l'anniversario
La fine della guerra ma non delle tragedie, Gorizia ricorda il suo ritorno all'Italia
Celebrata la data di ricongiungimento della città con l'Italia. Il ricordo di quel capitolo di storia.
Era il 16 settembre 1947 quando le strade di Gorizia si riempirono di persone e tricolori in festa. Era il giorno dopo all'entrata in vigore del Trattato di Parigi, che riassegnava la città all'Italia dopo le settimane di tensioni con la neonata Jugoslavia. Oggi, quel giorno è ricordato come la "seconda redezione" dell'area, parallelamente ai festeggiamenti avvenuti a Idria per ricordare il ricongiungimento del Litorale sloveno alla Federazione comunista. Questa mattina, al parco della Rimembranza davanti alla fontana restaurata, le autorità regionali e locali si sono quindi date appuntamento.
Nelle sue parole, il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, ha evidenziato che la ricorrenza non punta a stabilire chi ha più sofferto, ma di dare altresì onore alla sofferenza. "Non esiste perciò alcun distinguo, ma solo l'obbligo umano di assumere fino in fondo la responsabilità per quanto avvenuto. Altrimenti, saremmo solo bambini immaturi che sfuggono alle colpe attraverso scorciatoie riduzionistiche. Il sangue versato su questa terra non ce lo consente", a 74 anni da quelle vicende. Parole che hanno seguito la deposizione di due corone d'alloro in ricordo dei caduti.
Zanin ha poi evidenziato come chi ha combattuto per queste terre vada chiamato "eroe, affinché la testimonianza non vada persa anche quando viene messa in discussione, solo per limitarne l'importanza". Presente anche l'assessore regionale al Patrimonio, Sebastiano Callari, che ha sottolineato come "a Gorizia l'Italia è più Italia che altrove. Ora che la viva memoria dei testimoni di allora va mano a mano disperdendosi con il passare degli anni, il dovere del ricordo sta nella ricerca della verità storica e in un rinascimento culturale che avrà il suo apice nel 2025 con la riunione di Gorizia e Nova Gorica".
Ziberna ha quindi menzionato il sacrificio di tante vite: "Ragazzi giovani arrivati da regioni lontane che non sapevano neppure il motivo per cui erano stati mandati a combattere. Nonostante tante tragedie, il capoluogo isontino è tuttavia diventato una testimonianza in tutta Europa di come si riesca a scrivere, insegnare e spiegare la storia per proporre nuove pagine alle generazioni future". Importanza del ricordo citata anche dal prefetto Ricciardi, partendo dal numero impresso sul monumento: "665 è un numero arido, ma questa cifra rappresenta altrettante famiglie, storie ed esistenze".
Oltre a un picchetto d'onore, erano presenti numerose rappresentanze militari e delle forze dell'ordine, nonché le insegne e i labari delle sezioni locali delle associazioni combattentistiche e d'arma (Lega Nazionale, fante, alpini, finanzieri d'Italia, vittime civili di guerra, carabinieri e bersaglieri). Dopo aver ricordato il centenario del Milite ignoto, Zanin ha concluso menzionando le tragedie legate alla Seconda guerra mondiale e ciò che è avvenne dopo, tra le foibe e l'esodo, "quando anche la patria in qualche modo sembrò dimenticarsi dei suoi fratelli e non fu in grado di accoglierli come figli".
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