Come offrire un giornalismo più responsabile, le proposte dell'Ucsi Fvg

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Settimane Sociali dei Cattolici in Italia

Come offrire un giornalismo più responsabile, le proposte dell'Ucsi Fvg

Di REDAZIONE • Pubblicato il 05 Lug 2024
Copertina per Come offrire un giornalismo più responsabile, le proposte dell'Ucsi Fvg

Presentato il documento 'Oltre le 5W, 5M per un giornalismo più responsabile'. Così i giornalisti sono chiamati a fare di più: il confronto nel settore.

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Tra i numerosissimi eventi e spazi culturali offerti dalla 50esima edizione delle Settimane Sociali dei Cattolici in Italia, ospitata a Trieste ed incentrata sul tema “Al cuore della Democrazia”, non è mancato un contributo proveniente da alcuni giornalisti del territorio monfalconese,  goriziano e sloveno. Questi, attraverso l’Unione Cattolica della Stampa Italiana del Fvg, hanno preso parte all’evento deontologico “Giornalisti sentinelle dello Stato di salute della democrazia. Oltre le 5 W, 5 M – more – per un giornalismo responsabile”. L’evento è stato organizzato dall’Ordine regionale dei giornalisti - rappresentato dal suo presidente Cristiano Degano - assieme all’Ucsi nazionale ed Fvg.

Ad aprire ed introdurre l’incontro, è stata la vicepresidente dell’Ucsi Maria Luisa Sgobba, che in sintesi ha parlato dell’apertura di «un terzo tempo per il giornalismo italiano» necessario per «superare il giornalismo che parteggia» per dare spazio alla pluralità di voci e linguaggi. Un concetto ripreso dal presidente nazionale di Ucsi Vincenzo Varagona che ha colto – sin dall’inizio del suo incarico – le urgenze avvertite dai giovani giornalisti e da quanti aspirano a questa professione. Di qui l’avvertimento del bisogno di una «sterzata dello stile professionale» che va rafforzato dal giornalismo costruttivo, come elemento di rinnovo. Da questo, scaturisce anche il fenomeno dell’uscita dal “recinto del mondo strettamente cattolico” verso i colleghi “generalisti”. Per Varagona «va restituita anima alla professione e vanno accorciate le distanze con l’opinione pubblica».

L’elaborato delle 5 M che è stato presentato, è avvertito quindi come un mix di creatività, sintesi e passione che ha visto protagonisti tanti giovani giornalisti che coordinati dai colleghi Giuseppe Delle Cave, Renato Piccoli e Naike Monique Borgo hanno prodotto un position paper, strumento propostosi come un contributo per costituire il Manifesto per un Giornalismo Responsabile. «L’Unione Cattolica della Stampa Italiana non può mancare nel dare il suo contributo a questa 50esima Settimana Sociale dei Cattolici in Italia – sono le parole del presidente di Ucsi Fvg, Salvatore Ferrara - fa la sua parte promuovendo questo incontro deontologico che ci aiuta a ragionare su quali sono le necessità della nostra professione. Per essere “Sentinelle dello Stato” bisogna prima di tutto rendersi conto dello “stato di salute del giornalismo”. Come sta il giornalismo italiano? Cosa vive il giornalismo in Italia?».

«Il “laboratorio diffuso” che è nato dall’esperienza dell’ultima Scuola di Giornalismo di Ucsi ad Assisi – continua Ferrara - ha coinvolto un buon numero di giovani giornalisti ed aspiranti che hanno prodotto questo piccolo volume. È fresco di stampa, curato da Ucsi Nazionale è stato stampato a Gorizia, si tratta di una proposta nata dalla constatazione del fatto che se il giornalismo vive tempi “di affanno”, allora è proprio in questo momento che i giornalisti sono chiamati a fare di più».

Per Delle Cave, è dunque necessario arginare i processi di polarizzazione che inaspriscono il mondo dell’informazione. Il giornalismo vive una «transizione umana» ma se si distrae, la democrazia va in crisi. Piccoli definisce questo primo prodotto «l’inizio di un processo» che deve saper essere avvertito e colto dai cittadini – lettori. Un concetto, quest’ultimo, ripreso anche dal segretario nazionale di Ucsi, Salvatore Di Salvo che ritiene che il rapporto va tenuto ben saldo per «recuperare il ruolo del giornalismo all’interno del sistema democratico».

«Questo documento invita a fare di più in termini di domande da porre, di più tempo per verificare ed approfondire, di più linguaggi da adottare ed offrire, di più tutele da garantire a difesa di diritti e libertà – sottolinea il presidente Ferrara – il tutto questo va unito all’umanità, una condizione da riscoprire e che va iniettata nelle nostre giornate di lavoro. Di questo valore, nello specifico, si sono occupati i Giovani Ucsi dell'associazione regionale: Julija Cotič, Serena Queirolo e Ivan Bianchi.

Assieme a loro, hanno partecipato suor Naike Borgo dal Veneto e Roberta Carlucci, dalla Puglia. Questa fase ha visto i componenti riunirsi in presenza, almeno per chi geograficamente si trova vicino, consentendo sia a giornalisti rodati che a quelli in erba di rileggere la professione con gli occhi curiosi e appassionati, non solo dello studioso ma di chi vede nel giornalismo una fucina ardente e non un mero lavoro da scrivania». Fare domande non è facile ma è fondamentale. Vedere con i propri occhi per approfondire, si deve. Non bisogna correre il rischio di omogeneizzare e uniformare l’informazione. È inoltre necessario ridurre i rischi a cui può condurre una eccessiva disintermediazione.

Lavorare per un giornalismo responsabile è quindi ancora possibile secondo il presidente regionale di Ucsi. «Riempire le colonne dei nostri giornali solo con semplici parole, non basta. Bisogna “metterci la vita delle persone”. Come? “abitando i luoghi”. Ce l’ha chiesto a maggio monsignor Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, che ci ha ricevuto in udienza. Con lui abbiamo condiviso problemi e questioni aperte, ma anche speranze ed attese alle quali siamo chiamati a dare risposta». Il corso ha visto una buona partecipazione è uno stimolante dibattito finale dove la parresia non è mancata e dal quale i presenti hanno convenuto sul fatto che non si accettano “deleghe in bianco” e che i giornalisti non possono diventare dei “passacarte”. Ora – come suggerito dall’intervento di Padre Francesco Occhetta - «bisogna fare alleanze» per portare avanti questi valori e «fare diventare cultura quanto vissuto sulla propria carne».

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