le lezioni
Genitori stranieri a scuola per imparare l'italiano, parte il corso a Gorizia
L'idea nata da un genitore per aiutare le persone straniere a imparare l'italiano, al termine del percorso verrà rilasciato un attestato.
Lo scorso lunedì, nel plesso della scuola Pecorini, l’istituto comprensivo Gorizia 2 ha avviato un corso di italiano per persone non italofone che abbiano i figli iscritti nelle scuole facenti capo allo stesso istituto (le materne Agazzi e Furlani, le primarie Frinta, Fumagalli e Pecorini, la secondaria Locchi). L’idea nasce da un genitore, Dante Pattini, e risulta essere un riuscito esempio di collaborazione scuola-famiglia.
Immaginiamo di trasferirci, magari anche temporaneamente, in un Paese straniero. I più sarebbero scoraggiati dal fatto di non conoscerne la lingua ma spesso situazioni contingenti come lo scoppio di una guerra o la ricerca di un futuro migliore impediscono di costruirsi un bagaglio di parole con cui affrontare il futuro. E così scatta un fenomeno tanto naturale quanto umano, sperimentato anche durante una semplice vacanza all’estero: si va in cerca di chi capiamo. Se però questa tendenza può sembrare innocuo campanilismo, quando venga applicata da chi in un Paese trasferisce la propria residenza la questione si complica.
La lingua risulta essere infatti il primo e imprescindibile strumento di inclusione, dal momento in cui necessitiamo di acquistare qualcosa fino a quando dobbiamo rivolgerci a un ufficio pubblico per un certificato. «Lo scorso anno - spiega Dante Pattini - i miei figli tornavano a casa raccontandomi di ragazzini ucraini che entravano in classe, magari a anno già avviato, e senza conoscere la lingua. Ho pensato che se questa era la loro situazione, i genitori si trovassero nelle stesse condizioni quindi ho deciso di contattare la dirigente Raffaella Cervetti per proporre un corso di italiano».
Docente di Lettere all’Istituto D’Annunzio-Fabiani, ha avviato lo scorso anno questo progetto inizialmente indirizzato solo a persone di nazionalità ucraina. A rispondere all’iniziativa sono state otto persone: un gruppo piccolo che purtroppo, dopo le festività natalizie, si è ulteriormente ridotto ma è stato portato avanti fino a giugno. A pesare su questa scarsa adesione la convinzione, per molti ucraini, di fare presto ritorno nel loro Paese, idea che sottraeva ai partecipanti anche lo slancio per un effettivo impegno nell’apprendimento. Nonostante la frustrazione provata, il prof. Pattini non si è perso d’animo e ha riproposto l’iniziativa per l’anno appena iniziato.
Era certo dell’importanza della padronanza linguistica come base per l’integrazione e la risoluzione di possibili conflittualità. Partito lunedì scorso, nella presente edizione il corso di italiano si propone con una maggiore strutturazione. «Si sono iscritte 23 persone ma alla prima lezione si sono presentate in 14: sono perlopiù mamme, persone che cioè non lavorando hanno maggiore difficoltà a confrontarsi con l’italiano e rischiano di rimanere fra connazionali creando gruppi chiusi. La novità rispetto all’anno scorso è che al termine del percorso, a giugno, verrà rilasciato un attestato a chi abbia frequentato almeno il 60% delle ore di lezione».
Persone che provengono dalla Georgia, dal Kosovo, dall’Argentina e dal Marocco: alcune di queste non hanno nemmeno una lingua di appoggio come l’inglese o il francese per poter interagire. «Le donne provenienti dalla Georgia hanno anche l’ostacolo dell’alfabeto, differente da quello della loro lingua. Lunedì – spiega il professore – abbiamo fatto un test d’ingresso per valutare la conoscenza dell’italiano, lo abbiamo tratto da un sito internet e abbiamo in seguito imparato i saluti».
Non è la prima volta che l’istituto comprensivo Gorizia 2 propone dei corsi di italiano che, in passato, si appoggiavano alla collaborazione del Cpia dove i genitori degli studenti venivano indirizzati. Il corso (che si svolge il lunedì dalle 15 alle 16) può ammettere ancora partecipanti ma l’auspicio di Pattini è soprattutto quello di riuscire a portare tutto il gruppo fino a giugno. «Mi piacerebbe che tutti conseguissero un livello minimo di comprensione e di espressione anche in considerazione del fatto che, da genitori, necessitano di rapportarsi con la scuola. L’obiettivo è però che l’acquisizione della lingua sia il primo passo verso la costruzione di un mondo nuovo per ciascuno di loro, nella certezza che il riscatto nasce dallo studio».
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