l'investimento
La Coveme sale a 11 linee di produzione a Gorizia, fatturato da 150 milioni

L'azienda produce e trasforma film in poliestere, attesi ulteriori posti di lavoro. Il ceo Maccolini: «Questo sito rimane strategico».
Appare ben radicato a Gorizia il futuro della Coveme, azienda nata a San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna, ma dal 1996 presente nella zona industriale di Sant’Andrea. Ammonta a 15 milioni di euro, infatti, l’investimento portato a termine dal colosso della chimica per realizzare la nuova linea 11 per il trattamento superficiale e conversione del film di poliestere. Un mercato prettamente internazionale quello di riferimento, tanto che l’export pesa per il 90% sul fatturato da 150 milioni di euro nel solo 2022.
La nuova ala dell’azienda, situata in via Gregorčič, è la terza unità su tre ed è stata realizzata prevedendo anche una dodicesima postazione. A illustrare l’opera è stato questa mattina l’amministratore delegato del gruppo, Andrea Maccolini (nella foto), che da oggi a mercoledì incontrerà nello stabilimento anche clienti da tutto il mondo per presentare la novità. Attualmente in fase di collaudo, si punta a rendere operativa la struttura già nelle prossime settimane con un periodo di prova, rivalutando di conseguenza anche la mole di lavoro.
“A Gorizia - così Maccolini - contiamo 170 dipendenti. Siamo in fase di crescita e sviluppo, puntiamo a raggiungere prossimamente il ciclo continuo con tre turni su cinque giorni lavorativi”. Non si sbilancia però a fare una stima di quanta forza lavoro ulteriore servirà all’azienda da qui ai prossimi mesi, non negando che comunque la ricerca e soprattutto mantenimento di operai è difficile: “Non cerchiamo figure di basso profilo, ma tecnici che sappiano gestire una tecnologia complessa con molta meccanica ed elettronica”.
Richiesta, inoltre, la disponibilità a lavorare su turni. Sebbene sia presente una quota importante di operai che lavorano qui da aziende dell’indotto, l’obiettivo è quello di incrementare la quota interna per soddisfare la richiesta del mercato. Dall’altra parte ci sono le difficoltà degli ultimi anni, a partire dalla pandemia, anche se la nuova linea è nata proprio durante quel periodo: “Noi non ci siamo mai fermati grazie ai nostri codici Ateco. Anzi ci è stato possibile fare delle prove e studiare nuove soluzioni da sviluppare”.
Una di queste era proprio la crescita dell’area, sul fianco che da sulla prossima centrale a gas. Il tema energetico è centrale nella nuova progettazione, in quanto nella 11 - così come in gran parte delle altre linee - sono presenti tre forni alimentati a gas. “Abbiamo seguito quattro pilastri: innovazione, efficienza, qualità e sostenibilità”. L’ultimo, in particolare, mira a ottenere un risparmio con il recupero dei residui di solvente dai fumi prodotti, così da riuscire a pre-riscaldare la macchina e ridurre ulteriori emissioni.
In ogni caso, i forni pesano per un terzo sul consumo della linea. Oltre agli aspetti tecnici, il ceo ha evidenziato la ramificazione della Spa, che a Gorizia vanta la sede legale da vent’anni. Mentre il quartier generale è rimasto a Bologna dal 1965, un ulteriore stabilimento è stato aperto in Cina - con 70 dipendenti - mentre la controllata Upco (presente anche lei in riva all’Isonzo) sta aprendo una filiale anche negli Stati Uniti. Una rete che ha avuto l’estremo Nordest come perno: “All’epoca la città fu scelta perché favorevole con gli sgravi doganali per l’import”.
Oggi, senza più Zona Franca, il sito e la regione rimangono comunque strategici “per la presenza del porto e la facilità di colloquio con le istituzioni per ottenere i documenti necessari”. I problemi di circa dieci anni fa, quando il fatturato triennale si ridusse di quasi il 40% e ci fu il rischio esuberi in via Gregorčič, appaiono quindi lontani. Ora le due aree principali di lavoro, laminazione e coating (ossia rivestimento), hanno commesse internazionali e una minima parte rimane in Friuli Venezia Giulia, soprattutto nel distretto del mobile.
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