Comitato fermo sull'ex ospedale di Gorizia, «ecco perché non va demolito»

Comitato fermo sull'ex ospedale di Gorizia, «ecco perché non va demolito»

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Comitato fermo sull'ex ospedale di Gorizia, «ecco perché non va demolito»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 04 Giu 2024
Copertina per Comitato fermo sull'ex ospedale di Gorizia, «ecco perché non va demolito»

Costruito nel 1935 ed entrato in esercizio effettivo nel 1957 a guerra conclusa, per il comitato le mura dell'edificio hanno ancora molto da raccontare.

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L’utilizzo di ingenti risorse pubbliche dovrebbe essere un’azione partecipata, viene più volte ribadito. «Progetti imponenti come quello del campus, che modificano l’assetto urbanistico della città, dovrebbero trovare il consenso dei cittadini». Non ha dubbi la referente del Pd per Sanità e sociale Adriana Fasiolo, che ieri alle 17:30 ha preso parte all’incontro organizzato dal comitato “No alla demolizione dello storico ex Ospedale civile di Gorizia” svoltosi presso il Trgovski Dom.

A sbarrare la strada al referendum richiesto a gran voce è il consiglio comunale, che lo considera «inammissibile» in quanto «non coinvolge solo l’amministrazione comunale, ma anche la Regione». Un comitato che invoca a chiare lettere la revisione della variante urbanistica da ospedale a polo scolastico: «Noi ribadiamo la destinazione sanitaria - sottolinea l’architetto Romano Schnabl di fronte alla ricusa del consiglio – È possibile fare ricorsa al Tar, ma non è l’aspetto più significativo».

A emergere è la perplessità del comitato di fronte alla gestione dei fondi per l’abbattimento di un edificio «inizialmente destinato a carcere europeo, poi a università slovena, infine a centro giovanile», prima di essere messo all’asta con una base di 24 milioni. «Oggi ci troviamo di fronte a un’ipotesi di demolizione per cinque milioni di euro. Ma è davvero da demolire? Sono stati condotti degli studi in merito?». Costruito nel 1935 ed entrato in esercizio effettivo nel 1957 a guerra conclusa, le sue mura hanno ancora molto da raccontare.

Poco più di 50 anni che testimoniano la storia di una sanità - oggi traslocata al San Giovanni di Dio – in cui la cappella attende un restauro, più che una demolizione, così come le cucine e i sotterranei. Fra queste, anche la cappella mortuaria con il suo istituto di Anatomia patologica in disuso, magari da destinare a studenti di Medicina. Per non parlare del verde: un parco di dodici ettari - l’equivalente di 20 campi da calcio – che rappresenta un autentico polmone verde, costellato da pini, cedri, tuie, abeti rossi, platani, aceri ornamentali e tanti altri preziosi esemplari che offrono riparo agli uccelli e contribuiscono a rendere l’aria migliore.

Mentre a conti fatti, la demolizione comporterebbe la produzione di 85mila metri cubi di rifiuti molto probabilmente contenenti amianto – che necessita di una bonifica speciale e le cui fibre, una volta danneggiate le strutture, rischiano di essere disperse nel vento – Cinque piani di 21mila metri quadri, da riqualificare anziché abbattere. «E poi, dei due edifici scolastici che ne sarà? – si domanda Schnabl – Dobbiamo considerare il trend demografico in calo. Riqualificazione non è costruire nuovi edifici, ma fornire un’offerta formativa migliore». A evidenziare le caratteristiche costruttive dell’ex ospedale è l’ingegnere Franco Della Francesca, che ricorda i due fondamenti alla base dell’edificio: «durabilità – resistenza agli eventi – e il consentire di apportare modifiche per eventuali nuove esigenze».

Una struttura a doppia croce di Lorena collocata in zona sismica “due” – medio rischio - Costruita in cemento armato e laterizio di grosso spessore, a formare «parallelepipedi» collegati «da connessioni labili, che non s’influenzano l’uno con l’altro». Gli intersoffitti di 3 metri consentirebbero facili modifiche, per un bene che ha un valore di 20 milioni di euro e il cui abbattimento e ricostruzione comporterebbe una spesa di 22 milioni «solo per uno dei due istituti». Una struttura da destinare a «guest house per insegnanti, oppure a casa dello studente, a palestre – propone Della Francesca, ricordando poi la direttiva approvata dall’Unione europea – Con marzo 2024 l’Ue ha approvato la limitazione del consumo di suolo, da azzerare entro il 2050. Stiamo lasciando 22 milioni di debito a chi ci seguirà».

Un luogo che invecchia e sta via via divenendo «città di anziani» - sostiene Fasiolo – E citando Albert Einstein Laura Zulli rimarca la necessità di agire: «Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che fanno del male, ma a causa di coloro che guardano senza fare niente». «Il coraggio è costruire insieme – prosegue mostrando le immagini di Pompei Scavi e altri templi antichi – Se dovessimo distruggere tutto quello che non è nuovo non avremmo le grandi opere conservate», ironizza, richiamando il caso di Cetto La Qualunque - che propone resort al posto delle colline – Diverse le ipotesi proposte dal medico in quiescenza.

Dall’area trasformata in centro di riferimento regionale di ambito sanitario – dove svolgere corsi di formazione anche per il personale sanitario – a quella per attività transfrontaliere, che sviluppi una «Schengen della sanità». Trova spazio anche la proposta di accogliere progetti socioassistenziali, con centri diurni che possano accogliere anziani e malati di Alzheimer o fungere da centri dia riabilitazione. Fra le altre idee spicca quella di realizzare un’area di innovazione tecnologica e digitale, costituendo un centro per la telemedicina o le scuole di formazione. «L’ospedale di Šempeter non è tanto grande – prosegue Zulli - c’è bisogno di potenziare le attività transfrontaliere».

«Siamo stati convocati dal comitato, ci hanno fornito un giorno soltanto, per replicare», spiega l’avvocato Livio Grapulin. Necessario il parere dell’Edr, dunque, laddove «il Comune prende atto della contrarietà della cittadinanza». «Abbiamo cercato di sfondare un muro di gomma – dichiara la dem Laura Fasiolo – ma le nostre domande venivano sempre banalizzate. In merito alle fibre di amianto, dicono che verrà tutto sotterrato. Le stesse risposte sono state date dall’assessore (alle infrastrutture) Amirante in Consiglio regionale».

«Ci dispiace che le nostre richieste vengano banalizzate, per la giunta era un’opportunità. Perché non tener conto della caserma del Fante? Avrebbe potuto contenere lo Slataper e il Galilei. La regione ha ammesso che si trattava di una proposta da parte della provincia». Concorde la consiglier Rosy Tucci (Gorizia è tua), secondo cui «l’errore più grave è stato il non aver coinvolto per tempo i soggetti interessati, vale a dire le scuole della città. Hanno mai chiesto ai nostri studenti quali sono i loro bisogni? Un campus prevede attività pomeridiano, mentre molti studenti pendolari sarebbero penalizzati».

«Ci sono tanti altri spazi vuoti da prendere in considerazione, come ad esempio l’Expomego. Gli studenti iniziano a scarseggiare, già il prossimo anno saranno in numero inferiore. Viviamo in una città di fiabe, con tanti punti contraddittori». Il consigliere Andrea Picco (Noi mi noialtris Go) sottolinea invece come «le cose che vogliono fare demolendo si possono fare ristrutturando. Non serve abbattere. Ecco perché abbiamo bisogno di voi: è solo l’iniziativa popolare che può arrestare l’avanzata burocratica e amministrativa».

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