Festa Unità, l'ex magistrato Felice Casson a Ruda: «Fascisti, amianto e le mie indagini»

Festa Unità, l'ex magistrato Felice Casson a Ruda: «Fascisti, amianto e le mie indagini»

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Festa Unità, l'ex magistrato Felice Casson a Ruda: «Fascisti, amianto e le mie indagini»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 10 Ago 2024
Copertina per Festa Unità, l'ex magistrato Felice Casson a Ruda: «Fascisti, amianto e le mie indagini»

L'ex magistrato e senatore del Pd ha aperto ieri la festa, dialogando con il sindaco Franco Lenarduzzi. Focus anche su amianto, lavoro e giustizia.

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È stato Felice Casson ad aprire ieri sera l’ottantesima edizione della Festa de L’Unità di Ruda, partendo dall’estremismo di destra su cui ha indagato per arrivare alle morti sul lavoro. Un arco di temi molto ampio, nel quale l’ex magistrato ed ex senatore del Pd ha presentato la propria esperienza personale, puntando in diverse occasioni il dito verso i provvedimenti dell’attuale governo. In particolare per quanto riguarda la riforma della giustizia del ministro Nordio, rilevando come «non risolveranno alcun problema».

Dialogando con il sindaco Franco Lenarduzzi, Casson è però partito dalla ricostruzione di quei anni Settanta e Ottanta segnati dal terrorismo. Epoca che vide lo stesso Friuli Venezia Giulia come scenario di attentati, su tutti la strage di Peteano e il tentato dirottamento di un aereo di linea a Ronchi. «Quei fatti - ha evidenziato - non erano una rappresentazione limitata e isolata, quei nazifascisti non erano isolati né politicamente né nelle istituzioni ma collegati a esponenti nazionali», in particolare a quelli del Movimento sociale italiano.

«C’è una continuità nell’eversione di destra almeno fino alla strage di Bologna» ha rilevato, ricordando la vicenda tornata recentemente al centro delle cronache per la conferma dell’ergastolo a Paolo Bellini. Figure, quelle dei gruppi neo-fascisti, che «hanno potuto lavorare perché c’erano tanti nelle istituzioni che li hanno coperti, anche nella magistratura. Per fortuna non tutti, una parte lo ha fatto per cecità». Alla domanda se oggi corriamo pericoli, Casson rileva: «Non di quel tipo, ma il metodo politico di oggi ci deve dare qualche preoccupazione».

Non ha mancato poi la stoccata agli esponenti della maggioranza: «Quando è stato eletto questo presidente del Senato (Ignazio La Russa, ndr) mi si è ribaltato lo stomaco, c’è un tentativo di recupero della cultura di destra, se così possiamo chiamarla, che ci deve far riflettere». Guardando poi alla riforma della giustizia, è soprattutto sulla nuova regolamentazione delle intercettazioni che affonda il colpo: «Non è vero ciò che dice il ministro che le intercettazioni costano troppo. Chi parla a vanvera non ha la coscienza pulita, non credo più alla buona fede».

Proprio con questo strumento, ha ricordato, venne recuperata una prova fondamentale per l’accusa di Carlo Cicuttini nella strage di Peteano, ossia la sua voce registrata. La stesse venne poi confrontata con quella della telefonata anonima fatta ai carabinieri la sera stessa, nella quale segnalava la 500 bianca abbandonata. «Una riforma - ha aggiunto l’ex magistrato - significherebbe far funzionare macchina della giustizia. Queste invece non risolveranno alcun problema che vediamo tutti i giorni, se non di singole persone o categorie».

Infine, la sicurezza sul lavoro. Tema che ha affrontato in particolare nei processo sul Petrolchimico di Marghera e per le morti di amianto. Il primo è nato da un operaio che ha bussato alla porta del suo ufficio, raccontandogli che tutti i suoi colleghi stavano morendo a causa delle lavorazioni che facevano con il pvc: «Non credevo che alle porte di Venezia ci potessero essere persone che morivano perché lavoravano determinante sostanze». E poi è arrivato quello sull’amianto, piaga che riguarda da vicino anche Monfalcone e la Bassa friulana.

«Le leggi ci sono e sono adeguate - ha rimarcato Casson - e c’erano già negli anni Novanta. Tutti le devono rispettare anche quando sono pesanti, bisogna investire sulla coscienza sociale e lavorativa. La repressione non è la soluzione». A questo si collega anche il binomio tra lavoro e dignità, nonché dell’immigrazione che in una piazza come quella monfalconese è lampante. «Dovremmo essere sensibili nei loro confronti, perché vediamo in loro la nostra storia» ha chiosato Lenarduzzi, riferendosi alla manodopera straniera presente in città.

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