Balasso e l'uomo davanti al tempo, La cripta dei cappuccini debutta a Gorizia

Balasso e l'uomo davanti al tempo, La cripta dei cappuccini debutta a Gorizia

la recensione

Balasso e l'uomo davanti al tempo, La cripta dei cappuccini debutta a Gorizia

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 12 Mag 2024
Copertina per Balasso e l'uomo davanti al tempo, La cripta dei cappuccini debutta a Gorizia

Uno spettacolo incastonato nel progetto Inabili alla morte-Nezmožni umreti, sviluppato da Mittelefest e inserito nel programma di GO!2025.

Condividi
Tempo di lettura

Decadenza di un impero, i cui fasti qui in regione risplendono tuttora nel sognante castello di Miramare, sferzato dalla bora e affacciato sull’azzurro. Dopo l’anteprima dedicata agli studenti venerdì, ha debuttato ieri sera presso il Teatro Verdi di Gorizia l’adattamento teatrale “La cripta dei cappuccini” tratto dall’omonimo romanzo di Joseph Roth. Uno spettacolo incastonato nel progetto “Inabili alla morte/Nezmožni umreti” proposto al Mittelfest dalla Regione Friuli Venezia Giulia nell’ambito del Go!2025, recitato in lingua italiana con sovratitoli in sloveno e in inglese.

A trasporlo nella versione teatrale è Jacopo Giacomoni, affiancato nella regia dal direttore artistico di Mittelfest nonché ideatore del progetto Giacomo Pedini. Nella fioca luce di un impero asburgico al tramonto si staglia la figura del protagonista Ferdinando Trotta, ruolo che Natalino Balasso ricopre attraverso continui salti temporali. Classe 1960, Balasso è scrittore, comico e attore che ha recitato anche in opere di Shakespeare, Beckett o Checov. Dalla sua “cripta” fuoriesce una fantasmagoria di vicende, una sequela attraverso cui un uomo in là con gli anni rivive il proprio passato - con lucidità e disincanto - senza sconto alcuno.

Ad aprire la scena è il Trotta bambino, quello di fronte al quale s’inginocchia Trotta ormai anziano, solo innanzi al proprio passato. La vita è una giostra che gira inarrestabile – la stessa che campeggia in primo piano prima ancora che la pièce abbia inizio - che resiste sul palco per tutta la durata dello spettacolo. Ideata da Alice Vanini, la scena è corredata di un display che lascia scorrere lentamente il suo countdown mentre il pubblico entra distrattamente in sala. Un’epopea al contrario della durata di ben tre ore e mezza, conclusasi dieci minuti prima dell’una. Narrazione accompagnata dalle musiche eseguite in registrato dall’orchestra Fvg, in cui il protagonista Trotta è l’antieroe che si lascia travolgere dagli eventi, incapace di opporre resistenza.

La prima data su cui l‘impietoso ingranaggio s’arresta è il 24 dicembre del 1913, mentre il sonoro di Corrado Cristina lascia trapelare dal secolo scorso voci e registrazioni di un lontano pranzo di Natale. Si incrociano i destini, ma il giro iniziale di giostra ci mostra la signora Marjeta (un’energica Ivana Monti) a tavola con suo figlio, l’immancabile candela a illuminare un pianoforte da cui si sprigiona il leitmotiv curato da Cristian Carrara. Altro giro di giostra, e il pubblico viene catapultato in una «notte fumosa» al Cafè Imperial, dove Trotta «viveva alla giornata», o per meglio dire, «alla nottata».

Gli avventori sono clienti giovani e spensierati che hanno «paura del giorno, più esattamente della mattina», che spendono il loro tempo a bere e contestare quel mondo istituito da vecchi. «Non lo sapevamo, ma la morte incrociava già le sue dita ossute sopra le nostre teste», commenta Ferdinando in là con gli anni, mentre i giovani si godono la vita. Un universo dissoluto in cui l’unico che pare farsi portatore di un valore concreto è lo sloveno Joseph Branco di Sipolje (Nicola Bortolotti), umile caldarrostaio che intende allargare i propri affari e gira per i territori della corona. Finché non sopraggiunge la guerra a delineare confini, costringendolo a utilizzare «un visto speciale per ogni paese».

Quella guerra ingiusta e inevitabile che «sarebbe stata chiamata guerra mondiale perché in seguito alla sua venuta abbiamo perduto un mondo, il nostro». Un’opera terribilmente attuale che s’insinua nell’animo dello spettatore mostrandogli drammatici parallelismi fra passato e presente, dall’angoscia in cui versa il protagonista al denaro che ha perso valore. «È nella natura umana preferire la sciagura che tutto distrugge. Noi in quegli anni volevamo l’immane disperazione. Così vivranno gli uomini il giorno prima del Giudizio universale».

Il giro di giostra è quel giro di vite che si riflette di rimando nell’andirivieni di Balasso da un’epoca all’altra, da un registro a un altro. «Questo entrare e uscire dalla narrazione, dalle età, dai diversi registri linguistici, mi piace – ammette nell’intervista a cura di Jacopo Giacomoni – perché tiene sveglio il pubblico […] parte attiva».

Reminiscenze di un uomo solo con se stesso i cui coetanei «sono quasi tutti morti». Pronto a tirare le somme e «a lungo sdegnato dalla morte», la sua è una coscienza limpida e senza rimpianti - «Io sono qui allo scopo di chiarire a me stesso», ripeterà più volte – Nient’altro che perdente, incapace di provare paura di fronte alla morte in quanto ormai non ha più nulla da perdere. Con la stessa piatta intonazione Balasso narra una vicenda «che non è storia di nostalgia», quanto di «smarrimento», in cui la morte «non appare come un abisso, bensì come la riva opposta che si cerca di raggiungere in un balzo».

Alcuni personaggi restano immutabili, come il vecchio ebreo Jadlowker (Giovanni Battista Storti), fermo davanti al portone della sua taverna «come se aspettasse che l’eternità arrivasse a lui invece che andargli lui incontro» mentre gracidano le rane. Frivola e instabile appare invece Elisabeth Kovacs (Camilla Semino Favro) la donna della quale s’innamora, che gli darà un figlio pur avendo avuto una storia con un’altra donna. Nella scena finale, il flanêur si abbandona al suo peregrinare senza senso, meteora superstite di un impero disintegrato. Bussa al portone della Cripta di Vienna, dove riposano gli Asburgo. «E ora? Dove devo andare?», si domanda smarrito, mentre un’era sta definitivamente per chiudersi.

Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram e Whatsapp, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.

Articoli correlati
...
Occhiello

Notizia 1 sezione

...
Occhiello

Notizia 2 sezione

...
Occhiello

Notizia 3 sezione

×