LA RASSEGNA
Il film su Michelstaedter entra nella soffitta di Palazzo Paternolli

La rassegna curata da Finazzer Flory porta Sgarbi all’auditorium e organizza le riprese per ‘Nei tuoi occhi’, docufilm sul giovane goriziano.
La forza prorompente dell’arte sta nel suo essere indipendente e slegata da regole, in quanto «autonoma da qualunque potere». Così ha ribadito lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi in collegamento streaming con l’Auditorium di Via Roma. Si è svolto nella serata di lunedì il terzo incontro della rassegna “La scuola è finita!” organizzato dal Comune di Gorizia e tenutosi simbolicamente nella Giornata della Memoria. «Oggi è il 27 gennaio del 2025», ha esordito solenne il regista Massimiliano Finazzer Flory, facendo vibrare nella sala l’introduzione di “Se questo è un uomo” del torinese Primo Levi.
Il regista ha quindi esplorato il rapporto fra arte e potere leggendo i versi del goriziano Carlo Michelstaedter, protagonista del docufilm “Nel tuo occhio” in programma al Sergio Amidei questa estate. Proprio durante la mattinata ha proseguito le riprese presso Palazzo Paternolli che, a conclusione del restauro, dovrebbe offrire cinquanta posti letto come studentato. La pellicola verrà divisa in due parti da 23 minuti: quanti sono gli anni vissuti dal poeta, pittore e filosofo prima di togliersi la vita nel 1910. Durante l’incontro in Auditorium Finazzer Flory ha poi posto l’accento sull’arte «alleata della pace», dove il termine “confine” è da intendersi nel senso di “con-fine” e dell’avere un obiettivo comune.
«Conosco Vittorio forse dal 1990. Ci siamo visti venerdì a Roma a casa sua», racconta, spiegando come per motivi di salute il critico d’arte non potesse presenziare. «Grazie a Sgarbi, l’arte è diventata popolare, per questo stasera la sala è colma», ha sottolineato dal canto suo il primo cittadino Rodolfo Ziberna. Malato da qualche tempo, l’onorevole ha avuto la tenacia di collegarsi dallo studio romano, accolto dal lungo applauso di Gorizia. Fra gli ultimi successi editoriali spicca “Arte e fascismo – Nell’arte non c’è fascismo, nel fascismo non c’è arte” (2024) e “Natività. Madre e figlio nell’arte” (2024).
«Non c’è rapporto di sudditanza, fra arte e fascismo – rimarca parafrasando il primo testo – ma solo di libertà». In questo senso, in ciascun artista riposa quella forza immensa in grado di stanare e affrontare ogni dittatura con la luce della passione, la stessa che ferveva nel ventitreenne Michelstaedter. «Era un giovane pieno di passione e orgoglio – prosegue – è represso e pieno di vita, e si uccide per eccesso di vita», probabilmente influenzato dalla morte del fratello maggiore Gino.
«Leggevo Michelstaedter negli anni Settanta – confessa – quando la sua riscoperta non era ancora stata posta all’attenzione del pubblico e lui era sconosciuto. La sua attività è intensa. Scrive versi, non vede nessuno, mangia pochissimo, comunica solo con la sorella e il cugino. Il 17 ottobre del 1910, dopo un litigio con la madre, si spara». Il filosofo di origine ebraica anticipa l’Essere-per-la-morte di Heidegger andando incontro con coraggio a quello che considerava un destino irrimediabile.
«Apesbésthen», scriverà sul frontespizio della tesi “La Persuasione e la Rettorica”. Quel «Io mi spengo» che suona come nota stridente nell’universo dell’artista, preludio al colpo di rivoltella che spezzerà per sempre la sua giovane vita. Un suicidio scelto anche dallo scrittore Cesare Pavese, al quale Sgarbi lo accosta. E infatti, pare di leggere i versi che il poeta delle Langhe scrisse per Constance Dowling quarant’anni più tardi, quando ascoltiamo Sgarbi recitare “A Senia” di Michelstaedter, prima di congedarsi: «Ti son vicino e tu mi sei lontana,/ mi guardi e non mi vedi, o s’io ti parlo,/ pur amando ascolti, non però m’intendi».
«Sono passati 51 anni, da quando il Fondo Michelstaedter è stato costituito – interviene Antonella Gallarotti, responsabile dell’Ufficio manoscritti e del Fondo omonimo – Dobbiamo ringraziare soltanto una donna». Già, perché nonostante la madre Emma e la sorella Elda fossero state deportate ad Auschwitz, la sorella Paula riuscì a salvarsi, curando le carte del fratello miracolosamente scampate alla furia nazista, per poi farne dono alla Biblioteca civica. «Erano fogli sciolti – ricorda – ricomposti e poi presentati alla mostra a Palazzo Attems».
Gallarotti ricorda quindi l’incontro a Firenze fra il giovane Carlo e Umberto Saba, il quale compare fra alcuni schizzi come “Umberto da Montereale”. Conclusasi la Seconda guerra mondiale, il libraio Saba scrive al cliente Pagnini per proporgli l’acquisto della biblioteca di un filosofo goriziano, rinvenuta nel 2013 dal libraio antiquario Simone Volpato. Del Michelstaedter pittore emerge con veemenza l’autoritratto ad acquerello e lapis, conservato a lungo nello studio del professor Francesco Verzegnassi, che lo aveva trafugato forse per sottrarlo ai nazisti. A ricordare l’aneddoto fu lo studioso Sergio Campailla nel 1974, e oggi possiamo ammirarlo in tutto il suo fiammeggiante splendore presso il museo della Sinagoga.
Ma l’aneddoto più curioso riguardante il giovane artista è la partecipazione a uno dei primi scioperi studenteschi. «Nel 1904 gli studenti dello Staatsgymnasium si ribellano per contestare un professore germanista». Il giovane insegnante aggrediva verbalmente gli studenti italiani e sloveni, dichiarando che non fossero all’altezza della cultura tedesca. Il corteo - nel quale spiccava lo stesso Carlo - raggiunse i Giardini pubblici, e la notizia risuonò persino a Vienna. Il giovane Carlo, che secondo la nota di un insegnante «disturbava frequentemente e intenzionalmente lo svolgimento delle lezioni», insieme ai suoi compagni guadagnò una multa e un voto di condotta più basso, ottenendo però il trasferimento del professore eccessivamente solerte.
A concludere la serata, le riflessioni scritte da Rainer Maria Rilke nella “Lettera a un giovane poeta” e interpretate da Finazzer Flory. «Un’opera d’arte è buona, s’è nata da necessità – sottolinea il poeta in una Parigi all’alba del Novecento – Io non vi so dare altro consiglio che questo: penetrare in voi stesso e provare le profondità in cui balza la vostra vita».
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