G di GIUSEPPE II
Giuseppe II e quella visita a Gradisca, dentro la sua fortezza
Nel 1790, le esequie dell'imperatore furono celebrate senza istituzioni in città.
18 febbraio 1790 morì l’Imperatore Giuseppe II senza che gli Stati Provinciali di Gorizia gli rendessero i tradizionali omaggi alla memoria. L’esequie furono celebrate nella chiesa parrocchiale della città senza i soliti apparati trionfali e lugubri al tempo stesso, non vi parteciparono né la Deputazione Provinciale, né le magistrature cittadine, né il magistrato civico, e non fu scelto un oratore che tributasse un pubblico onore dell’Imperatore.
Dal IV Libro delle Cronache della Chiesa Parrocchiale del SS. Salvatore in Gradisca d’Isonzo pp. 59 – 61. La visita di Giuseppe II alla fortezza di Gradisca. 14 marzo 1784
Dopo aver visitato Gorizia e aver fatto visita alle varie istituzione cittadine sia civili sia ecclesiastiche l’Imperatore Giuseppe II fece ingresso nella città fortificata di Gradisca, annunciando la sua intenzione di sopprimere l’Arcidiocesi Metropolita di Gorizia e quella di Trieste per erigere un episcopato a Gradisca.
Li 11 marzo, sparsa la nuova, che doveva passare per il Mercaduzzo l’imperatore Giuseppe II che ritornava dall’Italia per restituirsi in Germania, quantità di popoli portossi sul Mercaduzzo per vedere il suo sovrano, ma dopo aver aspettato indarno sino verso sera, si perdè la speranza di vedere tal passaggio.Nella sera dello stesso giorno, alle ore sette e trenta, arrivò improvvisamene Cesare sul Mercaduzzo, ove smontato col generale Kinsschi suo compagno di viaggio, preceduto da piccolo lanternino, entrò a piedi a Gradisca, e si portò a visitare il collegio militare, ove trovò questi ragazzi militari in numero di quarantotto già coricati in letto, perché non si aspettava una tal venuta.
Sparsasi la voce per Gradisca dell’Imperatore, vi concorse tosto molto popolo nel detto collegio, che era la casa de’ baroni Lottieri. Prese l’imperatore le opportune informazioni di quel collegio; accettò diversi memoriali de’ privati, e dopo mezza ora in circa andò a piedi fuori di Gradisca per la stessa porta di Germania, e, montato in carrozza che lo aspettava presso la capelletta di San Giovanni Nepomuceno, proseguì il viaggio a Gorizia, ove arrivato per due giorni alla locanda. Frattanto i gradiscani stimarono bene di cogliere una tal occasione onde procurar il sovrano qualche sollievo a questo abbattuto paese.
La stessa notte, fu esteso un memoriale da umiliarsi nel seguente giorno a sua maestà. A tal oggetto furono elletti per deputati da parte de’ gradiscani illustrissimi signor Sigismondo de Filippusi e il signor Giuseppe de Brignoli i quali li 12 si portarono a Gorizia. Ottennero l’udienza, presentarono il memoriale, e seppero sì ben rappresentare al sovrano le calamitose circostanze di Gradisca e della contea che con paterne espressioni diè egli a vedere il desiderio, che aveva di sollevare questa contea, e però furono licenziati dall’udienza ricolmi di fondate speranze di ottenere qualche soccorso.
In seguito a ciò si divulgarono per Gorizia e Gradisca diverse clementissime espressioni fatte dall’imperatore a favore di Gradisca: ed esse erano, che non potendo egli accordare a gradiscani il chiesto battaglione militare, che doveva essere unito a quello di Gorizia; né potendo sollevare Gradisca nel politico, o nel giudiziale, per non fare contro il suo sistema, era intenzionato di soccorrere questo paese coll’erigere in Gradisca un vescovato, e che per questo motivo si sarebbe portato personalmente a Gradisca per li 14 detto, nel passaggio per indi prendere la strada di Trieste.
Tali espressioni siccome per se pareva che avessero dell’incredibile, così per opera de’ maligni contro i gradiscani venivano a perdere quella poca credenza, che potevano conciliarsi presso i gradiscani, che nutrivano in seno qualche vantaggiosa speranza. Li 13 marzo, furono confermate le favorevoli espressioni fatte dal Sovrano a pro di Gradisca. Si seppe che aveva assolutamente stabilito di voler instituire in Gradisca un vescovado con la soppressione di quello di Trieste e dell’arcivescovado di Gorizia, e che tal oggetto verrebbe pel seguente giorno a Gradisca.
Si lieta nuova ricolmò di consolazione gl’animi de’ gradiscani, e però con ansietà aspettavano la venuta del seguente giorno.
Li 14 marzo verso le ore nove della mattina, fece ritorno a Gradisca sua maestà, avendo nella sua carrozza il principe Kinschi. Smontò dalla carrozza presso la spezieria Sticotti. Fu ricevuto dal signor Giovanni Paolo barone de Baselli primo Comissario Circolare, che ebbe l’onore di servirlo ne’ due giorni che si fermò in Gorizia, essendo ammalato il signor Capitano Circolare conte Alfonso di Portia.
Ivi posti a riceverlo i due eletti deputati gradiscani, il parroco, il pretore Sigismondo Salamanca ed altri.
Si portò primieramente al detto collegio militare, ove osservò attentamente quei fanciulli militari schierati nel cortile in divisa turchina – celeste e verde.
Indi passò a visitare le scuole normali. Poi andò alla chiesa parochiale: adorò per poco il Santissimo Sacramento. Qui il paroco presentato a sua maestà da suo fratello commissario circolare. Osservò attentamente ogni cosa per tutta la chiesa, girando attorno lo sguardo. Dalla chiesa andò al Palazzo Turriano. Volle vedere tutti gli apartamenti e disse essere una residenza più che sufficiente per un vescovo. Entrò nella chiesa de’ padri serviti ove erano alla porta tutti que’ padri.
Chiese al priore quanti erano di famiglia, da cui ebbe in risposta che erano sette. Si portò in seguito in castello: visitò entrambi le caserme e il fu arsenale.
Ammirò la bella veduta della contea gradiscana. Il commissario circolare mostrò a un di presso al sovrano i confini della contea, lo informò di diverse altre cose, e parve che sua maestà restasse come sorpreso, dando a conoscere che era stato sinistramente informato di questa contea. Sceso dal castello, ritornò in piazza parlando e chiedendo varie cose dal commissario circolare e deputati gradiscani, che gli furono sempre al fianco. Si fermò alla finestra della ex-clarissa signora Margherita Teresa Comelli, chiedendo come se la passasse; camminò per tutta la piazza affollata dal popolo curioso di vedere il sovrano. Arrivato alla carrozza, che lo aspettava vicino alla porta di Trieste, salutò con grande affabilità, diede al parroco ventisei gigliati per i poveri, e partì prendendo la strada per Trieste pel territorio di Monfalcone, avendo lasciati i gradiscani ripieni di consolazione e di fondate speranze di conseguire un qualche risorgimento a pro di questo abbattuto paese.
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