Come cambia il racconto della Grande guerra, 100 anni di memorie a Gorizia

Come cambia il racconto della Grande guerra, 100 anni di memorie a Gorizia

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Come cambia il racconto della Grande guerra, 100 anni di memorie a Gorizia

Di Eliana Mogorovich • Pubblicato il 12 Lug 2024
Copertina per Come cambia il racconto della Grande guerra, 100 anni di memorie a Gorizia

Aperta la mostra sulla storia del museo, nato a Palazzo Attems e poi trasferito in Borgo Castello. La ricostruzione delle sale tra cimeli e digitale.

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Un centenario è sempre un evento di rilievo, ma celebrare quello di un museo è un’occasione per ripensare al percorso fatto da un’istituzione culturale, tanto più se si tratta di una collezione il cui valore è mutato nel tempo e il cui nome originario avrebbe oggi una diversa connotazione. Verrà inaugurata oggi (venerdì 12 luglio) la mostra “Memorie di un museo. 1924-2024: il racconto della Grande Guerra”, esposizione con cui Erpac vuole omaggiare il secolo di vita di quello che, cento anni fa, era il Museo della Redenzione di Gorizia.

L’esposizione, ospitata al piano nobile di Palazzo Attems Petzenstein, intende ripercorrere la storia di quella che è la collezione più amata dei Musei Provinciali riproponendone gli storici allestimenti grazie a uno scenografico percorso bilingue italiano-sloveno messo a punto da Alessandra Martina, curatrice del museo della Grande guerra, e realizzato dall'architetto Chiara Lamonarca e dallo Studio +Fortuna.

Nella preview di questa mattina riservata alla stampa, la direttrice dei Musei Provinciali Raffaella Sgubin non ha mancato di sottolineare come questa iniziativa sia un modo per tenere vicino e vivo il Museo della Grande guerra. Il quale, al momento, risulta chiuso a seguito dei lavori che porteranno all’abbattimento delle barriere architettoniche nell’articolata sede di Borgo Castello. Il dettaglio del percorso espositivo è stato illustrato dalla curatrice. La mostra prende le mosse dai motivi che hanno suggerito l’apertura di un museo della guerra, con entrambi gli eserciti che in momenti e con modalità leggermente diverse intendevano ricordare questo evento epocale.

La teatrale ricostruzione degli allestimenti che si sono succeduti va di pari passo con l’inserimento nel contesto storico-sociale e la riproposizione di alcuni dei cimeli provenienti dalla sede di Borgo Castello. Quando l’8 giugno 1924, nell'atrio del Palazzo di Piazza De Amicis, veniva inaugurato il museo, l’atteggiamento generale prevedeva la giustificazione del sacrificio comune e la demonizzazione del nemico austriaco, aspetti ulteriormente enfatizzati nel secondo allestimento del 1938 cui sono dedicate due sale. Al loro fianco, la perla della mostra: la postazione multimediale touchscreen che, usata come un cellulare, permette di riprodurre a parete le immagini che immergono i visitatori nei singoli allestimenti storici.

Matteo Tora Cellini di Cameranebbia, che ha curato il lavoro, lo definisce un vero e proprio viaggio interattivo che permette di entrare nelle stanze e viverle come ci si trovasse catapultati negli anni che si vanno a esplorare. Il tutto è stato possibile assemblando le fotografie d’epoca dei singoli allestimenti museali cui sono stati affiancati dettagli degli oggetti esposti per i quali sono state usate tecniche fotogrammatiche. «C’è evidentemente un aspetto di gaming e ciò che è interessante è che il visitatore può esplorare le stanze “camminando” al loro interno grazie a un sistema di quinte teatrali. Ci si trova quasi di fronte a un libro con tre capitoli, il 1924, il 1938 e il 1965 che vede tra l’altro la proposta degli acquerelli di Paolo Caccia Dominioni» spiega Cellini.

E proprio all’ex combattente venne affidato il compito di ripensare il museo nel secondo dopoguerra, un momento delicato che vide un cambio di rotta, con l’inserimento nel percorso di due sale dedicate anche alla compagine austro-ungarica, segno di un’inedita percezione del sacrificio compiuto da entrambi gli eserciti. Accanto al ricordo di questo profondo cambiamento di mentalità, vengono esposte le cartoline di propaganda di Gino Peroli provenienti da una donazione effettuata negli anni Trenta dall'avvocato Carlo Morpurgo, ma fondamentale risulta, in questa sezione, la ricostruzione del contesto storico-sociale.

Proprio qui si possono riconoscere le basi della collaborazione che ha portato alla Capitale europea della Cultura: comincia l'attività dell'Icm, viene istituito il Concorso Seghizzi, nelle strade di Gorizia risuonano suoni e tradizioni lontane grazie alla Parata folcloristica. L'itinerario espositivo prosegue in una sorta di trincea in cui si ricordano le perdite dovute all'alluvione del Corno del 1983, circostanza che ha suggerito il trasferimento del museo della Grande guerra nell’attuale sede di Borgo Castello. Ma invece di riportare immagini della sua più recente sistemazione, la mostra si conclude ricordando quale sia l’attuale significato della collezione: un museo di guerra come monito per la pace.

Lo aveva affermato, in sede di inaugurazione del Museo, l’allora ministro della Pubblica istruzione Sergio Mattarella in una frase che viene riportata su uno degli ultimi divisori della mostra: «Dalla lezione di storia abbiamo il dovere di costruire l’Europa su condizioni irreversibili di pace e collaborazione». Lo ricorda, in conclusione del percorso, la voce di Giuseppe Ungaretti in un audio messo a disposizione dalle Teche Rai in cui il poeta cita la brutalità della guerra: una brutalità da cui ci si può risvegliare così come la natura che, a ogni primavera, vede rinascere i suoi fiori.

La mostra “Memorie di un museo” resterà aperta fino al 20 ottobre e, assieme alla mostra Anni Sessanta (per la quale domani alle 11 è prevista una visita guidata con i curatori), potrà essere visitata martedì, mercoledì, giovedì e domenica dalle 10 alle 18, il venerdì e il sabato dalle 10 alle 22. Ingresso gratuito la prima domenica del mese. cold-smooth-tasty

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