L'ESPERIENZA
Tra Giubileo e i funerali di Papa Francesco, il viaggio dei giovani della Diocesi a Roma

Le voci raccontano dei tre giorni vissuti nella Capitale: «Abbiamo bisogno di giovani che credano davvero nella possibilità di costruire un mondo migliore».
«È stato un momento che difficilmente dimenticheremo». Così Martina Lubiana, della parrocchia di Grado, riassume l’esperienza vissuta insieme a più di 260 ragazzi della Diocesi di Gorizia, che lo scorso fine settimana hanno partecipato a Roma al Giubileo degli Adolescenti. Un evento intenso e carico di emozioni, segnato anche dalla partecipazione ai funerali di Papa Francesco.
A raccontare i numeri della spedizione è don Nicola Ban, tra gli organizzatori: «Erano iscritti 268 pellegrini più il vescovo Carlo. Alla fine siamo partiti in 264, più il vescovo. I ragazzi provenivano da tredici realtà diverse: dalle Unità Pastorali di Gorizia alle parrocchie slovene, da Lucinico-Mossa-Madonnina a Cormons, fino a Fiumicello, Monfalcone, Villesse, Romans, Sistiana e gli scout di Cervignano e Ronchi». Un mosaico vivace, capace di esprimere tutta la varietà del territorio.
Tra i momenti più forti vissuti a Roma, spicca la partecipazione alle esequie del Pontefice. Un momento storico che i ragazzi hanno vissuto con attenzione e grande senso di responsabilità. «Anche se non era una celebrazione pensata per loro – racconta don Nicola – si sono resi conto di essere parte di qualcosa di grande. Alcuni hanno detto di essersi sentiti parte di una grande famiglia. Non c'era un clima di tristezza, ma di speranza nella vita eterna».
Emozione confermata anche da Marco Postir, dell’Unità Pastorale di Lucinico-Mossa-Madonnina: «Partecipare al funerale del Papa è stato fortissimo. Nonostante il sole cocente e la lunga celebrazione in piazza San Pietro, l'emozione si vedeva sui volti dei ragazzi». Al ritorno, racconta ancora Marco, si respirava «una grande gioia, nonostante la stanchezza. Sono stati giorni intensi, ma bellissimi: sveglie presto, rientri tardi, tanto divertimento e momenti di preghiera».
Non sono mancati momenti di riflessione. Luca Riz, di Cormons, sottolinea come «abbiamo respirato un’atmosfera di solennità ma anche di comunità». Per Luca, Papa Francesco ha rappresentato «una figura unica, capace fino all'ultimo di lanciare un messaggio di pace». Ora, dice, «mi auguro che i ragazzi portino questo messaggio nelle loro comunità, perché ne abbiamo davvero bisogno».
Anche Nik Emili, della comunità slovena, racconta la forza di questa esperienza: «Per i ragazzi è stato importantissimo partecipare a un evento così grande. Abbiamo cercato di spiegare loro il significato della liturgia, anche se non sempre era facile. Vivere un evento con così tante persone ha fatto capire loro che la Chiesa è davvero universale, non solo la piccola parrocchia di casa».
Uno sguardo particolare lo offre anche Martina Lubiana. «Ritrovarci lì, immersi in un silenzio carico di emozione, ci ha fatto sentire parte di qualcosa di storico, uniti da una fede che andava oltre ogni differenza. I ragazzi hanno visto che la fede non è solo teoria, ma può cambiare la storia». Sul Giubileo degli Adolescenti aggiunge: «È stato un invito a sentirsi protagonisti già oggi. Abbiamo bisogno di giovani che credano davvero nella possibilità di costruire un mondo migliore».
Ma che cos’è stato, in concreto, il Giubileo degli Adolescenti? Don Nicola Ban spiega che «è l’occasione di attraversare la Porta Santa, rinnovare la professione di fede e celebrare la comunione con la Chiesa». Più ancora, però, è stata «un’esperienza di gruppo, di amicizia, di confronto con sé stessi e con Dio. Un momento di accoglienza, di condivisione, di fraternità vissuta accanto al vescovo Carlo e con le comunità romane che ci hanno ospitato».
Una riflessione più ampia la propone don Matteo Marega, che ha accompagnato i ragazzi di Monfalcone, insieme agli scout di Ronchi seguiti da Tea Canziani. «In senso stretto vivere un Giubileo significa ricalibrare il proprio rapporto con Dio - spiega - ma credo che per i ragazzi la vera forza sia stata un'altra: vivere la bellezza dell’esperienza in sé. Fare fatica, ridere, pregare, riconoscere i propri errori, accettare l’imprevisto». Per don Matteo, adesso inizia la parte più importante: «Il Giubileo non è finito il 27 aprile. Ora dobbiamo rileggere quello che abbiamo vissuto e scoprire, tra le pieghe della quotidianità, la presenza del Signore».
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