Gorizia dice addio alle sue 17 cabine telefoniche, simbolo di un'epoca

Gorizia dice addio alle sue 17 cabine del telefono, simbolo di un'epoca

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Gorizia dice addio alle sue 17 cabine del telefono, simbolo di un'epoca

Di Vincenzo Compagnone • Pubblicato il 05 Set 2023
Copertina per Gorizia dice addio alle sue 17 cabine del telefono, simbolo di un'epoca

Con la fine di agosto, è iniziata l'operazione di smantellamento delle postazioni rimaste in tutta Italia. La città saluta le sue e le storie collegate.

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Tempo di lettura 4 minuti

Quanti momenti indimenticabili, custodivano. Quante parole, frasi d’amore, promesse, saluti frettolosi, appuntamenti. Lacrimucce, verità e bugie. Ora questo bagaglio di ricordi tacerà per sempre, seppellito insieme alle sue scatole di vetro e ferro. Alla fine di luglio, su tutte le cabine telefoniche pubbliche della città è apparso un cartello blu, con una scritta che informava che dal 31 agosto sarebbe partita l’operazione di smantellamento di tutte le postazioni.

L’AgCom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), ha stabilito che la Tim non è più obbligata a garantire il servizio pubblico e può iniziare a rimuovere le cabine telefoniche che, in Italia, sono 16.073. Anche a Gorizia, quindi, assisteremo alla graduale scomparsa delle 17 postazioni rimaste. Dove si trovano? L’elenco è consultabile sul sito della Tim ma, più o meno, possiamo ricordarlo anche a memoria. Dunque: cominciamo con le due cabine affiancate all’inizio di via Roma, a due passi da piazza Vittoria.

Una rarità, ma sono anche, forse, quelle meglio conservate. In via Vittorio Veneto ce ne sono tre: agli incroci con via Garzarolli e via della Bona, e vicino alla chiesa dei Cappuccini. Le altre, sparse per la città: in via Papa Giovanni a Sant’Anna, in via Trieste vicino al negozio per animali,al numero 13 di piazza Medaglie d’Oro, in via Don Bosco 167 davanti al bar Hic, in viale XX settembre 51, in via Alviano 30, in via Rafut 9, in via Brigata Casale 23, in via Vallone delle Acque 2, alla fine di corso Italia. Poi un’altra in corso Verdi, ai Giardini pubblici: è rimasto però solo l’impianto, senza la copertura.

Idem in via Crispi: in una rientranza del vecchio palazzo Telecom c’erano tre telefoni affissi alla parete, ora ne è rimasto solo uno, dove sul display campeggia la curiosa scritta “Benvenuto in Puntotel”. I telefoni funzionano (quelli che funzionano, alcuni sono fuori servizio da tempo) con monete e carte elettroniche. In molti ricorderanno i gettoni con le scanalature di una volta, scambiabili con poche lire, quando bisognava sbrigarsi a chiudere la conversazione prima che finissero i gettoni stessi.

Beh, parecchie cabine sono un po’ malandate: in un paio è stata divelta la porta d’ingresso, altre sono diventate un mini-deposito di rifiuti, altre ancora sono ricoperte di graffiti tracciati con lo spray. Non mancano però quelle in buono stato, ma non saranno risparmiate dal “repulisti”, anche se la Telecom ha invitato a segnalare via mail i motivi per cui qualche postazione dovrebbe rimanere attiva. Chissà se qualcuno lo avrà fatto. Pensate che un tempo l’Italia era la nazione europea più ricca di telefoni pubblici, uno ogni 458 abitanti contro una media europea di uno ogni 1.100.

Le cabine avevano fatto il loro esordio nel 1952, in piazza San Babila a Milano, anticipando anche i telefoni nelle case. Erano presenti nei bar, nei ristoranti (che, a loro volta, li hanno gradualmente eliminati), e nei Posti telefonici pubblici – come quello in via Crispi - dove gli italiani potevano recarsi per telefonare a pagamento. Dallo smantellamento saranno risparmiati i punti telefonici negli ospedali (in via Fatebenefratelli si trova nell’atrio), nelle carceri e nelle caserme, nonché nei rifugi di montagna dove non arriva la copertura della rete mobile, ma questo è un dettaglio che non ci riguarda.

Una curiosità. Nell’elenco della Tim figurano ancora i due impianti telefonici a muro che si trovavano nell’atrio della stazione ferroviaria. In realtà sono stati rimossi già da tempo. Chi scrive (ho abitato in un alloggio riservato ai ferrovieri per 25 anni) ricorda benissimo le file che si formavano davanti a queste postazioni, alimentate soprattutto da militari che affollavano la città e, in quei frangenti, telefonavano a casa, magari nell’attesa del treno, per avvisare della partenza.

Negli anni Settanta, uno slogan della Sip recitava così: “Non si è mai soli quando si è vicino a un telefono”. Beh, ora in tasca quasi tutti hanno lo smartphone, talmente pieno di applicazioni che l’uso “telefonico” è diventato persino inferiore alla comoda messaggistica whatsapp, Messenger o Telegram. Insomma, uno può dire a buon diritto: e chi le usava più, le cabine telefoniche. Nulla da eccepire, eppure facevano parte dell’arredo urbano, del paesaggio, della memoria.

Come dicevo, in molti conservano ricordi legati a quelle “scatole” dove a volte c’erano persone che sostavano anche a lungo in attesa che l’utente all’interno terminasse di parlare (mi è rimasta in mente una giovane donna che litigava furiosamente a San Rocco con qualcuno all’altro capo del filo, sbracciandosi agitata, e si era addirittura formato un piccolo capannello di curiosi). Ma quelle cornette rimandano anche a storie di ritardi veniali o imperdonabili, di mezzi pubblici persi per un soffio, di acquazzoni improvvisi, di telefonate per comunicare cambi di programma che per qualcuno hanno rappresentato anche cambiamenti e svolte nella vita.

Chissà, forse potevano essere trasformate (per esempio ad uso bookcrossing) o riconvertite come a Londra dove le mitiche red boxes sono state rimodernate con molta fantasia. Ma non c’è niente da fare, anche i simboli di un’epoca (forse decisamente migliore) sono destinati a scomparire, e quindi rassegniamoci: vecchie cabine telefoniche, addio.

Articolo pubblicato sul numero 3 della rivista Gorizia News&Views, in distribuzione da oggi in città.

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