LA REPLICA
Moschee a Monfalcone, Haq: «Pronti a migliorare, chiediamo spazi adeguati»
Il responsabile del centro musulmano di via don Fanin si dice fiducioso sulla sentenza del 7 febbraio. Le reazioni di Cristiana Morsolin e Diego Moretti.
La replica del sindaco di Monfalcone in merito ai decreti del Tar vede contrapporsi la posizione del rappresentante del Centro “Baitus Salat” di via don Fanin a Monfalcone, Rejaul Haq Raju al quale il respingimento dei ricorsi non destano preoccupazioni. «Per ora non ha vinto nessuno, nemmeno il Comune – dichiara Haq – l’udienza è il 7 febbraio. Per noi questo è un vantaggio perché riusciremo ad avere un responso in tempi molto brevi. Sono fiducioso, sereno ed ottimista sulla questione. In caso contrario, ci sono tante altre possibilità in merito, come il ricorso al Consiglio di Stato».
Il rappresentante di via don Fanin specifica che si è sempre messo a disposizione per collaborare con l’amministrazione «ma questo è il trattamento che abbiamo ricevuto».
«Non ho colpe sulla condizione delle donne, sono le forze dell’ordine e le leggi a dover intervenire. Su questo si può stare tranquilli, l’ho detto tante volte al sindaco. Le spose bambine rappresentano un reato gravissimo anche da noi in Bangladesh. Se ci sono dei casi, dovranno rispondere alla legge. Noi siamo pronti a incontrare queste ragazze e a condannare questo reato. I genitori devono capire che queste cose non devono esistere più». «Le nostre donne denunciano le violenze – continua – è vero, i problemi ci sono, ma per la colpa di pochi non possiamo essere accusati tutti. Dobbiamo ragionare insieme e dialogare tutti sullo stesso piano».
Riferendosi poi allo stop dei lavori all’immobile di via Primo maggio pagato con i risparmi delle famiglie musulmane, Haq ricorda che nel 2018 l’ufficio tecnico del Comune autorizzò i lavori «ma una settimana dopo è stato modificato il piano regolatore comunale». «Ho chiesto più volte al sindaco come migliorare viste le carenze emerse, ma non ci è stata data la possibilità di farlo. Siamo sempre pronti a migliorare». Da Rejaul arriva quindi la richiesta di poter avere delle risposte da questa amministrazione.
«Vogliamo poter pregare, vivere serenamente, condurre un’attività commerciale e poter portare i nostri figli a scuola in quella che è anche la nostra città. Abbiamo bisogno di luoghi di aggregazione e di incontro, di posti adeguati alle nostre esigenze. Non vogliamo andare fuori Monfalcone, io sono italiano e mi sento bisiaco. Sulla lingua italiana, dico al sindaco che siamo disponibili a trovare le strutture per l'insegnamento della lingua. Abbiamo tutto questo nei nostri progetti e non ci tireremo indietro».
A commentare i decreti del Tar è anche la consigliera de La Sinistra per Monfalcone, Cristiana Morsolin. «Il percorso del tribunale è affidato ai giudici che decideranno in merito alle ordinanze, un percorso che non compete alla politica – sono le parole di Morsolin - quello che compete invece a chi amministra, a chi si deve occupare della città, è la soluzione dei problemi ed è scandaloso che la sindaca non abbia ancora convocato i rappresentanti dei centri per trovare una soluzione al tema della preghiera».
«Oggi 6mila cittadini a Monfalcone chiedono di esercitare il diritto di pregare collettivamente in un luogo pubblico, non si può fare finta di niente – richiama l’esponente dell’opposizione - Cisint vorrebbe trasformare la città in un campo di calcio con tifosi da una parte e dall'altra pensando così di poter evitare di risolvere i problemi concreti della comunità».
«Il respingimento della sospensiva non cambia nulla rispetto alla tematica più generale oggetto del dibattito di queste settimane – afferma il consigliere regionale del Pd, Diego Moretti - un dibattito influenzato dalla possibile candidatura di Cisint in Europa e che necessita da parte sua di toni accesi, ma che invece avrebbe bisogno, da parte di tutti, di toni bassi e rispettosi del credo religioso di ciascuno».
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