Avrebbero potuto chiamarlo Mister Sanremo, il canto di Renato Lusa

Avrebbero potuto chiamarlo Mister Sanremo, il canto di Renato Lusa

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Avrebbero potuto chiamarlo Mister Sanremo, il canto di Renato Lusa

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 04 Feb 2022
Copertina per Avrebbero potuto chiamarlo Mister Sanremo, il canto di Renato Lusa

Ferruccio Tassin ricorda un popolare volto di Visco, con la passione per il canto popolare.

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Si chiamava Renato Blanch, ma tutti lo conoscevano come Renato Lusa e avrebbero potuto ribattezzarlo "Mister Sanremo". Era conosciuto a Visco e dintorni, perché, scapolo di vocazione, simpatico, senza strafare, rispettoso degli altri, gentile e tanto spiritoso. Non di uno spirito artefatto, ma spontaneo: sapeva vedere il lato umoristico e comico, fin nei fatti della vita che davano da pensare. Tanto per fare un esempio, si era nel periodo della crisi petrolifera e, ai bordi del paese, si stava sistemando una vigna.

Zio e nipote in campo: si trattava anche di ripiantare un palo di testata, di quelli di acacia grossa. Per conficcarlo in modo sicuro, si doveva dare di mazza. Il nipote robusto teneva il palo; lo zio picchiava duro, ma un colpo scivolò da legno a testa! Pronto soccorso, e fasciatura a turbante. Ma si poteva andare in giro lo stesso e il “ferito” decise di andare in osteria. Al banco c’era Renato; appena vide l’amico, gridò: “Velu velu, rivin chei dal petrolio!”.

Un po’ contadino, un po’ metalmeccanico. Quando poteva, andava a Palmanova a “fare il lunedì”, una specie di rito: là c’era il mercato e una serie infinita di osterie per socializzare. Era uno che amava la madre: vedova, donna minuta, lavoratrice, vestita di nero con il fazzolettone nero a fasciare la testa con le due cocche sul retro. Sembrava uscita da una foto dell’Ottocento. È stata forse la prima vecchietta del paese mototrasportata, sulla Lambretta di Renato, che la portava nei campi o dove le serviva. Renato era una figura serena e, se ti serviva, si disfava per farti un piacere.

Era per il canto. Aveva una bella voce, ma non cantò mai in coro, o meglio, in un coro strutturato. In quelli spontanei sì. Sapeva tutte le canzoni, quelle friulane e quelle popolari triestine, in gran voga in tutto il territorio dell’ex Contea di Gorizia e Gradisca. Cantava nelle osterie, nelle piazze e perfino, quando andava ancora con carro e mucca, nei campi. Sanremo ce l’aveva nel cuore, tanto da comprare anche il libretto con le canzoni. Ricordo ancora il libretto, dalle dimensioni come un messalino con, sulla copertina, la facciata del teatro.

Renato faceva le cose per bene: i motivi li conosceva già, aveva un buon orecchio; si imparavano le parole. Nel fare le cose, ci voleva serietà, anche quando il cuore era libero e ilare!

Nella foto: Renato è il primo a sinistra in calzoncini corti. Quando se n’è andato, a 82 anni era, con lo stesso sorriso.

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