la serata
La frana che seppellì Borta 300 anni prima del Vajont, la storia arriva a Versa
Borta, un paesino del comune di Socchieve, fu seppellito completamente da una frana nell'agosto 1692. Giovedì il racconto di Galvani e Tolazzi.
Conoscete la storia di Borta? Siamo nel 1692 quando durante la notte di ferragosto un’enorme porzione di montagna si staccò dalle pendici settentrionali del Monte Auda, in Carnia, cancellando la frazione e le vite dei suoi abitanti. Giovedì 8 agosto alle 20:45 nella corte della locanda Casa Versa 1834 di via Gorizia 25 a Versa, andrà in scena lo spettacolo Buarta / Borta di e con Federico Galvani (fisarmonica) e Carlo Tolazzi (voce) che ne ripercorre la tragica storia con un impianto teatrale in parte monologato, in parte a leggio, in parte dialogato, in parte musicato.
Borta, un paesino del comune di Socchieve che non c’è più, seppellito completamente da una frana staccatasi dalla montagna il 15 agosto 1692. 53 persone rimasero sotto la frana, 2 sole si salvarono, perché quel giorno non erano in paese. Circa 30 milioni di metri cubi di roccia e fango scivolarono ad alta velocità su un unico piano di strato argilloso, fradicio per le abbondanti piogge di quell’anno. La frana, che travolse ogni cosa nella discesa verso il fondovalle, investì anche il paesino di Borta, nell'attuale comune di Socchieve, che seppur costruito nel versante contrapposto, fu spazzato via dalla violenza della frana, che risalì il pendio opposto.
Un meccanismo analogo avrebbe caratterizzato quasi 300 anni più tardi la frana del Vajont e, ancor più di recente, Rigopiano. La montagna friulana ha il brutto vizio di non trattenere molto i suoi materiali. Ma anche gli uomini spesso programmano il futuro senza fare i conti con la Natura. La valle del Tagliamento venne sbarrata da questa colossale diga naturale che raggiunse l’altezza massima di 140 metri. Le acque del fiume così arginate riempirono la conca formando un grande lago che si spinse a monte per quasi sette chilometri e raggiunse la profondità di circa 90 metri.
L’invaso fu chiamato “Lago di Caprizzi” e sopravvisse per i circa cento anni che la potenza delle acque del fiume impiegò per erodere completamente lo sbarramento.
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