I sindacati sotto la bandiera europea sul confine di Gorizia, «ripristinare Schengen»

I sindacati sotto la bandiera europea sul confine di Gorizia, «ripristinare Schengen»

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I sindacati sotto la bandiera europea sul confine di Gorizia, «ripristinare Schengen»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 29 Apr 2024
Copertina per I sindacati sotto la bandiera europea sul confine di Gorizia, «ripristinare Schengen»

Le stime sui lavoratori frontalieri oscillano tra 15mila e 18mila persone coinvolgendo Italia, Slovenia e Croazia. Le richieste dei sindacati all'Europa.

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La richiesta è una sola: «Ripristinare Schengen a tutti gli effetti». A sollecitarlo sono state questa mattina le sigle aderenti al Consiglio sindacale interregionale Friuli Venezia Giulia-Slovenia, riunitesi nella sede dell’Università di Nova Gorica a Rožna Dolina. Quest’anno cade il trentesimo anniversario del gruppo che raccoglie i confederati Cgil, Cisl, Uil e gli sloveni Zsss e Ks 90, incontratisi alla vigilia del Primo maggio. L’appuntamento nazionale, peraltro, quest’anno si sarebbe dovuto tenere proprio a Gorizia.

Alla fine, complice i lavori in piazza Transalpina, la scelta è ricaduta su Monfalcone. La riunione di oggi è stata l’occasione per fare il punto sulle difficoltà nel vivere un confine tornato a essere presidiato, in particolare per tutti quei lavoratori frontalieri che quotidianamente viaggiano tra Italia, Slovenia e Croazia. Le stime oscillano tra 15mila e 18mila persone interessate, con circa duemila persone che vanno dal Friuli Venezia Giulia verso Est. Un migliaio, invece, coloro che si sono trasferiti in Slovenia ma lavorano in Italia.

Ad aprire la mattinata è stato l’incontro simbolico tra i rappresentanti dei lavoratori dei due Paesi, in una stretta di mano proprio sul valico di Casa Rossa. Sotto la bandiera dell’Unione europea, un veloce e piccolo corteo si è spostato nell’ateneo insieme al sindaco di Nova Gorica, Samo Turel, e l’assessore alle Politiche del lavoro di Gorizia, Giulio Daidone. «Nel 2004 - ha esordito il presidente del Csi, Roberto Treu - avevamo auspicato una grande speranza per il futuro dell’Europa e dei lavoratori, ma ciò non è avvenuto in questi anni».

Una critica rivolta in particolare «nei termini di affermazione delle condizioni dei lavoratori», oggi complicatesi proprio con il ritorno dei controlli alle frontiere. Un provvedimento avviato ormai da ottobre e bocciato dalle sigle, poiché «interrompe il principio fondamentale dell’Unione europea, ossia la libertà di movimento di persone e merci». Per i componenti della rete, «la misura non contrasta gli attacchi terroristici né gli arrivi dalla rotta balcanica. L’intelligence deve lavorare sull’aspetto del terrorismo».

Oltre a ciò, Treu ha sottolineato anche le disparità di trattamento che i frontalieri ancora hanno rispetto ai colleghi, come per il riconoscimento delle pensioni maturate in Italia da parte di residenti in Slovenia. «Il lavoro frontaliero è servito a superare i confini, creare normalizzazioni e un humus culturale importante su cui basare la collaborazione» ancora il presidente. A esprimere il proprio supporto è stato Turel, ricordando il grande evento nella sua città per i 20 anni nell'Unione e come «il confine è scomparso per un po’, poi è arrivato il Covid». Per Daidone, «Go! 2025 deve essere traino per tutti settori».

Il nuovo presidente del sindacato Ks 90, Damjan Volf, ha sottolineato come «invece di ponti stiamo costruendo precipizi. Dei 10 Paesi entrati in Europa nel 2004, la Slovenia ha avuto gli sviluppi minori». Mariateresa Bazzaro della Cisl ha quindi evidenziato il concetto di cooperazione: «Dobbiamo fare del 2025 un vero laboratorio esperienziale, che vada portato avanti sulla base di obiettivi». Per Irene Iaklič Valenti della Federazione dei sindacati liberi della Slovenia, «la povertà tra dipendenti e pensionati dentro l’Ue è in crescita». Diversi gli interventi di rappresentanti dei lavoratori e pensionati che si sono susseguiti, anche in plata.

Esprimendo la propria «angoscia quotidiana per il clima di guerra che si sta creando attorno a noi», Michele Berti (Uil) ha rilevato la perplessità «quando vediamo come vengono fatti i controlli ai confini. È da ottobre che li abbiamo, questa terra ha bisogno sempre di segnali d’apertura. Sono i lavoratori frontalieri che ci danno il termometro della mobilità tra i nostri due Paesi». Tutti, quindi, hanno posto al centro il significato delle imminenti elezioni europee, chiedendo di puntare sulle forze che vogliono un sistema più coeso e lontano dai singoli nazionalismi.

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