Don Ruggero Dipiazza da 55 anni all'ombra di San Rocco: «Grazie per tutti questi anni, lavoriamo ancora!»

Don Ruggero Dipiazza da 55 anni all'ombra di San Rocco: «Grazie per tutti questi anni, lavoriamo ancora!»

La festa

Don Ruggero Dipiazza da 55 anni all'ombra di San Rocco: «Grazie per tutti questi anni, lavoriamo ancora!»

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 15 Ott 2022
Copertina per Don Ruggero Dipiazza da 55 anni all'ombra di San Rocco: «Grazie per tutti questi anni, lavoriamo ancora!»

Il sacerdote ha ricordato il percorso iniziato nel 1967. «La parrocchia si basa su tre pilastri, la Parola, la celebrazione e la Carità. Qui porte sempre aperte»

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Oltre mezzo secolo di servizio ininterrotto alla comunità di San Rocco e, per metonimia, anche di Gorizia. Monsignor Ruggero Dipiazza, da anni voce indipendente e ruggente di un mondo cattolico in costante subbuglio e movimento, ha festeggiato assieme ai suoi parrocchiani i 55 anni di presenza nella comunità del Borgo, con la B maiuscola, sanroccaro. Classe 1934, il sacerdote è stato ordinato il 29 giugno 1958, venendo assegnato da lì a qualche anno proprio alla parrocchia cittadina.

Alla messa delle 19, accompagnata dalla Corale Santa Lucia che gli ha eseguito la Missa Prima Pontificalis di monsignor Lorenzo Perosi, don Ruggero non ha mancato di sguainare il ferro ancora una volta.

“Indubbiamente 55 anni sono una cifra già significativa per un matrimonio, pensiamo cosa voglia dire per quanto riguarda il rapporto in una chiesa”, ha esordito don Ruggero. “È giusto dire che, come per gli altri così come per me, c’è stato un momento nel quale mi è stato chiesto un atto di obbedienza. Un impegno che ogni sacerdote si prende il giorno dell’ordinazione, ovvero di mantenere verso il proprio vescovo un atteggiamento di obbedienza, di rispetto. Siamo chiamati a dire un sì di consenso: che cos’è l’obbedienza per un sacerdote?”, si è domandato monsignor Dipiazza. “Non è quella del monaco, ad esempio, che è nelle mani dell’abate o del priore ‘tam quam bachulus’, come un bastone che lui può girare. Il nostro è un ‘ossequium rationali’. Mi è stata chiesta? In un caso specifico, sì: quando ero alla Caritas e seguito l’operazione San Giuseppe e mi venne chiesto di andare a Gradisca d’Isonzo. Avrei accettato per obbedienza ma avrei lasciato la Caritas. Lì si fermò tutto”.

Don Ruggero ha, quindi, ripercorso le tappe fondamentali della propria vita sacerdotale. “Sono stato otto anni al Pastor Angelicus, un anno a Monfalcone e poi a San Rocco. In breve, mi sono ritrovato in tutte quelle che erano le attività diocesane, dall’Arte Sacra al Consultorio, sono stato insegnante e decano della città, ma soprattutto parroco. Nel tempo io sono rimasto sempre più radicato nella comunità. Non dimentichiamo che, fino al 2007, ero ancora direttore della Caritas”.

Il sacerdote non ha negato anche qualche difficoltà e ha ringraziato la comunità intera. “Siete stati bravi tenendo duro e accettandomi. Andando avanti con la stessa misura nella quale si vive il proprio crescere, ma anche nel vedere che attorno a te si muove, armonicamente, una realtà umana come può essere la vita della parrocchia. Sono rimasto qui più tranquillamente perché, nel corso del tempo, c’è stato un avvicendamento, dove non c’era qualcuno che spazzava via qualcun altro ma perché c’erano costanti inserimenti di persone che lavoravano assieme e che hanno voluto condividere assieme un percorso di vita comune. Questa è stata la forza, in fondo, perché nel tempo venivano a realizzarsi nuove realtà e queste non morivano su di sé ma alimentavano nuove forme di collaborazione, nuove modalità di presenza, nuove realtà che rinnovavano il parco delle persone, l’impegno e il servizio. Provate a pensare il Centro per le Tradizioni, che prossimo anno festeggerà i 50 anni di vita, rimanendo un grande sostegno alla parrocchia. Ma soprattutto una realtà indipendente su tutti i piani, capace di gestire lo spazio e fare la propria parte”.

“Nove anni fa l’arcivescovo mi avrebbe voluto mettere in casa di riposo: ringraziando Dio non è successo ma non si sarebbe creato il vuoto attorno. Tra di noi rimane vivo il rapporto, con una definizione che è quella delle ‘porte aperte cioè che non è mai stato chiuso il portone né le porte in 55 anni. Non c’è stata mai, da parte mia, l’idea che avrei dovuto cautelarmi. Le porte aperte dicono che ancora oggi, a distanza di più di mezzo secolo, l’idea che ci possa essere un luogo all’interno del quale si possa trovare un aiuto, un sostegno, esiste e può funzionare ancora”, così ancora don Ruggero.

Il sacerdote si è detto “non un cultore dell’aspetto ecclesiastico bensì l’ecclesiale, ovvero una famiglia di persone che si ritrovano in Cristo, non nell’istituzione, che è un servizio. Nel momento in cui l’istituzione diventa qualcosa di statico autocelebrandosi ha già fallito la propria missione. Gesù non voleva una Chiesa del genere ma che le persone potessero ritrovarsi nella sua Parola e nel suo insegnamento”.

Tre i pilastri per la parrocchia secondo don Ruggero: “L’attenzione della Parola è sempre stata curata così come la celebrazione, seria, vissuta bene ma con convinzione e con la dignità seria del celebrare. Infine, la carità, che illumina in ogni caso il nostro lavoro. È chiaro che se posso essere una mano che si rivolge al prossimo è perché mi avete sempre dato la possibilità di farlo”.

Al termine della celebrazione don Ruggero, salutato da numerosi applausi, ha richiesto che le offerte raccolte stasera e domattina possano essere donate alla comunità missionaria seguita da don Benedetto, sacerdote che già aveva dato il proprio apporto qualche anno fa alla parrocchia goriziana.

"Sono stati anni belli - ricorda il Centro tradizioni in una nota - entusiasmanti, ricchi di attività e fantasia che hanno guardato al di là dei confini del borgo per abbracciare l’intera città e talvolta oltre. Non è esagerato dire che la parrocchia è stata, e lo è ancora, la più attiva del decanato di Gorizia coinvolgendo in progetti lungimiranti e attenti al bene comune, centinaia di persone che, a vario titolo, hanno contribuito a rendere questa realtà un punto di riferimento prezioso per tutti".

Nel corso dei decenni, non sono certo mancati momenti complicati "nei quali don Ruggero - prosegue il ricordo - ha messo in evidenza le sue grandi doti di uomo di fede, fattuale e non parolaia, e la grinta, rendendo anche le difficoltà momenti preziosi di crescita per tutta la comunità". Domani sera sarà quindi anche l'occasione per ringraziare il prete, "per il dono che è stato, e che continua ad esserlo, per la parrocchia e per tutti coloro che lo hanno incontrato".

Domani, alla messa delle 10.30, il celebrante ricorderà ancora questo anniversario e alla fine della stessa ci sarà un momento di festa in cortile per stare insieme a lui e festeggiarlo con calore. Il pranzo sarà offerto proprio dal Centro per le tradizioni e distribuito dai volontari dell'associazione. Nel corso della sua vita, don Ruggero ha ricevuto anche il titolo onorifico di Cappellano di Sua Santità, nel 1999, concesso a sacerdoti diocesani ritenuti meritevoli. 

Foto di Andrea Nicolausig. 

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