Arco e le memorie dell'Isonzo, B#Side the River tra body e land-art

Ieri la presentazione dell'opera di Ingrid Ogenstedt, due appuntamenti dedicati alla body-art.

Unire la terra e la sua storia all’arte, per raccontare il territorio attraverso l’anima più profonda. “Arco", l’opera di land-art firmata a Farra d’Isonzo da Ingrid Ogenstedt, punta a questo, realizzata dopo intensi giorni di lavoro nella residenza artistica dell’associazione IoDeposito. Il tutto all’interno del festival B#Side the River, che fino a fine luglio permetterà di esplorare le forme più moderne di rappresentazione. Ieri sera è stata presentata l’installazione, composta da sassi del fiume Isonzo e resti di viti.

Un insieme inserito nella cornice del Museo della civiltà contadina, con la collaborazione dell'amministrazione locale, dove questo rimarrà fino a quando il tempo non lo decomporrà. Una conclusione che la stessa autrice, nata in Svezia ma da tempo residente a Berlino, ha sottolineato nella spiegazione del suo lavoro, basandosi proprio sulla ciclicità della natura e sulle memorie racchiuse dalla comunità negli elementi che danno vita alle due colonne unite alla base. Un arco rovesciato, quindi, che proiettata due ombre che si intrecciano in base alla luce del sole.

L’evento ai piedi del Collio è solo l’ultimo in ordine di tempo tra quelli in calendario, dopo aver già portato in scena nomi da Egitto, Turchia, Serbia e Nuova Zelanda. “Ingrid - spiega la presidente di IoDeposito, Chiara Isadora Artico - ci porta un metodo di lavoro artistico che incorpora i materiali locali e la memoria delle persone di un luogo all’interno di un’installazione composta principalmente da materiali organici. Quindi evolverà nell’arco del tempo e dell’estate. Questa opera ci riporta a contatto con una dimensione sotterranea”.

Proprio come un fiume carsico che scorre costante, sia in superficie che nascosto tra le rocce, con il pensiero che passa tra le stratificazione del passato e delle guerre. Una situazione che “ha portato a una scrittura di questo confine liquido del fiume, nonché alla generazione di assetti multiculturali che il nostro festival coglie e restituisce, attraverso residenze d’artista con 10 nomi internazionali di provenienza diversissima. Loro scavano nella memoria locale, coinvolgendo i cittadini nella creazione di pere d’arte di vario tipo”.

Non solo land-art ma anche di pittura e performance, come quella di Andreja Kargačin sulle guerre nei Balcani tenutasi a Gradisca. “Il corpo ha un ruolo fondamentale nelle performance che stanno per arrivare - anticipa Artico -, sabato 9 luglio mattina ci aspettiamo una performance partecipativa con la belga Nathalie Vanheule. Saranno coinvolte 30 persone della popolazione locale, donne e ragazzi principalmente ma non solo, che dovranno costruire e far circuitale con un movimento fluido un nastro trasportatore, che non trasporta però più armi”.

Un aspetto, questo, legato alla storia della zona con al produzione di ordigni bellici studiata dalla stessa ospite. “Trasporta la collaborazione e quell’insieme di emozioni positive che le persone si passano tra loro all’interno della società, in forma di aiuto in momenti di trauma come una guerra o una pandemia”. L’invito è per ritrovarsi fuori le mura della fortezza di Gradisca, così come a Ruda il 15 luglio per l’esibizione di Marta Lodola “che coinvolge l’acqua ed è legata con l’ex Amideria, che sorgeva in zona acquatica e catalizzatore delle memorie locali”.

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