Caso moschee, il Tar dà ragione ai centri islamici sulle preghiere a Monfalcone

Caso moschee, il Tar dà ragione ai centri islamici sulle preghiere a Monfalcone

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Caso moschee, il Tar dà ragione ai centri islamici sulle preghiere a Monfalcone

Di Redazione • Pubblicato il 27 Giu 2024
Copertina per Caso moschee, il Tar dà ragione ai centri islamici sulle preghiere a Monfalcone

La vicenda vede ora un risvolto positivo per le due realtà difese dall’avvocato Vincenzo Latorraca. Cisint non ci sta: «Ci appelleremo al Consiglio di Stato».

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Arriva un nuovo sviluppo nel braccio di ferro tra i centri islamici Darus Salaam e Baitus Salat di Monfalcone e lo stesso Comune. Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, ha accolto il ricorso della comunità islamica contro le ordinanze che impedivano l’uso quale luogo di culto, venendo di fatto annullate. La vicenda, che tra origine dai provvedimenti emessi a fine 2023 dall’amministrazione comunale, vede ora un risvolto positivo per le due realtà difese dall’avvocato Vincenzo Latorraca.

La sentenza del Tar accoglie i ricorsi dei centri islamici, «ha perso Monfalcone»

Il Comune di Monfalcone, afferma il Tar, «non ha adeguatamente dimostrato che il mutamento d’uso costituisca “variazione essenziale” nell’accezione appena richiamata; sono infatti rimasti indimostrati entrambi gli elementi-presupposto del potere sanzionatorio-repressivo in concreto esercitato (art. 45 cit.). Nel provvedimento impugnato infatti: a) s’è erroneamente ritenuto che il mutamento della destinazione d’uso non fosse consentito per la zona dagli strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati; b) non si è adeguatamente dimostrato, attraverso una piena istruttoria e un’analitica e puntuale motivazione, che il mutamento di destinazione d’uso comportasse modifiche degli standard».

Secondo i giudici, quindi, “l’errore dal quale muove il provvedimento è dunque quello di aver ritenuto che i luoghi di culto, quale ne sia la consistenza, secondo il PRGC di Monfalcone, possano essere realizzati soltanto ed esclusivamente nelle zone preventivamente e appositamente identificate dal pianificatore e denominate “S2A”. In conclusione, l’uso per il culto non è vietato nella zona “B1” dalle previsioni di piano. L’interpretazione comunale non solo non si fonda su alcuna esplicita previsione delle norme di piano, ma è con esse in contrasto nella misura in cui, come si è visto, nelle zone residenziali sono espressamente ammessi i servizi e le attrezzature collettive dell’art. 22 cit».

Inoltre, rimarca che «una interpretazione siffatta - che consentisse, con carattere assoluto, la creazione di spazi destinati al culto esclusivamente in determinate zone predeterminate dalla pianificazione, vietandolo in altre – potrebbe non risultare compatibile col quadro costituzionale (cfr. Corte Cost., n. 254/2019)».

Una decisione che non è stata accolta positivamente invece dal Comune di Monfalcone, annunciando che ricorrerà al Consiglio di Stato dopo le ordinanze del Tar regionale sui provvedimenti emanati per la chiusura dei due centri islamici. Questi, ricordano da piazza della Repubblica, erano stati emessi dopo l’accertamento che le sedi operavano al di fuori delle norme urbanistiche e del rispetto dell’incolumità pubblica. Peraltro, rimarca, il Tar in sede di sospensiva nel febbraio scorso aveva ritenute fondate le questioni urbanistiche sollevate dall’ente.

«Leggerò con attenzione il contenuto dei provvedimenti - rileva il sindaco Anna Maria Cisint - ma non si può che rimanere sconcertati da una decisione che mortifica il rispetto delle norme che sovrintendono alle regole urbanistiche della nostra città e devono essere rispettate da tutti senza privilegi di sorta. Nello stesso tempo, in questo modo si ignorano e si calpestano le esigenze di sicurezza e di legalità legate alle modalità di accesso e affollamento dei centri che mettono a rischio e limitano la libertà degli altri cittadini».

«Non è possibile che attraverso delle sentenze possano essere messe in discussione e annullate le prescrizioni e i contenuti dei regolamenti urbanistici di una città, così come non consentire di assumere i necessari provvedimenti di ordine pubblico che incidono sulla collettività. Ci appelleremo al Consiglio di Stato per dimostrare la correttezza della nostra azione che stiamo portando avanti per garantire ai monfalconesi le necessarie condizioni di legalità e sicurezza. Tra l’altro le ordinanze del Tar sono giunte prima dei provvedimenti che ancora deve assumere il Consiglio di Stato e pongono anche altre perplessità e interrogativi sulle motivazioni delle valutazioni che sono state fatte», conclude la prima cittadina.

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