Enrico Mentana al festival 'Mosaici d’Europa', dialogo su guerre e caduta delle ideologie

Enrico Mentana al festival 'Mosaici d’Europa', dialogo su guerre e caduta delle ideologie

IERI SERA

Enrico Mentana al festival 'Mosaici d’Europa', dialogo su guerre e caduta delle ideologie

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 09 Dic 2024
Copertina per Enrico Mentana al festival 'Mosaici d’Europa', dialogo su guerre e caduta delle ideologie

Ieri sera, l’Auditorium della Cultura Friulana di Gorizia ha ospitato l’incontro Guerre e paci. Il direttore del Tg La 7 ne ha discusso con Luca Ubaldeschi del gruppo Nem.

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Qualche anno fa la copertina del numero di dicembre di The Atlantic ce li mostrava trionfanti e vittoriosi. Luca Ubaldeschi ricorda Nicolás Maduro, Aleksandr Lukašenko, Vladimir Putin, Xi Jinping e Recep Erdoĝan che si stagliano su uno sfondo rosso sangue, sovrastati dal titolo “The bad guys are winning”. Si è svolto ieri sera il secondo appuntamento nell’ambito della rassegna “Mosaici d’Europa” organizzata dal Teatri Stabil Furlan all’Auditorium della Cultura Friulana di Gorizia. Un dialogo serrato fra il noto giornalista Enrico Mentana e il direttore del gruppo Nord Est Multimedia Ubaldeschi sullo scottante tema “Guerre e paci”, iniziativa promossa dalla Regione autonoma Fvg, dal Comune di Gorizia, dall’Arlef e Fondazione Carigo in collaborazione con i Comuni di Cormons, Capriva, Vila Vipolže e Kulturni Dom, «Il 48% degli italiani teme ci possa essere una Terza guerra mondiale – osserva il direttore di Nem citando l’articolo di Alessandra Ghisleri – dall’idea di una pace duratura siamo improvvisamente passati a immagini di distruzione e morte».

«Ho le idee chiare – ribadisce Mentana – abbiamo imparato a vivere in un sistema di convenzioni e regole anche quando sembrano sbagliate. Il mondo ha vissuto di questa convenzione generale rispettando le regole per ottant’anni». Fino a quel fatidico 24 febbraio del 2022, quando si sono spezzati gli equilibri mondiali con l’invasione russa dell’Ucraina. «È stato fatto ciò che non si doveva fare, come il tradimento nelle famiglie cattoliche. È vero che c’era stato l’11 settembre e l’Afghanistan, ma tutto sembrava contenibile, e soprattutto lontano dall’Europa, che è stata la nostra grande illusione». Se nel 1945 potevamo contare sulla certezza di un equilibrio e su valori di libertà indipendenza e democrazia, oggi al mondo si contano 56 conflitti, il numero più alto dalla conclusione della Seconda guerra mondiale. Assistiamo inermi al tramonto della “Felix Europa” nel momento in cui la sovranità popolare sembra manifestare una sostanziale debolezza. «I cattivi ragazzi stanno vincendo – riflette Ubaldeschi – Loro che personificano regimi dittatoriali stanno guadagnando un crescente consenso». Inciampi difficili da spiegare, alla luce della vittoria sul nazifascismo dell’ultima Grande guerra.

«Credevamo fosse il finale della Storia – precisa il direttore del Tg La7 – siamo convinti che la democrazia sia davvero il modo migliore di far funzionare il sistema, ma non può essere un guscio vuoto». Secondo Mentana è andata smarrita l’ideologia del Novecento dopo la coronazione delle due battaglie – per ottenere lo statuto dei lavoratori e la legge sul divorzio – quando la democrazia è andata svuotandosi di significato e i partiti sono divenuti “fucine di amministratori del presente”». Le pulsioni delle destre raccolgono in primis la paura della cittadinanza nei confronti dei migranti, oltre che il tema della sicurezza. «Se la sindaca di Monfalcone è divenuta europarlamentare è perché la sua battaglia ha trovato una paura reale nella popolazione – prosegue – mentre sui migranti la sinistra non ha saputo elaborare una posizione diversa». Il giornalista di La7 identifica poi Orbán come il padre del pensiero populista, che «teorizza la famiglia cristiana contro la nuova famiglia e l’Europa della patria rispetto a quella di Bruxelles».

Non fa eccezione il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, individuando attraverso forze populiste e sovraniste una linea di contrapposizione ai migranti. «Guardiamo a quest’uomo, che ai nostri occhi appare ancora oggi discutibile, per sperare nella fine della guerra in Ucraina», commenta Ubaldeschi. Una vittoria assicurata dal 51% degli americani, nonostante i mass media fossero schierati contro, dove a far scalpore è la decisione del Washington Post di rifiutare l’endorcement. A testimonianza di come anche negli Stati Uniti il sogno di un governo popolare sia ormai evaporato. «Le democrazie non sono crepate – specifica Mentana – Sono svuotate, dove a vincere è chi interpreta meglio il sogno popolare». Non va meglio in Italia, che nel 2014 assegnò il 41% dei voti a Matteo Renzi, mentre nel 2018 il 33% votò per il Movimento Cinque stelle.

«La democrazia è diventata il voto per un leader – prosegue – non è più quell’elemento fondante del ’46 – ’47 ottenuto dall’Assemblea costituente, ma qualcosa che porta con sé la fine di quegli elementi costitutivi della nostra convivenza, come l’antisemitismo. L’unicità stessa della Shoah è stata messa in discussione». Una nostalgia per i valori fondanti che evidenzia un vuoto difficile da colmare, dove «la fecondità della passione politica non è più stata seminata». È il 7 ottobre del 2023, quando 1200 persone vengono uccise e altre centinaia prese in ostaggio. «Esistono fortissime prevenzioni verso gli ebrei – rimarca il conduttore televisivo – un sentimento che si è largamente alimentato degli orrori perpetrati dallo Stato ebraico, che ha trasformato il diritto di risposta in carneficina».

Una controffensiva per ribattere all’azione provocatoria da parte di Hamas, messa in conto dai leader Sinwar e Deif. Oggi che la Russia ha perso l’avamposto della Siria, Stati Uniti ed Europa possono permettersi di sostenere Israele solo a patto del fine guerra. Impegnata in Ucraina, la Russia ha lasciato il fianco scoperto creando un varco nel quale cerca d’insinuarsi Erdoĝan, che invece intende regolare i conti con i curdi. «Tutto sembra drammaticamente unito – incalza Ubaldeschi – a novembre abbiamo superato i mille giorni di guerra in Ucraina, dove si continua a combattere e a morire». Sangue che chiama altro sangue e rappresenta «potenzialmente tanto odio per il futuro – risponde di rimando Mentana – Si stanno creando odi insanabili, in una guerra insolubile. Putin va avanti in tutti i modi, chiamando nordcoreani o yemeniti. E poi, con Trump? Un’America che ritrae il suo appoggio a Kiev è fonte di pericolo. Perché la pace esiste se è giusta, altrimenti rappresenta solo la fine della guerra».

In merito al fronte mediorientale ritiene indispensabile la nascita di uno Stato palestinese, spiegando come il termine “genocidio” venga utilizzato in maniera impropria. «Non è genocidio in quanto nessuno ha programmato uno sterminio come fecero i nazisti con gli ebrei, attraverso i campi di concentramento – spiega - chi cita il termine “genocidio” lo fa per antisemitismo». La caduta di Assad dopo il colpo di Stato apre a nuovi scenari, in cui l’interesse della maggioranza possa spingere per ripristinare gli equilibri e mettere in salvo l’Ucraina. «Darla persa a chi è stato invaso significherebbe giustificare un sopruso e creare un precedente», avverte Mentana. Un’impasse di fronte alla quale l’Europa pare costretta a individuare nuove leadership, per evitare che la sua debolezza ceda al dilagare di una sfiducia globale.

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