La principessa senza favola con Luxuria a Gorizia, «racconto chi non ce l’ha fatta»

La principessa senza favola con Luxuria a Gorizia, «racconto chi non ce l’ha fatta»

l'intervista

La principessa senza favola con Luxuria a Gorizia, «racconto chi non ce l’ha fatta»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 16 Mar 2024
Copertina per La principessa senza favola con Luxuria a Gorizia, «racconto chi non ce l’ha fatta»

L'ex parlamentare e volto della televisione sarà in scena martedì sera al Teatro Verdi, portando la storia tormentata di una donna transgender.

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Ha calcato i palcoscenici più diversi, come quello del Parlamento arrivando ai reality show, il cinema e quindi al teatro d’autore. Un percorso per nulla lineare, ma che lei stessa legge con un unico filo conduttore: «Cambiano i mezzi con cui lo racconto, ma il messaggio rimane sempre quello di conoscersi di più e non giudicare le persone in modo frettoloso». Vladimir Luxuria lo farà anche a Gorizia martedì 19 marzo alle 20.45, con il suo spettacolo Principesa al Teatro Verdi dedicato a Fernanda Farias De Albuquerque.

Chi ci sarà con lei sul palco, fisicamente e metaforicamente?
Mi sono trovata questo libro, Princesa, tra le mani. È stato scritto da Maurizio Iannelli, compagno di carcere della trans Fernanda, e mi emozionai tantissimo. Le stesse emozioni che deve aver provato De André quando ha letto lo stesso libro e le ha dedicato un brano, Princesa appunto, nel suo album Anime salve. Lui ne ha ricavato una canzone e io uno spettacolo, propostomi da Francesco Coniglio che ne ha fatto la traduzione teatrale. Lui sarà con me sul palco nel ruolo di Giovanni, suo vicino di cella di cui lei si era un po’ innamorata e hanno avuto un rapporto platonico. Avverto anche la presenza di Fernanda, la sento con me.

Il titolo farebbe pensare a una favola…
È una favola tragica, lei non si riconosceva nel suo corpo anagrafico e, come tutte principesse, ha cominciato a sognare: dapprima di essere donna e poi di trovare il suo principe azzurro. Invece tutti gli uomini che ha trovato erano degli orchi. È stata sfruttata, violentata da piccola, illusa tanto che a un certo punto è diventata arida e cinica. Ha iniziato a pensare di non avere più futuro né una dimensione affettiva, che gli uomini erano solo clienti. ‘Non posso essere amata ma posso essere pagata’.

Arrivata in Italia dal Brasile, è entrata nel mondo della prostituzione, droga e alcol. Anche se non costretta da nessuno, subiva la violenza e ha iniziato a drogarsi e bere. È entrata in un vortice di autodistruzione fino al tragico finale. Aveva tentato anche di uccidere la proprietaria della pensione dove alloggiava, perché l’aveva derubata di tutti i soldi che teneva per ritornare in patria. Sentitasi tradita, non ci ha visto più ed è finita in carcere per tentato omicidio

Qual è il pubblico a cui lei i rivolge con questa storia?
A chi vuole conoscere le vite degli altri, capire un mondo con cui non era stato mai in contatto. Io sono stata fortunata perché ho potuto studiare e ho avuto una rete familiare. Porto in scena chi non ce l’ha fatta, una dimensione che non appartiene solo alle persone trans ma a una platea più allargata, chi si sente senza futuro. Ci si può immedesimarsi anche se hai 50 anni e hai perso il lavoro o se sei una donna che ha avuto una batosta. Questo spettacolo è molto emozionante, gli spettatori piangono e anch’io lo faccio, possiamo trovare pezzi di noi stessi in storie che sembrano le più distanti. Nei suo libro Dubliners, James Joyce vedeva sé stesso negli altri che trovava per strada. Se conosciamo le storie, troviamo un pezzettino di noi stessi.

Si gioca anche sullo stereotipo della principessa, tanto da capovolgerlo.
Solitamente, la principessa viene già da una situazione di privilegio e incontra il suo principe. Qui c’è un ribaltamento perché Fernanda viene da condizione difficile, si prostituisce e si droga, è una principessa da una storia completamente diversa. Ma non c’è un finale da favola. Lei forse aveva trovato il suo principe azzurro in Giovanni, si erano anche ripromessi di vedersi fuori dal carcere, ma lui poi la trova nel vortice della droga.

La vicenda risale al 2000. Da allora, c’è stato un cambiamento dello stereotipo delle persone transgender?
Ancora oggi ci sono grandi difficoltà, soprattutto se vieni dall’estero e non hai l’appoggio della famiglia. C’è tanto sfruttamento. Fernanda aveva su di sé tutti stereotipi della discriminazione: prostituta, tossicodipendente e carcerata. Qualcuno potrebbe dire che se l’è cercata, ma ogni volta che vedo un homeless che cammina sotto effetto dell’eroina, mi chiedo cosa l’abbia portato in quello stato. A teatro le persone tifano per lei, quando saluterà il pubblico e la vita c’è un momento di fortissima commozione. Spero che ciò possa servire alle persone per capire quanta sofferenza c’è in questo percorso di transizione, ancora di più se non c’è la famiglia dietro. Vorrei restituire dignità a questa storia, perché non ce l’ha mai avuta.

Che personaggio è, alla fine, Fernanda?
È un misto tra Madame Bovary e Re Lear, tutte quelle persone che impazziscono e pensano di non avere più speranza. Tutte le volte, a fine spettacolo, ho bisogno di restare in camerino per riprendermi, è una storia mi coinvolge tantissimo. Sarei potuta essere anch’io Fernanda se avessi vissuto in un altro contesto. Rispetto a lei, mi sento fortunata e ho il dovere civico di raccontare la sua storia. Negli anni Ottanta ho vissuto anch’io un periodo duro, con questo racconto voglio fare un omaggio a chi ho perso strada facendo,

Si è pentita di aver lasciato impegno politico in un partito, dopo l’esperienza con Rifondazione comunista in Parlamento? Anche per portare avanti questo impegno…
Io ho sempre parlato di questi temi, in tutti i modi sia in Parlamento che in televisione. Ora lo faccio anche a teatro. Cambiano i mezzi ma il messaggio rimane sempre quello di conoscersi di più e non giudicare le persone in modo frettoloso, combattendo il pregiudizio.

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