Chiusura centri islamici a Monfalcone, la sentenza dei giudici richiamata dal Pd

Chiusura centri islamici a Monfalcone, la sentenza dei giudici richiamata dal Pd

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Chiusura centri islamici a Monfalcone, la sentenza dei giudici richiamata dal Pd

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 01 Dic 2023
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Il responsabile delle politiche migratorie Del Bello, analizza la sentenza del Consiglio di Stato su un caso analogo avvenuto a Venezia.

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Sulla chiusura dei centri di preghiera islamici di Monfalcone, arriva anche il commento di Fabio Del Bello, responsabile delle politiche migratorie del Pd cittadino. Il dem richiama alcune parti di una sentenza del Consiglio di Stato del 15 giugno 2020, numero 3803. Nello specifico, il giudizio dei giudici dava ragione ad una associazione culturale e religiosa della comunità islamica locale di origine bengalese, la quale all’interno del locale di cui disponeva, svolgeva “attività non solo di carattere religioso, ma concernenti anche l’interscambio culturale”.

“L’articolo 71, comma 1, del Decreto legislativo del 3/7/2017, numero 117 (analogamente a quanto stabiliva il precedente articolo 32, comma 4, della Legge 383/2000) prevede che le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 numero 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica” così recita la prima parte della sentenza richiamata da Del Bello.

Inoltre, stabilisce Palazzo Spada: “La trascritta norma, in considerazione della meritevolezza delle finalità perseguite dalle associazioni di promozione sociale, consente, dunque, che le relative sedi e i locali adibiti all’attività sociale siano localizzabili in tutte le parti del territorio urbano e in qualunque fabbricato a prescindere dalla destinazione d'uso edilizio ad esso impressa specificamente e funzionalmente dal titolo abilitativo”. E ancora: “il mutamento di destinazione d'uso non autorizzato e attuato senza opere, dà luogo ad un cambio uso di variazione essenziale sanzionabile” solo se “implichi una modifica degli standard previsti dal Decreto Ministeriale del 2/4/1968, ossia dei carichi urbanistici”.

“In caso contrario - recita ancora la sentenza - non essendo stata realizzata alcuna opera edilizia né alcuna trasformazione rilevante, il mutamento d'uso costituisce espressione della facoltà di godimento, quale concreta proiezione dello ius iutendi – il diritto di utilizzo - spettante al proprietario o a colui che ha titolo a godere del bene”. In sostanza, secondo il dem monfalconese, il Piano regolatore – richiamato nelle scorse ore dal sindaco Anna Maria Cisint - non può essere usato come motivazione valida ed “è sufficiente contingentare le presenze nelle sale ruotando le presenza dei fedeli che possono pregare dove desiderano".

“La verità è che la destra a Monfalcone ha fallito il suo principale obiettivo elettorale – sono le parole di Del Bello - cioè contenere e ridurre l’immigrazione che invece dal 2016 ad oggi è raddoppiata raggiungendo un record nazionale. Si cerca quindi di rimediare con queste maldestre uscite propagandistiche. Gli immigrati economici regolari sono chiamati dalle aziende col supporto dello Stato che negli ultimi 25 anni è stato governato alternativamente da tutti i partiti e l’attuale governo ha emanato un decreto flussi record che ha permesso 500mila nuovi ingressi pure per la cantieristica”.

Sulla vicenda, il Pd di Monfalcone guarda quindi alla Costituzione e alle leggi dello Stato, nonché alla giurisprudenza del Consiglio di Stato. “Esse ribadiscono la libertà religiosa e di culto indipendentemente dalla destinazione urbanistica” chiude Del Bello.

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