Gorizia, Di Gianantonio delusa dalla querelle su Mussolini. Per Martina c'è «troppa divisione»

Gorizia, Di Gianantonio delusa dalla querelle su Mussolini. Per Martina c'è «troppa divisione»

La questione

Gorizia, Di Gianantonio delusa dalla querelle su Mussolini. Per Martina c'è «troppa divisione»

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 17 Nov 2024
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Dalla presidente provinciale dell'Anpi al già candidato sindaco non si placano le voci sulla questione portata in consiglio comunale.

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No, non si placa la discussione a seguito della bocciatura della mozione che, durante il consiglio comunale dell’11 novembre, chiedeva la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Una mozione presentata dalla consigliera Eleonora Sartori e che aveva ricevuto il diniego da parte dell’assise.

«È la prova evidente che l’amministrazione che governa la città non vuole o non riesce a prendere le distanze dal passato. Con questo gesto è la maggioranza che divide la città. Da anni gli antifascisti italiani e sloveni sono considerati cittadini di serie B. Essi celebrano da soli anniversari come il 25 aprile, eventi come la battaglia di Gorizia e quella delle fabbriche. Gli assessori sono presenti senza prendere la parola in cerimonie che dovrebbe essere il Comune a celebrare. Anche il 27 gennaio ANPI e ANED a cui in passato è stato impedito di parlare ricordano da soli la deportazione di migliaia di antifascisti italiani e sloveni, cittadini di Gorizia, reclusi nei lager nazisti».

A dirlo è Anna Di Gianantonio, presidente dell’Anpi provinciale, che prosegue: «Un’amministrazione lungimirante avrebbe dovuto tentare in ogni modo di ricucire le ferite ancora ben presenti nella memoria cittadina. La città di Gorizia sarebbe potuta diventare un esempio, se non di riconciliazione, almeno di rispetto dei cittadini segnati dai lutti e dalle sofferenze del fascismo e della guerra scatenata da Mussolini, il duce che ben prima delle leggi razziali contro gli ebrei, si era accanito in modo violento contro la comunità slovena solo perché parlava una lingua diversa. L’occasione di Nova Gorica e Gorizia capitale della cultura sarebbe stato il momento migliore per dare una svolta alla città, indicando la strada della pace, del rispetto tra i popoli, della conoscenza delle reciproche lingue sin dalle scuole elementari. Un esempio fondamentale e innovativo per una comunità che non vuole cancellare il passato, ma riflettere sui propri errori e superare i traumi subiti. Invece si rimane fermi alle vecchie logiche della guerra fredda, che pesano come un macigno sullo sviluppo della comunità civile», così, dunque, Di Gianantonio.

«Ci auguriamo quindi che il sindaco o un assessore delegato non ricevano anche quest’anno con la fascia tricolore i reduci della Decima mas, formazione alle dipendenze del Terzo Reich nazista. Sarebbe un ulteriore sfregio alla memoria degli antifascisti italiani e sloveni. Non è così che ci dobbiamo presentare all’Europa, non è così che si rappresenta l’intera comunità goriziana», conclude la presidente.

Sul tema si è espresso, proprio oggi, anche il già candidato sindaco, Pierpaolo Martina, secondo il quale «l’iniziativa della consigliera Eleonora Sartori certamente era dettata da buona fede e non intendeva essere una provocazione ma fin dall’inizio era chiaro che sarebbe stata vissuta come tale da una parte dell’aula e non mi riferisco solo alla maggioranza ma anche a tutti coloro che, anche a sinistra, periodicamente sentono il bisogno di una chiamata alle armi per contare le proprie schiere».

La cittadinanza onoraria «potrebbe benissimo essere tolta, tanto è un residuo stantio di cui si ignorava anche l’esistenza e che non ha minimamente impedito alla città di vivere democraticamente dal secondo dopoguerra ad oggi e di diventare esempio di apertura a cominciare dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso. Ma non si deve attribuire a ciò un’importanza che non ha. È un retaggio storico di cui nemmeno ci si accorge e persino a Pirano Mussolini pare essere ancora cittadino onorario. Insomma, è un non problema», prosegue Martina.

«Si è avuta conferma invece che non siamo ancora pronti e che siamo ancora divisi più che per le reali intenzioni dell’altro per il modo in cui percepiamo che l’altro si rapporta con noi. Siamo ancora troppo diffidenti. Non ci voleva la sfera di cristallo per prevedere che la conclusione sarebbe stata la stessa della proposta speculare fatta dal senatore Roberto Menia a marzo di quest’anno quando chiese di togliere tutte le onorificenze a Josip Broz Tito. Siamo stanchi di queste contrapposizioni e la decisione di non partecipare alla votazione assunta da Giulia Roldo, Dario Baresi e Riccardo Stasi, come gruppo consigliare che porta il mio nome va letta proprio in quest’ottica ed è stata correttamente illustrata in aula prima del voto, in rappresentanza di una Gorizia diversa, che non urla e che nei fatti è già oltre agli steccati», conclude Martina. 

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