Endometriosi, l'appello dell'associazione Fvg alle istituzioni a Monfalcone

Endometriosi, l'appello dell'associazione Fvg alle istituzioni a Monfalcone

L'APPOGGIO

Endometriosi, l'appello dell'associazione Fvg alle istituzioni a Monfalcone

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 03 Apr 2024
Copertina per Endometriosi, l'appello dell'associazione Fvg alle istituzioni a Monfalcone

Necessario un approccio medico interdisciplinare contro la malattia. Il sindaco assicura: «Il Comune darà sempre una mano su questo tema».

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È una malattia invisibile, invalidante e che si “scopre” troppo tardi. Colpisce qualcosa come 3 milioni di donne in Italia, vale a dire una su dieci. I tempi medi per la sua diagnostica sono molto lunghi: si tratta di un periodo che va dai sette ai nove anni. Stiamo parlando dell’endometriosi, una malattia severa che influisce sui percorsi di vita personali, sociali e professionali.

Di questo se n’è parlato stamattina attraverso una conferenza stampa indetta dal Comune di Monfalcone impegnato nel sostegno delle attività portate avanti dall’Associazione endometriosi Fvg. All’evento erano presenti il sindaco Anna Maria Cisint, la consigliera Irene Cristin, la presidente regionale del sodalizio Sonia Manente e la dottoressa Cristina Del Neri. Dall’incontro è emersa la necessità del riconoscimento sociale sulla pericolosità e sugli effetti di questa malattia così subdola che – ancora troppo spesso – viene diagnosticata tardivamente.

«È necessario che ci sia un riconoscimento giuridico sulla situazione in cui riversa una donna con questo serio problema di salute – sono le parole della presidente Manente – sarebbero necessarie esenzioni sanitarie o riduzioni del costo dei farmaci per le cure». Il processo patologico che si innesca nelle donne tra i 15 e i 49 anni interessa 259.056 donne nella nostra regione. I sintomi “tipici della malattia” sono dei dolori mestruali molto intensi, nausea, vomito, dolore pelvico, infertilità, dolori da affaticamento e provati durante o dopo i rapporti sessuali, fibromialgie, cistiti e ansie.

Gli organi potenzialmente coinvolti dalla presenza di questa mucosa - che va al di fuori del suo contesto naturale – sono: le ovaie, le tube, l’utero, la vagina, l’intestino, sigma-retto, il peritoneo, i nervi pelvici, i reni, la vescica, ureteri ai quali vanno aggiunte delle rare localizzazioni sui polmoni e sul diaframma. Come sottolineato dalla fisiatra Del Neri, «le ricadute della malattia non influiscono solo a livello psicologico ma anche a livello fisico».

«Manca una diagnosi precoce che va fatta prima dei 25 anni – sono le parole del medico – questo consentirebbe di limitare i danni. Attualmente i gradi di gravità della malattia che sono quattro sono certificati da pochissimi specialisti e i gradi di invalidità riconosciuti si attestano solo tra il 10 e il 30%, un livello insufficiente per il riconoscimento di trattamenti di riguardo per chi viene colpito dalla patologia».

Nel 2011 l’associazione regionale ha collaborato per la stesura della proposta di legge nazionale sul ciclo mestruale che mira all’effettivo riconoscimento dei giorni di malattia imputabili proprio all’endometriosi. Sembra che su questo non si sia raggiunto alcun risultato. Costante è stato anche l’impegno sul riconoscimento dell’endometrio nei Lea, i livelli essenziali di assistenza del Servizio Sanitario Nazionale.

L’obiettivo prefissatosi dall’associazione presieduta da Manente è il raggiungimento del codice 063 per le donne affette dalla malattia che ha raggiunto il terzo e il quarto stadio di gravità. Va anche sottolineato che chi soffre di endometriosi, nel 48% dei casi, ha altre patologie. Nonostante dal 2013 nelle scuole superiori cittadine continuino gli incontri informativi che coinvolgono circa 4mila studenti - ma molto meno le loro famiglie – esiste un pesante 72% di disinformazione sulla malattia.

Oltre a ribadire l’importanza della diagnosi precoce, la dottoressa Del Neri ha insistito sulla necessità della «collaborazione interdisciplinare fondamentale a dare una risposta diagnostica decisiva». «Vanno presi seriamente in considerazione i sintomi disfunzionali – aggiunge la dottoressa – gli specialisti devono collaborare tra loro. È l’equipe che deve ruotare attorno al paziente elaborando percorsi diagnostico terapeutici efficienti in grado di ridurre al sintomatologia algica e i tempi di attesa, ma non solo».

«Il Comune darà sempre una mano su questo tema – ha assicurato il sindaco Cisint – sono necessarie buone e nuove pratiche da mettere in atto e potenziare anche in collaborazione con Asugi». In sostanza, bisogna combattere la diagnosi tardiva. Il primo riferimento di chi è affetto da questo patologia invalidante deve essere un ottimo ginecologo che sappia operare in un gruppo interdisciplinare di specialisti. Il servizio sanitario pubblico ne ha, bisogna esserne consapevoli e farsi aiutare senza paura evitando di cadere nella solitudine.

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