Gorizia, chiude la Bottega equosolidale dopo 20 anni: «Guardiamo al 2025»

Gorizia, chiude la Bottega equosolidale dopo 20 anni: «Guardiamo al 2025»

la decisione

Gorizia, chiude la Bottega equosolidale dopo 20 anni: «Guardiamo al 2025»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 18 Gen 2023
Copertina per Gorizia, chiude la Bottega equosolidale dopo 20 anni: «Guardiamo al 2025»

Il negozio chiuso dopo vent'anni, diventerà spazio per laboratori. I progetti legati all'Africa e Bolivia.

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Aveva aperto circa 20 anni fa, diventando un punto di riferimento per prodotti etnici e sostenibili. Da qualche settimana, però, la Bottega Equosolidale di Gorizia ha chiuso i battenti in via Bellinzona e al suo posto si stanno già studiando nuove idee dedicate ai giovani. “È stata un’esperienza positiva - spiega il presidente del Centro volontari cooperazione allo sviluppo (Cvcs) Massimiliano Pipani - guidata da volontari capaci e lungimiranti”. Pesano anche le difficoltà comuni a tutto il commercio.

“I costi di base ci sono per tutti - prosegue - come per ogni altra azienda. Inoltre, il Covid ha bloccato molte attività in questi due anni e questa strada è praticamente sterrata da tempo. Sono tutti elementi che hanno portato alla nostra scelta”. Certo è che lo spirito iniziale dell’attività era ben diversa dal panorama attuale, che vede molti di questi prodotti anche nella grande distribuzione: “L’obiettivo era raccontare la storia di ciò che si vende. Non volevamo chiudere in perdita, ora ci concentriamo su altri temi”.

L’associazione, nata nel 1980 su spinta del Centro missionario diocesano, oggi è attiva su tre Paesi e porta avanti progetti di cooperazione di ampio respiro. Dalla Bolivia al Burkina Faso, passando per la Costa d’Avorio, le sue attività non riguardano più solo la ricerca di acqua e sviluppo agricolo come in passato, ma sono orientati ad aspetti mirati. Come la salute mentale in Africa, che ha visto l’attuazione del percorso di Renaissance insieme all’Università di Torino e il dipartimento di Salute mentale dell’Asugi.

Ora si punta a una sua riproposizione. “Stiamo creando modelli in questo settore per il Sahel - rileva il presidente - per il futuro. Noi siamo i facilitatori, mettiamo insieme gli esperti”. A finanziare questo progetto è l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, mentre in Costa d’Avorio sono Regione Friuli Venezia Giulia e ministero degli Interni a coprire rispettivamente i costi di Bien vivre e Sentiers, progetti mirati a contrastare la partenza massiccia dei migranti. L’obiettivo è permettere ai locali di crearsi una vita in patria.

Oltre all’aspetto internazionale, che a oggi impegna oltre una decina di persone all’interno dell’organizzazione non governativa, c’è quello locale. “Vogliamo orientarci anche su progetti legati al territorio - sottolinea Pipani, alla guida del Cvcs da due anni e proveniente dal mondo dell’impresa - lavorando più sul fronte transfrontaliero”. Tra i temi già individuati, nell’ottica della Capitale della cultura 2025, c’è l’inclusione delle fasce deboli e la collaborazione con le scuole per sensibilizzare su comunicazione digitale e ambiente.

In questo senso, il Cvcs guarda ai progetti di cittadinanza globale, che già tra pochi giorni coinvolgerà 13 diverse realtà sotto il tema “Odiare non è uno sport”. Si guarda sia a Gorizia che al resto del Friuli Venezia Giulia, ma anche all’Italia. Nel frattempo, c’è la riflessione su come deve evolvere il Terzo settore: “C’è sempre meno volontariato, servono professionisti a cui eventualmente affiancare volontari. Le Ong devono diventare al passo con i tempi per avere successo, creando indipendenza all’estero e non dipendenza”.

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