A Gorizia gli antichi tesori del Duomo, l'anteprima cattura 820 visitatori

A Gorizia gli antichi tesori del Duomo, l'anteprima cattura 820 visitatori

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A Gorizia gli antichi tesori del Duomo, l'anteprima cattura 820 visitatori

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 29 Apr 2024
Copertina per A Gorizia gli antichi tesori del Duomo, l'anteprima cattura 820 visitatori

Tra gli oggetti esposti reliquie e reliquiari aquileiesi, le reliquie di Ilario, Taziano ed Ermacora ma anche calice, ciborio, ampolline e ostensorio del 1751.

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Ha prodotto un interesse non da poco, l’uscita, dopo vario tempo, del tesoro della Cattedrale di Gorizia in occasione dell’edizione 2024 di Contea: grazie alla collaborazione della parrocchia dei santi Ilario e Taziano e del suo parroco, monsignor Nicola Ban, l’archivista e paleografo Vanni Feresin ha illustrato, esponendoli, vari pezzi storici e artistici conservati dall’ente ecclesiastico.

Una storia lunga e tortuosa, spiegata ai numerosi presenti che si sono alternati per ben quattro ore, dalle 15 alle 19 di ieri, domenica 28 aprile, nei locali della sagrestia dei Canonici: si tratta di 820 persone divise in dodici presentazioni totali. Tra gli oggetti esposti reliquie e reliquiari aquileiesi, le reliquie di Ilario, Taziano ed Ermacora ma anche calice, ciborio, ampolline e ostensorio del 1751 con stemma e monogramma dell'Imperatrice Maria Teresa, la reliquia della Santa Croce incastonata in un grande ostensorio di inizio Ottocento e un messale ottocentesco di grandi dimensioni.

L’eco che ha avuto la visita ha consentito a molti, dunque, di scoprire lati della storia diocesana e di Gorizia meno noti: nella cattedrale goriziana e nel suo tesoro vi sono quasi tutti gli argenti tolti ad Aquileia nel 1751, in particolare si segnala una lampada in argento seicentesca, una croce processionale d’argento risalente al primo Seicento, una croce processionale con lo stemma del patriarca Francesco Barbaro del 1570, un calice del 1580, un bastone da cerimoniale con statuetta di San Pietro e due candelieri del 1605.

La certezza sull’effettiva consistenza di questi preziosissimi suppellettili si ha, come sottolinea Sergio Tavano, anche grazie all’importante elenco realizzato da monsignor Bartolomeo Bertotti negli anni Novanta del XX secolo (certamente il furto del 15 dicembre 1956, nella sacrestia della Cattedrale, ha prodotto dei danni notevoli di carattere eminentemente vandalico sottraendo degli oggetti di grande rilevanza soprattutto storica, come il busto con il cranio di Sant’Ermacora o il riccio del Pastorale detto “di Popone” del XIII secolo).

Lo stesso Feresin ha raccontato come, nella lotta tra le arcidiocesi di Gorizia e Udine per le reliquie aquileiesi, le complicazioni storiche e le dispute non si conclusero alla fine del 1751 ma continuarono fino al settembre del 1753 quando Carlo Michele d’Attems decise la definitiva traslazione delle reliquie da Aquileia a Gorizia (la narrazione è presente anche nei libri delle cronache della chiesa Parrocchiale di Gradisca).

«La storia di quel viaggio ci narra che “di parrocchia in Parrocchia, cioè da confine in confine delle Parrocchie, per cui si passava, venivano processionalmente accompagnati i Sacri Depositi a suono delle campane e con canti divoti di popolo”. Per le genti di Gorizia fu una seconda grande festa, dopo la nomina di Attems ad Arcivescovo. A Gradisca i tanti fedeli vennero benedetti “col crocifisso detto di Popone, involto e sigillato come era” e a Gorizia tutte le finestre delle abitazioni erano illuminate, dal ponte di Peuma a Piazzutta. Ma per molti, a tutti gli effetti, quella processione di “Sante Reliquie” non era altro che il funerale del grande, glorioso e millenario patriarcato», così Feresin.

Foto di Sergio Marini e Renzo Crobe

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