Tra foto in bianco e nero, musica e documentario: così si racconta l'ex ospedale psichiatrico

Tra foto in bianco e nero, musica e documentario: così si racconta l'ex ospedale psichiatrico

Il progetto

Tra foto in bianco e nero, musica e documentario: così si racconta l'ex ospedale psichiatrico

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 01 Mar 2025
Copertina per Tra foto in bianco e nero, musica e documentario: così si racconta l'ex ospedale psichiatrico

È il risultato della Residenza artistica che ha riportato in vita «Matti e deportati», come il titolo provvisorio del prodotto.

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Un documentario sugli internati dell’ex-ospedale psichiatrico, una serie d’immagini in bianco e nero traboccanti di storia e una colonna sonora dai suoni taglienti e metallici: sono i nuovi progetti sbocciati nella residenza di “Via della Creatività”, in quello che è stato ribattezzato “Borgo cinema”. È stato presentato in via Rastello 57/59 - nel pomeriggio di venerdì 28 febbraio - il lavoro svolto dai tre ospiti della residenza, che hanno tratto ispirazione dalla nostra città per sviluppare idee e passioni. Un rilancio artistico che non conosce confini e si proietta vertiginosamente in avanti, lasciando già intravedere la quinta sessione, prevista per il 28 aprile.

«Il nostro obiettivo è far ritornare a vivere questa strada – spiega il presidente Anac Francesco Ranieri Martinotti – non di quelle merci che piacciono a Trump, ma quelle che riguardano l’umanità». Il primo ambito, concernente scrittura e regia, è stato affrontato da Maurizio Sciarra, che ha mostrato le sue due opere in via di sviluppo, dal provvisorio titolo “Matti e deportati”. «Questo progetto nasce da un documentario girato un anno e mezzo fa, sui cento anni dalla nascita di Basaglia – premette il regista – Lavorando sugli archivi ho realizzato questa storia che ho girato e montato da solo». Tre nomi incisi nelle pietre d’inciampo antistanti l’ingresso dell’ospedale, che ricordano Elio Michelstaedter, Elsa Valobra e Amelia Pavia. La loro storia è racchiusa in quell’archivio abbandonato costituito da 8600 cartelle cliniche, fra cui spiccano quelle dei tre cittadini deportati dalle SS. Nel caso di Elia il ricovero è certamente un modo per sfuggire ai rastrellamenti, mentre Elsa «è caratterizzata da una personalità fragile», come raccontano i funzionari dei diversi enti contattati. «A Gorizia esisteva un’importante comunità ebraica – precisa lo storico Luciano Patat nel filmato – non grande come quella triestina», ma comunque considerevole. Gli arresti hanno inizio nel settembre del 1943, anche se l’operazione più imponente avviene il 23 novembre. A seguito della promulgazione delle leggi razziali gli internati dei manicomi verranno deportati dei campi di concentramento, come accadde ai tre ricoverati, dimessi e quindi consegnati alla polizia. «Ci ritroviamo in assenza di fonti dirette – commenta Sciarra - visti i tempi trascorsi». Il suo documentario intende evidenziare lo stigma subìto dalle comunità ebraiche, e potrebbe evolvere in un lungometraggio di più ampio respiro.

Nato nel 1975 e cresciuto a Milano è invece Joakim Kocjancic, di padre italiano e madre svedese, con bisnonno vipolzano e nonno di Podgora. Alla ricerca delle radici familiari già da una decina d’anni, il fotografo lavora su pellicola in bianco e nero sviluppando e stampando in camera oscura. Una produzione sfociata nel volume “Europea”, dove coglie lo spirito di città e capitali attraverso uno stile che ricorda Henri Cartier-Bresson. «Sono stato all’arcidiocesi per reperire informazioni sulla mia famiglia – precisa – scoprendo questa casa in una foto del 1899». Mentre proietta le immagini rinvenute durante la ricerca, riaffiorano dal passato i volti di bambini seduti davanti alla macchina fotografica, intere famiglie a testimoniare il tessuto sociale del territorio.

«Anni fa avevo scritto una lettere a tutti i Kocjancic della zona, alcuni di loro mi hanno invitato a casa a bere un caffè». Il nucleo del suo progetto si basa sul desiderio di restituire «una visione unica di Gorizia e Nova Gorica», con l’idea di realizzare un cortometraggio che si avvicini al cinema surrealista degli anni Venti. A mostrare il suo talento è stato infine l’ucraino Oleksii Lupashko, proveniente da Odessa, che ha sviluppato un progetto musicale ispirato all’avanguardia ucraina e al movimento Boychukista. Abilità in grado di coniugare l’arte sonora di strumenti elettronici con i colori dei quadri di Boychuk, ma anche oggetti quali antenne di droni, oggi drammaticamente usati in guerra. Un lavoro che diverrà colonna sonora per il film ancora in cantiere della regista Alina Matochkina incontrata a Berlino. A prendere la parola è stato poi il direttore di ArtistiAssociati Walter Mramor, il quale ha illustrato l’imminente collaborazione con Borgo Cinema. Un’attività concretizzatasi grazie ai fondi Pnrr, che vedrà impegnati due tutor d’eccellenza: Gabriele Vacis per la parte teatrale e Roberto Castello per l’ambito coreografico. Da non perdere l’incontro di domani, sabato primo marzo, quando alle ore 12 sarà possibile incontrare i tre artisti presso la sede di Borgo Cinema, in via Rastello 57/59. 

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