La danza di Anbeta a Monfalcone: «Il palco non mente, il pubblico ha l’ultima parola»

La danza di Anbeta a Monfalcone: «Il palco non mente, il pubblico ha l’ultima parola»

L’INTERVISTA

La danza di Anbeta a Monfalcone: «Il palco non mente, il pubblico ha l’ultima parola»

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 21 Set 2024
Copertina per La danza di Anbeta a Monfalcone: «Il palco non mente, il pubblico ha l’ultima parola»

Prima gli studi all'Accademia di Tirana e il perfezionamento in Azerbaijan. Poi l'esordio in tv con Amici: la ballerina e il suo compagno Macario si raccontano.

Condividi
Tempo di lettura

Oggi ha il ruolo di prima ballerina in molte opere teatrali in tutta Italia. Anbeta Toromani è la danzatrice che il pubblico italiano conosce soprattutto per la sua partecipazione al programma tv "Amici di Maria De Filippi" dove ha esordito e ballato come allieva, poi per diversi anni ha fatto parte del corpo di ballo e successivamente – da professionista – vi ha preso parte come docente ospite. Ieri ha portato la sua arte sul palco del Festival della danza a Monfalcone.

Tralasciando per un attimo la memoria comune del pubblico spettatore, va precisato che in realtà il suo percorso formativo e artistico è cominciato già prima del talent tv italiano con i cinque anni di studio all’Accademia di Tirana più un ulteriore anno di perfezionamento e approfondimento in Azerbaijan. Alcune ore prima dell’inaugurazione della decima edizione della rassegna, abbiamo incontrato l’artista affiancata dal suo compagno di vita – anche lui ballerino – Alessandro Macario e le abbiamo fatto qualche domanda per conoscerla meglio.

Dopo tanto studio, c’è stato il teatro. Poi la Tv con Amici, ma il grande amore – e il contesto caratterizzante – del teatro. Ci racconta un po' della sua storia? Quanto deve ad Amici? Cosa ne pensa di come sia cambiata la trasmissione nel tempo?
«La mia storia d’amore per la danza nasce quando avevo dieci anni. Prima di arrivare in Italia ho studiato molto. Devo ad Amici buona parte della mia popolarità. In quel contesto ho continuato a lavorare per dieci anni da professionista. Ho vissuto tanti anni di sacrifici. Per andare avanti ci vogliono carattere e personalità da saper restituire al pubblico».

Cosa consiglierebbe a un giovane interessato ad intraprendere un percorso professionale come il suo?
«La danza è in continua evoluzione. Per esempio, la valutazione dei canoni fisici è cambiata. Ormai sono diversi. L’altezza non è più un difetto. È cambiato l’approccio alla tecnica». «Si è persa un po' di artisticità – interviene Macario - si bada più al virtuosismo che alla parte tecnica. Si studia la tecnica, ma meno la storia dell’arte della danza o la musica».

La sua carriera in teatro ha vissuto la sua piena espansione dopo la presenza in televisione. Il ritorno effettivo al suo grande amore sul palco in spettacoli come “Romeo e Giulietta”, “Lo Schiaccianoci”, “Coppelia”. Cosa porta con lei, cosa trasmette una volta salita sul palco e alzato il sipario?
«Ogni spettacolo ha un sentimento diverso. Dipende dal ruolo che ti porta in scena. Ognuno di noi ha sensazioni diverse. Sento sempre tensione e responsabilità verso il pubblico. Ogni volta è come se fosse la prima. Dal palco il pubblico ha bisogno di vedere e leggere cose vere, di sostanza e piene di contenuto».

Ha o avete vissuto contesti difficili o momenti di prova complicati?
«Qualsiasi cosa è difficile se la vuoi fare bene. Al pubblico va sempre comunicato qualcosa». «Capita di lavorare anche con maestri e coreografi ai quali non piaci» aggiunge Macario. E ancora Anbeta: «La sfida è mantenere il lato professionale senza far prevalere il lato umano che ti porterebbe ad avere altre reazioni. La disciplina e il valore della gerarchia sono fondamentali. Poi il palco non mente, è il pubblico la misura più onesta che ha l’ultima parola per noi».

La danza, attraverso il gesto e l’emozione, dimostra di saper parlare a chiunque e per alcuni giorni diventa protagonista sul palcoscenico così come per le strade e nelle piazze. Seduce con la sua magia anche chi non è particolarmente appassionato. Tutto questo – in buona sostanza - andrà in scena fino a domenica anche qui a Monfalcone…
«Giovedì sera a teatro abbiamo presentato Preludes che abbiamo già portato un po' in tutta Italia. Siamo fieri del lavoro fatto per proporre questo spettacolo. È essenziale, non ha fronzoli. È danza pura. All’inaugurazione proponiamo una coreografia della maestra Alessandra Celentano sulla musica di “Nel blu dipinto di blu” arrangiata dal maestro Luca Longobardi». Poi la precisazione del compagno: «Noi andiamo sempre in tutte le piazze, anche nelle più piccole come questa per contribuire a divulgare quest’arte e l’istruzione all’arte della danza». «Sono importanti confronto e crescita – riprende Anbeta – non è importante su quale palco ti esibisci, ma farlo onestamente».

Cosa ne pensate del panorama della danza che si è delineato in Italia? Le realtà sono diverse: alcune sono felici e fiorenti; in altre, ci sono compagnie che chiudono per le difficoltà del settore…
«Qualcuno sente ancora la nostra voce?» ironizza Anbeta che prosegue: «Sul futuro dovrebbe parlare chi ha più peso. Spesso conta più la poltrona che la parola. Sono in Italia da 23 anni e ho riscontrato che la danza ha avuto un cedimento. I ragazzi studiano e questo è un bene, ma qui non c’è lavoro e si va all’estero». «Andare fuori – precisa Macario – deve essere una scelta, non un obbligo».

Lei ha difronte a sé molte allieve. Quanti sacrifici secondo lei sono disposte a fare le ragazze per raggiungere i loro obiettivi, in questi tempi in cui la celebrità è legata all' apparire sui social e al numero di visualizzazioni? Quali sono le caratteristiche ideali per esprimere questa forma d’arte sul palco?
«Ognuno di noi appartiene a una generazione. Bisogna vivere con i propri occhi. Io per esempio faccio fatica a stare al telefono, non sono social. È parecchio riduttivo fermarsi all’apparire e alle pubblicazioni dietro alle quali magari c’è tanto altro. Palcoscenico e fotografie sul telefono sono due cose diverse. Esprimono i nostri pensieri, ma i ragazzi devono scoprire cosa e quanto è utile come strumento. Bisogna impegnarsi, studiare e fare fatica».

Ha collaborato Eliana Mogorovich, foto di Daniele Tibaldi

Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.

Articoli correlati
...
Occhiello

Notizia 1 sezione

...
Occhiello

Notizia 2 sezione

...
Occhiello

Notizia 3 sezione