aquileia.
“Siamo tutti poveri in questa situazione di pandemia, che ci preoccupa, ci rende fragili e incerti, e che sembra non finire. Per questo abbiamo bisogno di una Parola che sia lieto annuncio, che sia Vangelo. Ne abbiamo bisogno tutti, anche noi”, ha precisato l’arcivescovo, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli. “Noi che spontaneamente ci collochiamo dalla parte di chi è chiamato ad annunciare il Vangelo, piuttosto che dalla parte di chi lo attende come annuncio di vita. Ma anche noi siamo messi alla prova come tutti, bisognosi come tutti di qualcosa cui ancorarci, di una parola che sia speranza”.
Durante l’omelia l’arcivescovo ha voluto anche ricordato la scomparsa di tre sacerdoti diocesani in questo periodo: “anche il nostro presbiterio diocesano ha sperimentato in questi mesi la sofferenza e il lutto. Abbiamo perso tre nostri fratelli nel presbiterato e il fatto che la causa della loro morte è stata per solo uno di loro il Covid non diminuisce il nostro dolore. Tre presbiteri – don Fausto, don Renzo, don Paolo – molto diversi tra di loro, però tutti caratterizzati da una forte personalità e soprattutto da un’appassionata dedicazione al Signore e al popolo di Dio. Li ricordiamo con molta riconoscenza oggi, nella fiducia che continuino dal Cielo a sentirsi parte del nostro presbiterio e ad aiutarci con la loro preghiera e il loro affetto. Dobbiamo comunque essere grati al Signore perché anche in queste situazioni di dolore il nostro presbiterio diocesano si è dimostrato profondamente unito e ha manifestato un volersi bene l’un l’altro, che è una realtà più vera e più profonda rispetto agli individualismi, ai pettegolezzi, ai giudizi ingenerosi, alle frizioni che a volte – dobbiamo umilmente riconoscerlo – ci sono tra noi”.
“Siamo chiamati a proseguire nel cammino di crescita come presbiterio diocesano, insieme ai diaconi, affinché sia ancora più forte ed evidente la fraternità tra di noi e la nostra testimonianza evangelica sia ancora più limpida e convincente. La Parola ci libera dalle forme di prepotenza, clericalismo ed egocentrismo e ci riporta alla logica della preghiera e dell’aiuto verso gli altri, ricorda una croce che ricorda la sofferenza ma anche una risurrezione che dà certezza di una vita che durerà per sempre. Ciò crea concretezza dei silenzi con i quali state sostenendo e accompagnando numerose persone, dalla pandemia e non solo. Tutti vorremo che l’azione pastorale non fosse soltanto la celebrazione dei funerali ma soprattutto i momenti di gioia, tutto ciò che nei momenti normali dà vita alle nostre parrocchie”, ha proseguito Redaelli.
Proprio il Giovedì Santo dell’altro anno “sono stati i sacerdoti ad avviare la raccolta del Fondo Scrosoppi per i più deboli. Il nostro periodo va vissuto in pienezza, perché qui e oggi il Signore ci chiede di vivere il Vangelo, e sappiamo che dopo non sarà tutto come prima. Oggi si è compiuta la Scrittura ascoltata oggi, dobbiamo vivere l’oggi con il discernimento che lo Spirito ci ha donato. È necessario evocare continuamente lo Spirito Santo affinché sia consolazione, luce e gioia, nell’attesa di un altro Oggi, quello definitivo. Come dice il Signore a uno dei due ladroni, “Oggi sarai con me in Paradiso”, quell’Oggi diventa l’oggi nostro, vivendolo con quella capacità di adattamento alle circostanze che continuano a mutare, sopportando l’ansia dell’incertezza, la stanchezza del protrarsi della Pandemia, combattendo la perdita di speranza ma mantenendo la voglia di guardare avanti, uscendo da schemi ripetititi e inconcludenti. I periodi di crisi e cambiamento, ce lo insegna la storia, sono tempi difficili ma possono anche essere tempi fecondi per preparare una vita nuova, occorre avere occhi nuovi per vedere ciò che sta per nascere, occorre avere il coraggio della vera prudenza cristiana che sa trovare strade nuove. Solo così l’annuncio cristiano sarà forgiato da quella convivenza che è richiesta dagli uomini e dalle donne di oggi”.
“Chiediamo al Signore – ha concluso Redaelli - in questa celebrazione per noi e per le nostre comunità questo coraggio insieme alla forza e alla speranza per vivere questo tempo non facile.
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