Gorizia, la comunità macedone celebra la Pasqua ortodossa a Sant'Antonio Nuovo

Gorizia, la comunità macedone celebra la Pasqua ortodossa a Sant'Antonio Nuovo

LA CERIMONIA

Gorizia, la comunità macedone celebra la Pasqua ortodossa a Sant'Antonio Nuovo

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 20 Apr 2025
Copertina per Gorizia, la comunità macedone celebra la Pasqua ortodossa a Sant'Antonio Nuovo

Durante la notte di Veglia, la piccola chiesa ha accolto numerosi fedeli provenienti da tutta la regione e da oltreconfine.

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La piccola chiesa di Sant’Antonio Nuovo a Gorizia è incastonata in quello che un tempo era il convento trecentesco dei francescani minori. È questa minuscola stella che ieri 19 aprile, durante la notte di Veglia pasquale - ha vibrato di canti e profusioni d’incenso, illuminandosi nell’oscurità come in un quadro di George de la Tour.

Fittissima la rete di fedeli, entrati a fatica o rimasti ad ascoltare sotto il chiostro innanzi al portone spalancato. Chi accede attraverso il ridotto ingresso si ritrova subito al cospetto della Sacra Tavola, innanzi alla quale sono ospitate le icone. Quelle di Maria e Gesù, poste s’un leggio ligneo, vengono accarezzate e baciate dai credenti, che lasciano la propria offerta insieme a stoffe, bottiglie d’olio e uova dipinte. Perché l’uovo - per noi cattolici divenuto di cioccolata soprattutto per deliziare i bambini - rappresenta il luogo in cui si origina la vita, ma è anche simbolo della Resurrezione di Cristo. Secondo la tradizione ortodossa le donne iniziano a dipingere le uova di rosso poco prima dell’alba del Giovedì Santo, per portarle alla solenne Veglia pasquale in cui si canta tutti insieme.

A celebrare la funzione della Pasqua ortodossa è stato il pope Atanas Parmački, ospite di Gorizia nelle veci del sacerdote fuori sede Dejan Milovski. Nella notte di sabato, a partire dalle 23:30, il parroco ortodosso si è unito nel canto insieme alla comunità macedone, giunta d’oltre confine o dai territori limitrofi portando con sé le uova colorate. Verso l’una del mattino le uova sono state fatte scontrare le une contro le altre, ritenendo buon segno quando tra loro non si rompono. Del resto, è il Vangelo stesso a ricordarci che il Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, il Signore istituì il Sacramento dell’Eucaristia prendendo come base il pane e il vino, che divengono corpo e sangue di Cristo. Da quest’infinito amore discende il colore rosso delle uova, dipinte per annunciare la Pasqua imminente e al contempo ricordare le parole di Gesù «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Che riecheggiano nel Vangelo di Matteo indicando quel Giuda presente anche nella tela “La presa di Cristo” del Caravaggio, dal mese di aprile esposta alla Fondazione Carigo. Un Dio «da stringere e amare» - come rimarcano i versi del poeta Giovanni Testori nella raccolta “Nel Tuo sangue” – che avrebbe sofferto sulla croce e poi sarebbe risorto.

Così, nella chiesetta consacrata nel 1825 oggi in uso ai cattolici ortodossi, i credenti si sono raccolti per la Santa messa in lingua macedone, reggendo la tradizionale candela del Fuoco Sacro donato dal sacerdote, finché non si è consumata del tutto. Centinaia di luci hanno illuminato l’oscurità e i volti dei fedeli, che cantando insieme al pope hanno preso a girare intorno all’altare confluendo in una toccante processione. Una fiumana di adulti e bambini usciti all’esterno per raccogliersi sotto il chiostro, dove hanno potuto assistere alla parte più emozionante della funzione, che rappresenta il fondamento stesso del culto.

Sbarrando il portone d’accesso e intonando altri canti, la celebrazione ha raggiunto il suo culmine quando il religioso ha bussato per tre volte, per annunciare a gran voce: «Christos Anesti (Cristo è risorto, ndr)». Seguito dalla risposta dei credenti: «Alithos Anesti! (è davvero risorto, ndr)» e dal ritornello corale «Hristos voskresna od mrtvite, (Cristo è risorto dai morti, ndr)». L’officiante ha infine spalancato le porte svelando una chiesa illuminata a giorno, dove i fedeli sono rientrati con trepidante emozione intonando ancora i canti.

«La chiesa è cattolica – ha spiegato Magde Nikoleska, della comunità macedone – ma in uso ortodosso dal 2021 dopo che avevamo parlato con don Ruggero e don Nicola, in accordo con l’arcivescovo di Gorizia». Tante le famiglie presenti, anche se nella vicina chiesa di Kromberk la cerimonia si è svolta questa mattina alle 5, per poi ripetersi alle 8 con la liturgia mattutina nella medesima cornice di piazza Sant’Antonio. «Passata la mezzanotte ci si scontra con le uova dipinte – ha raccontato Nikoleska – perché nella nostra tradizione non esistono uova di cioccolato, ma solo uova rosse che rappresentano il simbolo della Passione di Gesù».

Così narrano anche le Sacre scritture, secondo cui fu Maria Maddalena a introdurre l’usanza delle uova pasquali. Abbandonata Gerusalemme dopo l’Ascensione di Cristo, Maria si mise in viaggio per predicare il Vangelo, incontrando l’imperatore Tiberio per parlargli di Gesù. In quell’occasione donò al re un uovo rosso, salutandolo con le parole «Christos Anesti, Cristo è risorto!». Da allora i primi cristiani iniziarono a donarsi uova rosse durante la Pasqua, ed è nello scontro delle uova colorate che in seno alla liturgia ortodossa riecheggia la Resurrezione di Cristo e quell’anelito verso la salvezza eterna. 

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