Il sacerdote
Don Nino Bearzot, una vita per la comunità di San Lorenzo Isontino
Il prete, per 25 anni alla guida del paese, è stato ricordato con un volume.
Libro in quarto, 160 pagine: la parrocchia di San Lorenzo Isontino, ha voluto dedicare a don Nino Bearzot (Aiello 1935 - San Lorenzo 2011) una corposa testimonianza di vita con tantissime foto palpitanti e brevi testi incisivi.
Venticinque anni alla guida della parrocchia, una vita intera quella di don Nino a San Lorenzo, uno dei paesi chiave della sua opera pastorale (l’altro è stato, a lungo, Isola Morosini).
“Insegnava con le parole e con l’esempio, correggeva con vigore, seminava con saggezza”: è la sintesi di un’opera pastorale diretta, vissuta intensamente con la comunità, in ognuno dei suoi variegati aspetti religiosi, spirituali e quotidiani.
L’ampiezza e la profondità del suo impegno pastorale e sociale si respirano in tutti gli scritti provenienti dai vari settori della parrocchia. Del resto, era la sua formazione che lo faceva muovere così: aveva studiato nell’ambito della sociologia, aveva operato nel campo della socialità (era stato assistente diocesano delle ACLI), ed era proprio “uno di paese”, schietto e a volte ruvido.
Era uno dei sacerdoti la cui vocazione era nata dalla penetrante opera pedagogica e spirituale vissuta ad Aiello grazie al grande parroco, e formatore di anime, che fu don Giovanni Diodato.
Le foto e gli scritti fanno capire che non c’era ambito in cui don Nino non avesse lasciato la sua impronta di uomo attivo e sacerdote con un forte senso della “paternità”.
Prime comunioni, calcio, feste del ringraziamento, pellegrinaggi, gemellaggi, gite, processioni: le foto raccontano con il loro linguaggio e quello che manca esce dai testi.
Sapeva suonare organo e fisarmonica, amava la musica e aveva saputo promuoverla nel coro: “chi canta prega due volte”, ripeteva nelle sue frasi proverbiali. Una di esse investiva il lato morale e spirituale della vita: “Il peccato è l’omissione del bene”, difatti non basta non fare il male per essere cristiani, ci vuole una vita attiva. Tale è stata la sua, in tutte le manifestazioni.
Fede e buone opere, tante buone opere con il “suo” paese: concrete nell’investire negli edifici (chiesa, campanile, canonica, ricreatorio, fin nel capitello di Santa Eurosia), vissute nell’insegnamento, promosse nella solidarietà, non solo locale (pozzi e altre opere nel Togo).
“Fedele e coerente al suo stato sacerdotale” lo hanno definito i suoi confratelli don Sambo e don De Nadai, “Pellegrino di fraternità ecumenica” è stato un altro lato della sua personalità.
Questo bel libro (coordinato da Feliciano Medeot), che bene dipinge la sua vita intensa e senza risparmio di energie, è un libro di affetto e di impegno, concluso da un patetico “Mandi” in friulano, che è un commiato, ma anche un desiderio di continuare una presenza, in modo che da lassù… “al dedi una cucada ogni tant al nestri pais e a la nestra int”, dato che “di cumò, plui che di prima, a vin tant di bisugna di Lui”!
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