«Censurare l’arte è fascista», Sgarbi protagonista a èStoria

«Censurare l’arte è fascista», Sgarbi protagonista a èStoria

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«Censurare l’arte è fascista», Sgarbi protagonista a èStoria

Di Lisa Duso • Pubblicato il 28 Mag 2022
Copertina per «Censurare l’arte è fascista», Sgarbi protagonista a èStoria

Il critico d’arte in Tenda Erodoto, «censurare Dostoevskij è un'idea fascista».

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“Fascismo è un termine che indica una situazione di limitazione delle libertà: l’idea che Dostoevskij o una direttrice d’orchestra siano censurati è un’idea fascista” è stato l’intervento di Vittorio Sgarbi durante la lectio magistralis tenuta sul tema di arte e fascismi. L’acclamato ospite è giunto ai giardini di Gorizia per la diciottesima edizione del festival di èStoria, dove è stato accolto dai fragorosi applausi da parte del nutrito pubblico.

Lo storico d’arte ha preso posizione sull’attuale dibattito riguardante la censura degli elementi culturali russi, affermando che, come non è stato eliminato il ricordo di grandi artisti come Pirandello nonostante fossero fascisti, è errato sanzionare elementi culturali perché legati ad una storia da dimenticare o da isolare: “È come se durante il regime dei colonnelli in Grecia avessimo censurato Platone” è intervento ironicamente il sindaco di Sutri.

Il discorso si è spostato sul campo di battaglia ucraino: “Le guerre sono sconfitte per tutti, bombardando un paese non si attacca il leader ma ognuno muore per sé”. Ha continuato ricordando quando nel 1917 una bomba squarciò il tetto della Gipsoteca di Possagno riportando gravi danni alle sculture in esso conservate: “Quest’immagine non mi fa pensare ad una vittoria, si vede distruzione, la rovina dell’arte e la morte di numerose persone”.

Il regime fascista fu estremamente attento alla produzione artistica e architettonica, contribuendo finanziariamente e tramite appositi enti per la conservazione delle opere artistiche. L’arte durante il periodo del Ventennio è una conciliazione di numerosi flussi, in una ricerca di unione tra antico, attraverso il forte legame con l’arte classica, e il moderno, tramite le influenze delle avanguardie. Un governo caratterizzato da una mentalità maschilista, di esaltazione della forza e della potenza virile, ma che ha come figura centrale della gestione dell’arte una donna, la prima critica d’arte italiana Margherita Sarfatti.

La pittura promossa in quegli anni mostra un riavvicinamento a Giotto e Piero della Francesca, ad un Quattrocento che dell’arte italiana è stato un traguardo di immenso splendore: un'arte dunque che mira ad una ripresa dei valori plastici, degli ideali della prospettiva in virtù di un ritorno all’ordine dopo un tempo di confusione. Un’attività artistica che è direttamente partecipe alla missione di un popolo, la quale vaga in una realtà cristallizzata alla ricerca di un’armonia perduta.

La conferenza è seguita con l’analisi di numerosi quadri, tratteggiando le caratteristiche dell’arte della prima metà del Novecento attraverso le opere di Giorgio De Chirico, Adolfo Wildt, Giorgio Morandi, Giacomo Balla e molti altri. Non meno importante lo sguardo all’architettura dell’epoca, caratterizzata da tendenze razionaliste e funzionaliste, tramite cui veniva rappresentato l’ordine e la grandezza del regime.

Non si intende fare un’esaltazione di un’ideologia, ma ricordare la storia italiana e le forme d’arte che ne sono state l’interpretazione: “Parliamo di un mondo ricco e vario, che ha dato all’Italia l’ultima grande stagione della sua arte”.

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