La cerimonia
Fossalon, domenica la consacrazione della chiesa parrocchiale di San Marco
Alle 17 la Santa Messa con il rito presieduto dall'arcivescovo Redaelli. Don Centomo, «lavorare insieme come le pietre dell'edificio».
Dopo mesi di attesa, la comunità di Fossalon riavrà la propria chiesa parrocchiale. Domenica 5 giugno, alle 17, l’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, consacrerà l’edificio sacro dedicato a San Marco Evangelista dopo i lavori di adeguamento e di restauro. Un momento di gioia e di festa per l’intero paese: dopo la sua costruzione, infatti, la chiesa era stata benedetta ma non era stata consacrata. Un fatto non da poco e del quale l’amministrazione parrocchiale, retta da don Michele Centomo, si era resa conto durante il riordino dell’archivio parrocchiale. Don Michele, anche dopo il trasferimento da Grado a Romans, aveva mantenuto l’amministrazione di Fossalon proprio per poter completare i lavori e giungere all’appuntamento di domenica.
“È uno dei riti liturgici più suggestivi e coinvolgenti, si celebra raramente: inaugura un nuovo edificio di culto e per questo si celebra una volta sola per ciascuna chiesa”, racconta don Michele.Si tratta, in realtà, di un edificio non nuovo, ma che aveva bisogno di risistemare il pavimento del presbiterio che da anni presentava un serio cedimento e la realizzazione dei poli liturgici stabili quali altare, ambone, sede e tabernacolo.
“La dedicazione è più che una semplice inaugurazione come invece accade per qualsiasi altro edificio. La Chiesa-edificio, infatti, non è semplicemente un luogo per la preghiera, ma è l’immagine della Chiesa che è Corpo di Cristo, della comunità che lì si riunisce per pregare, della Chiesa terrena e di quella che è in cielo. Per questo il cuore dell’edificio di culto cristiano è l’altare, immagine di Cristo, luogo in cui si rinnova il sacrificio della croce e mensa del banchetto del Corpo e Sangue del Signore”, prosegue il sacerdote.
“Un momento importante – prosegue don Michele - come quello che stiamo vivendo, il cammino sinodale, ci ricorda che il mistero della Chiesa è esattamente l’essere pietre vive, non isolate, preziose, ma non indipendenti, pietre congiunte a Cristo e congiunte tra loro. È questa la verità e la forza del nostro essere Chiesa. Una tentazione ricorrente è quella di voler essere “singolari” rispetto agli altri, in qualche modo indipendenti. Ma comprendiamo bene che una pietra, per quanto preziosa e singolare, non sarà mai una Chiesa, un edificio spirituale. È e rimane solo una pietra isolata. Se vuole vincere questo isolamento deve stringersi innanzitutto alla Pietra fondamentale che è Cristo, e poi alle altre pietre. È la sinergia delle singolarità che costruisce la comunione, così come è la sinfonia delle note che compongono la melodia. Siamo stati costituiti Chiesa-comunione e dobbiamo porre ogni sforzo per vivere ciò che siamo”.
“La Chiesa che viene dedicata con il suo altare a Dio costituisce, al tempo stesso, ciò che siamo e ciò che dobbiamo continuamente realizzare. Ogni volta che vi passiamo dinanzi, guardando la sua imponenza, dobbiamo ricordare la forza che scaturisce dalla comunione. Tutte le volte che entriamo tra le sue mura, dobbiamo umilmente chiedere a Dio di farci crescere nell’unità, non solo con i cristiani della parrocchia o della diocesi, ma del mondo intero. E quando usciamo da questo tempio, dobbiamo portarci la volontà, l’impegno e l’entusiasmo di porre sempre semi di comunione”, così ancora don Michele.
“La bellezza e l’armonia di questo luogo, i suoi spazi magistralmente elaborati, devono richiamarci la necessità che ciascuno contribuisca perché la Chiesa viva sia bella e armonica. Casa tra le case”, conclude.
La festa vedrà la presenza anche del coro parrocchiale che accompagnerà l’intera celebrazione e, novità dopo tanti anni, anche la presenza dei campanari che annunceranno la grande festa comunitaria.
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