gli esperti
Il Carso in fiamme visto dal satellite, tutto nero dove era verde
Serviranno ulteriori rilievi per fare previsioni, le immagini dallo spazio dell'Esa.
Il ritorno alla situazione prima dell’incendio richiederà anni, quanti però ancora nessuno lo sa con certezza. Mentre deve ancora iniziare la conta ufficiale dei danni provocati dalle fiamme sul Carso, gli esperti in materia osservano la vastità del rogo e le sue tracce. Dalle immagini del satellite Sentinel-2 dell’Agenzia spaziale europea (Esa), si può notare tragicamente l’enorme chiazza grigiastra sul territorio di confine, così come appare a occhio nudo, come dimostra l’altura sotto il monumento di Cerje.
Ci si è così posti subito l’interrogativo su quanto tempo servirà per tornare alla normalità. “Non tutti i popolamenti forestali sono bruciati - spiega Giorgo Alberti, professore associato all’Università di Udine di Sivicoltura e Gestione delle foreste -, è andata a fuoco biomassa già morta, nella parte più bassa. Sarà necessario fare dei rilievi ad hoc sull’area, per ora abbiamo parlato con la Regione per eseguire dei voli con i droni e scattare rilievi fotogrammetrici, per verificare il tipo di danno che appare già eterogeneo”.
Se è vero che in passato ci sono già stati incendi sul Carso, da questi si può capire come si è mossa poi la natura. “Molto spesso - continua Alberti - erano di superfici e intensità ridotte, interessando la necromassa a terra. Le fiamme sono così passate molto veloci, senza danneggiare le piante in piedi”. Questa volta, in alcuni casi, il rogo ha coinvolto anche gli alberi stessi, in particolare i pini neri che non sono autoctoni della zona. “La distruzione può favorire il ritorno della flora originale, come i latifoglie”.
Su come affrontare il ritorno della vegetazione, le scelte da fare dovranno tenere di diversi fattori. A partire dal costo economico di determinate scelte. “Sicuramente ci sarà una ricostituzione di tipo naturale - precisa l’esperto - e richiederà anni o addirittura decenti. Bisogna capire se le piante colpite erano di origine naturale o artificiale”, ossia portate lì dall’essere umano. Eseguire interventi solo dall’uomo sarà quindi difficile, anche se le diverse azioni dovranno tenere conto anche dell’adattamento a un clima in mutamento.
Lo stesso ritmo con cui gli incendi si sviluppano, che per certi versi aiuta la stessa natura a eliminare specie non autoctone a favore delle locali, “può creare un problema nella reazione della ricostituzione della natura”. La velocità cresce sempre di più, infatti, complice le alte temperature. Proprio in queste ore, alcuni focolai sono tornati ad ardere sul versante italiano, con l’intervento di due canadair e quattro elicotteri. In questo senso, “l’uomo può intervenire per prevenire, riducendo parte della biomassa morta”.
Non tutta, ovviamente, ma abbastanza per eliminare un potenziale combustibile. In questo senso, il docente pone un punto di domanda sulla presenza proprio del pino nero. Sul versante della fauna, invece, si devono contare i danni a molte specie. A partire dallo sciacallo dorato, che negli ultimi anni erano tenuti sotto stretta osservazione dai ricercatori proprio a queste latitudini. Come osserva però lo zoologo Luca Lapini, tra i massimi esperti italiani in materia, sono animali che hanno comunque la capacità di fuggire velocemente.
Nel frattempo, anche l’arcivescovo monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli ha espresso il proprio grazie a chi si è speso in prima persona contro la devastazione. “La Chiesa che è in Gorizia - scrive in una nota - partecipa con sgomento, dolore ed apprensione agli avvenimenti di queste ore e persiste nella preghiera a favore delle popolazioni del Carso e per il dono della pioggia. In questa circostanza desidero esprimere la mia vicinanza alle care comunità del Carso, specialmente le più colpite, che sono state lambite dall’incendio”.
“Desidero anche ringraziare di cuore tutti quelli che in questi giorni si sono adoperati senza risparmiarsi - e sono davvero tanti - per la sicurezza delle persone e per lo spegnimento dei fuochi: in particolare i vigili del fuoco italiani e sloveni, il Corpo forestale, i piloti degli elicotteri e dei canadair, gli insostituibili volontari della Protezione civile. Una sincera lode, unita a gratitudine, agli amministratori pubblici, alle forze dell’ordine e agli Enti regionali e statali intervenuti” conclude il messaggio.
Nella foto: la foto dal satellite scattata domenica 24 luglio e momenti dei soccorsi.
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