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Un faro a Gorizia tra culture ed epoche, Monte Santo e il suo fascino senza tempo
La storia del celebre santuario, oggi in Slovenia, affonda le proprie radici nel Cinquecento. Il racconto di Vanni Feresin.
Il Santuario della Beata Vergine del Monte Santo - Sveta Gora in sloveno -, che da secoli protegge le nostre terre, è sempre stato al centro dei grandi eventi che hanno caratterizzato un territorio complesso e ricchissimo di cultura e di storia. Dopo un’attenta ricerca d’archivio e il ritrovamento di alcuni importanti documenti, individuiamo alcune date che hanno segnato in modo indelebile la vita del Santuario: l’apparizione a Orsola Ferligoi (1539), la consacrazione della basilica e il dono dell’effige (1544), l’incoronazione della Beata Vergine (1717), la “Soppressione Giuseppina” (1786) e la ricostruzione (1793), il grande pellegrinaggio dedicato al Pontefice Pio IX (1872), il “trionfale ritorno della Madonna” (1922) e il quarto centenario (1939).
Numerose pubblicazioni hanno narrato nelle varie epoche la storia della basilica - oggi a Nova Gorica - e come si ricorda nel “Compendio Storico della erezione distruzione e riedificazione del Santuario di Maria SS. di Monte Santo sopra Salcano vicino Gorizia”, edito a Udine nel 1841 presso la tipografia di Domenico Biasutti: nell’anno 1539 pascolando sul Monte allora detto dell’acqua la sua greggia, una povera figliuola chiamata Orsola Terligoinizza del vicino villaggio di Gargaro, e trattenendosi questa in preci a Maria Vergine, specialmente per giorno di Sabbato a Lei sacro, d’improvviso le apparve la Madre Santissima, e le ordina di dire al popolo, che le fabbrichi lassù una Chiesa, e le chieda grazie.
Ubbidiente Orsola scende dal Monte, ed a Salcano, ed a Gorizia espone quanto le è stato commesso. Il Governo, di cui era a capo il Conte Gabriele d’Ortemburg, per procedere con le dovute cautele in affare sì grave e straordinario, stimò ben fatto l’assicurarsi della persona di Orsola nelle pubbliche Carceri finchè la sodezza, e la verità della cosa fosse diligentemente assicurata. Mentre si usavano le opportune diligenze ed i necessari esami, occorse che la contadinella fosse ritrovata sul Monte a pascere senza che né per ritrovata rottura, né per provata indulgenza de’ Custodi, si potesse rilevare come uscita fosse dalle Carceri. E due volte alle Carceri ricondotta, due volte fu, come la prima, miracolosamente liberata.
La prima cappella venne edificata lo stesso anno e come si ricorda a pag. 5 del “Compendio”: ora avvenne, che lavorando gli uomini a romper i macigni per eguagliare il terreno, urtò il piccone d’uno di loro in un sasso: questio non cedè, ma fu al colpo scosso dalla terra che da quella parte ricoprivalo, e comparve un sasso di color giallastro, pietra ben lisciata e riquadrata,e, ciò che è più mirabile, si lesse scolpita a lettere fiorate l’Angelica Salutazione: Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, e si rilevava varie figure simboleggianti i diversi tributi di Maria; colombe indicanti la palma di pace che ci presenta; corone che la costituiscono Signora di quanto avvi di più eccellente in terra, ed in Cielo; stelle, che servono di guida sicura a tutti noi miseri naviganti.
Il santuario fu consacrato il 12 ottobre 1544 da monsignor Egidio Falcella vescovo di Caorle, vicario generale del cardinale Marco Grimani, Patriarca di Aquileia. Lo stesso cardinale inviò, proprio per la grande celebrazione, un prezioso dono e cioè un quadro con l’effige della Beata Vergine Maria e il bambino attorniata dai santi Gioachino e Giovanni Battista. I frati minori presero ufficialmente possesso del monastero il 25 febbraio del 1574 anche se l’Arciduca Carlo aveva stabilito, già nel 1566, il loro insediamento con privilegi, diritti, pertinenze e amministrazione assoluta della grande basilica.
Tra il 1609 e il 1732 gli Arciduci Ferdinando III, Leopoldo I e Carlo VI confermarono i diritti acquisiti e minacciarono “i perturbatori di quel Sacro Luogo, assicurando i Pellegrini con la religiosa ospitalità dei Frati”. Venne istituita anche una Confraternita eretta sotto il Patrocinio di Maria Vergine e papa Clemente XII con la bolla Cum sicut accepimus concesse l’indulgenza plenaria con le consuete condizioni “a chiunque visitasse questo Santuario in un giorno dell’anno”. Il 6 giugno 1717 l’effige della Vergine venne solennemente incoronata: questa fu dopo quella di Tersato la prima in tutto l’Impero Germanico solennemente incoronata. Si addrizzò il memoriale al reverendissimo Capitolo di Roma nel 1715.
Ai 22 di Giugno Rescrisse immediatamente al Patriarca d’Aquileja, pregandolo di spedire gli autentici Documenti di quanto asserivano le Padri di S. Francesco Custodi del Santuario per comprovare l’origine, antichità, e molteplicità dei miracoli. Raccolti, spediti, e ricevuti dal capitolo Vaticano, esso decretò che non solo potevasi, ma dovevasi alla solennità dell’incoronazione procedere. Pubblicata dal Pergamo in tutti i dominii dell’Augusta Casa d’Austria; eseguita dal Vescovo Marotti, come Deputato del Capitolo di S. Pietro in Vaticano, scielto da Monsignor Giorgio Spinola Nunzio Apostolico appresso l’Imperatore Carlo VI, il quale Capitolo per lascito ricchissimo fattogli dal Conte Alessandro Sforza deve supplire alla spesa delle Corone da imporsi a tutte le immagini di Maria Vergine celebri per miracoli; assistito dall’Abate Mitrato Fattori, e da Tommaso Gorzer Preposito Mitrato di Seneblin, e Parroco di Villa Vicentina, oltre tutto il Clero Secolare e Regolare, Confraternite, Nobiltà, Truppe, Cittadini, ed immenso popolo: il Governo, tra i quali sono nominati Giovanni Giuseppe Conte di Wildenstein Capitanio di Gorizia, Leopoldo Adamo Conte di Strasoldo Luogotenente in Città, e Francesco Antonio Conte de Lantieri.
La gran piazza della Città, denominata Traunich, fu il luogo destinato alla solennissima funzione (e perciò nella facciata del Palazzo di S. E. il Sig. Gerolamo Conte della Torre, Maresciallo della Provincia, in cui ad eterna memoria vi si vede ancora incisa in pietra l’effigie di M. V. di Monte Santo): fu perciò innalzato un vastissimo Padiglione ornato a modo di Sacro Tempio, con nobilissimo Trono, dove trasportata con somma pompa la sacra Immagine, fu collocata, e col consueto rito, tra spari, evviva, e divote lacrime fu affissa una Corona d’oro alla Beata Vergine, ed altra al Divinissimo Figlio, ammendue arricchite di gemme offerte della Signora Contessa Anna Catterina de Selemburg di Lubiana; e dopo essere stata la Sacra immagine esposta alcune ore in Duomo, poi alla Chiesa delle Monache Orsoline, indi nel Convento di S. Chiara, per soddisfare al divoto zelo di quelle sacre vergini, fu la medesima sera con lo stesso maestoso apparato ricondotta a Salcano nella Chiesa dell’Ospizio dei medesimi Religiosi di Monte Santo, ove egual pompa la mattina seguente fu riportata, ed ivi per otto giorni sopra innalzato Trono collocata, e con ogni genere di funzioni venerata. Tale e tanto fu il concorso in questi otto giorni, che arrivarono al numero di cento e trentatremile le Sacre Particole che pria numerate, e poscia consecrate, furono distribuite ai Fedeli.
Il “Compendio” a pagina 13 sottolinea che imperscrutabili sono li Divini giudizi!, infatti nel 1786 per volontà dell’Imperatore Giuseppe II il tempio – santuario venne abolito e soppresso. I Custodi dovettero disperdersi in altre case e l’immagine della Vergine venne consegnata alla chiesa parrocchiale di Salcano. Questi avvenimenti trovano molto spazio nel Primo Libro delle Cronache del Monastero di Sant’Orsola di Gorizia (1672 – 1801):
1786. La notte dalli 27 genaro fù portato nella Chiesa dalla Villa di Salcano la SS. Vergine del Monte Santo. Il giorno avanti ando monsignor Proposito accompagnato da molti soldati perche si temeva si potessero oponere i villani abitanti in quelle vicinanze. Li Padri Francescani che abitavano sopra quel Monte in un Sontuoso Convento, custodendo quella Beata Vergine Miracolosissima venir dovetero parte in Gorizia nel Convento dei Padri Minoriti, e alcuni rimasero nel Ospicio dalla sopra detta villa, nella qualle risiedevano prima sempre. Fu gietato abasso il menzionato Convento essendo stato venduto assieme con la Chiesa, ed erra l’uno e l’altra assai grande, aveva altari 11 due organi, furono alcuni che esborsarono alquanti cento, e divorarono ogni cosa portando via i materiali, vendendo gli stessi altari e ciò cagionò nel Popolo non piccolo dispiacere, e grande bisbiglio. Il Convento e la basilica valutati oltre cinquecentomila fiorino furono svenduti per soli 1.500 ma le mura della chiesa vennero risparmiate. Dopo la morte di Giuseppe II, avvenuta nel 1790, il conte Raimondo della Torre, Governatore della due Principiate Contee di Gorizia e Gradisca, si adoperò affinché il santuario venisse ricostruito. Nelle cronache delle Orsoline la descrizione di quei fatti è viva e vivace:
1793. Ora convien riguagliare quanto accadde riguardo al Monte Santo stato distrutto nel 1786. nel genaro, come sta scrito, ora daremo velazione con giubilo indecibile universale; che per istanza fatta con impegno sommo di diverse persone Piè, e divotissime di Maria Vergine le qualli esportando il Popolo dalla città, e vilagi anco lontani, è questi infervorati nel voler novamente onorar quel Santuario, con voler ritener la Beata Vergine sopra quel Monte, non ostante che derocato fosse, tutto prometendo di voler contribuir ogni uno secondo le proprie forze, ancora i più miseri villani. Perciò fù risolto nel mese di maggio 1793 l’Imperatore Francesco II il qualle fu accompagnato da calde raccomandazioni dal Vescovo Eccellenza Conte d’Inzaghi, e non meno dal Capitanio Eccellenza Raimondo Conte della Torre, che molto s’adoprarono per secondar le pie istanze che fatte li venivano; Ebbero molte vessazioni e contrarietà.
Finalmente vennero la Sospirata e concordemente implorata grazia; E tosto si diede principio alla restaurazione dalla Chiesa sopra il monte Santo, di maniera che infervoranti i Murator, è quelli che soprasiedono alla Fabrica, e perciò in pocchi giorni rimisero il Balustro, esendo che le Muraglie maestre susistevano; subito formarono un Altare con la Pala di San Michele che datta li fù da noi. Poscia li 23 giugno sopra dello Altare con Solenità grande fu celebrata la prima Messa dal Signor Vicario Generale Crisma, furono due Prediche, e concorso grandissimo di giente, con far copiose Limosine per proseguir l’intrapreso ristauramento di detta Chiesa. E doppo tal giorno continuarono ad ascender quel Monte gran moltitudine di Persone d’ogni genere.
La Pietà delli Fedelli erra singolare à garra tutti concorrevano con quanto potevano chi con Denaro, chi con altri cappi di roba, per sino le piccole Creature portavano secco Sacchetti di Sabione, oltre alcuni Mattoni, Coppi e simili Matteriali, acciò proseguirono il lavoro con celerità, mostrando tutti un sommo impegno, ed ogni giorno vi erano messe al Altare di San Michele, contentandosi la giente di star a Ciel scoperto, mentre erra il Corpo della Chiesa senza teto.
Il Borgomastro di Gorizia e i parroci cittadini supplicarono l’imperatore Francesco II affinché l’Immagine della B. V. venerata ora in Salcano venisse trasportata nella ora abolita Chiesa del Monte Santo non molto da qui discosto. Il sovrano rispose con una circolare bilingue (tedesco – italiano) datata 4 maggio 1793 che accondiscendeva alla richiesta.
Essendovi dunque il piissimo nostro Sovrano Francesco II. compiaciuto di clementissimamente condiscendere mediante la sovraesposta graziosissima risoluzione al desiderio universale degl’abitanti di questo paese, e delle confinanti Comunità di ristabilire liberamente il Santuario del Monte Santo per avanti tanto rinomato; viene resa pubblica tal grazia ad universale gioja, e consolazione spirituale di tutte le anime divotissime della Beatissima Vergine, affinché tutte s’incoraggiscano a contribuire efficacemente e con i spontanei loro lavori manuali, o con somministrare de’ materiali necessarij, o con effettive offerte di dinaro all’erezione di questa fabbrica (…) Il Zelo singolare, con cui il popolo divoto di questa Provincia visitò questo Santo luogo già da tempo immemorabile con tanta frequenza: la grande devozione, che tanti forestieri di luoghi lontani dimostrarono mai sempre a quell’immagine miracolosa della Madre di Dio; e la stessa brama universale di tanti e Sacerdoti, e Secolari d’ogni rango, palesatasi poc’anzi di vedere ripristinato sul Monte Santo il primiero culto e venerazione della gran Madre delle grazie, danno bene a dividere, che moltissimi abbiano effettivamente ottenuti i beneficj implorati in questo Santuario, e che Iddio, sebbene dappertutto è pronto ad esaudire quelli, che con viva fede lo invocano, abbia nondimeno scelto particolarmente questo sito per dispensare innumerevoli grazie mediante il possente patrocinio della Madre sua direttissima (…).
Il 28 settembre successivo don Giuseppe de Gironcoli ricevette dal Reverendo Parroco di quel luogo (Salcano n.d.a.) il sacro deposito verso le cinque della sera, in cui volendosi per l’ora tarda secretamente trasportare, ed evitare i disordini delle non mai ben vinte tenebre notturne, velato il Quadro, a mano veniva condotto verso la Città. Fu però vana ogni cautela, mentre non è sì facile sorprendere la devozione del Popolo. Numerosissimo il corteggio degli accorsi divoti. I Cittadini con torce alla mano. Sul momento suonar i sacri Bronzi, illuminar a giorno le vie sino alla Cattedrale, su cui Altar maggiore, magnificamente adorno, fu collocata; né altro si sentiva risuonare che i sublimi elogi delle Litanie, e la divota recita del Rosario, né fu possibile di chiuder la Chiesa se non dopo le undici della sera.
La mattina seguente, domenica 29 settembre, dopo la solenne messa cantata in Cattedrale iniziò il grande corteo verso il Monte Santo. Tra gli altri si distinse il Supremo Capitanio della Provincia, molti Nobili, ed i più raguardevoli Cittadini, che con ispirito di vera Religione sostennero i non leggeri incomodi di quella Processione in onor di Maria per l’erto Monte, gravissimo, per l’infinita calca, per sopravvenuta pioggia interrotta, e ritardata a Salcano; ma ricomposta, ed in niente diminuita, pervenne al Santo Monte, e collocata sull’Altar maggiore, precorso un Sermone Italiano, si cantò Messa solenne, indi la sacra funzione in lingua Cragnolina, entrambi da Monsignor Vicario Generale recitati.
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