Le donne impegnate ogni giorno nell'agricoltura, storie ed esempi a Gorizia

Le donne impegnate ogni giorno nell'agricoltura, storie ed esempi a Gorizia

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Le donne impegnate ogni giorno nell'agricoltura, storie ed esempi a Gorizia

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 10 Mag 2024
Copertina per Le donne impegnate ogni giorno nell'agricoltura, storie ed esempi a Gorizia

Ci sono circa 203mila donne impegnate in agricoltura in Italia, l'appello alle istituzioni per aiutare il movimento. L'esempio di realtà del territorio.

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Il simbolismo al femminile, quando si parla di coltivare la terra, unisce popoli e culture diverse. Un filo rosso che ha attraversato la storia e che rimane costante ancora oggi, andando oltre la metafora e vedendo sempre più donne impegnate in agricoltura. Un quadro della situazione è stato delineato oggi a Gorizia in occasione del convegno ‘Alle porte d’Europa. Donne, impresa, solidarietà. L’agricoltura modello d’integrazione’, in occasione del 70esimo anniversario del Movimento donne della Coldiretti.

Nella cornice di Palazzo De Grazia, l’associazione di categoria ha riunito racconti d’impresa oltre che la storia stessa del percorso avviato a suo tempo da Emma Schwarz. Un lavoro, il suo, portato avanti ben prima che il Parlamento approvasse il nuovo codice di famiglia come ha ampiamente ricordato dal giornalista Nunzio Primavera. «Dobbiamo ricordarci il momento di passaggio alla fine della Seconda guerra mondiale - così la firma de Il Coltivatore - la quale aveva distrutto il 40% dell’assetto dell’agricoltura».

«Se non ci fossero state donne - ha rimarcato Primavera - l’Italia sarebbe stata alla fame già durante guerra. Loro hanno consentito anche di riprendere l’attività dopo il conflitto». Ricordando il progetto iniziale di unire le diverse anime anti-fasciste in un unico sindacato, la Cgil, dopo aver rimosso il corporativismo del Ventennio, ha quindi sottolineato il ruolo in senso opposto di Paolo Bonomi: nominato commissario della Federazione fascista dei Piccoli coltivatori diretti, aveva fondato la Coldiretti già nel 1944.

«L'agricoltura serve anche per costruire la pace» è stato il pensiero di Patrizia Artico, assessore a GO! 2025 e moderatrice della mattinata. A portare i saluti del Comune anche il suo collega di giunta, Fabrizio Oreti, guardando a un «futuro duraturo». Di certo, nulla è più duraturo della terra e dei suoi cicli, ben conosciuti dalle tante aziende familiari che la lavorano. «La figura della donna, madre e imprenditrice è fondamentale dentro le nostre famiglie» ha sottolineato il presidente locale di categoria, Martin Figelj.

Se per il giornalista Roberto Covaz «il confine non deve spaventare ma far riflettere», la guida naturalistica Sabrina Pellizon ha raccontato la storia delle ‘donne della frutta’. Figure, queste, presenti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sul Collio, che iniziavano la propria stagione a maggio con la raccolta delle ciliegie. Si proseguiva quindi con le pesche e altri prodotti della natura: «Per molte era il primo reddito che portavano a casa dopo l’inverno». Vite contraddistinte dall’impegno, oggi ricordate da un monumento a San Floriano.

Guardando all’oggi, gli esempi di donne-imprenditrici sono stati due. Il primo è quello di Sara Devetak, titolare dell’azienda agricola ed erede insieme alle sorelle della tradizione di famiglia a San Michele del Carso. «In 150 anni - ha raccontato - la presenza delle donne è stata molto importante. A 18 anni avevo quasi l’obbligo di prendere in mano l’azienda agricola di nonno Renato, ho studiato lingue e viaggiato all’estero ma alla fine ho capito che mia vita era qui». A tradirla è l’emozione quando intravede in sala il padre, Avguštin.

L’altro esempio è stato fornito da Mariafrancesca Serra, responsabile nazionale di Donne Coldiretti. Sarda, ha lavorato come architetto a livello internazionale, prima di ritornare sull’isola prima che il padre decidesse di vendere l’azienda. «Le nostre storie - ha rilevato - sono di resistenza. Ci sono 203mila donne in Italia che si occupano di agricoltura. Il 25% di loro sono laureate, anche in campi che non hanno nulla a ché vedere». Ha quindi rivolto l’appello alle autorità: «Anche le istituzioni dovrebbero fare la loro parte».

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