L'arcivescovo di Gorizia saluta il 2021: «Accettiamo il tempo trascorso»

L'arcivescovo di Gorizia saluta il 2021: «Accettiamo il tempo trascorso»

la celebrazione

L'arcivescovo di Gorizia saluta il 2021: «Accettiamo il tempo trascorso»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 01 Gen 2022
Copertina per L'arcivescovo di Gorizia saluta il 2021: «Accettiamo il tempo trascorso»

Il messaggio di monsignr Redaelli, guardando al Vangelo: «Ringraziare non significa essere ingenui».

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L’ultima campana del 2021 ha risuonato ieri sera, intonata sul campanile di Sant’Ignazio. Come ogni notte di San Silvestro, l’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, ha tenuto l’ultima celebrazione, ponendo la riflessione sui lunghi mesi appena trascorsi. Davanti ai fedeli accorsi, è stato posto quindi l’accento sul ringraziare Dio per quanto vissuto, al netto delle difficoltà che tutti hanno vissuto: “Il ringraziamento presuppone accogliere, accettare il tempo trascorso. Anzi, prima ancora, prendere coscienza del tempo vissuto”.

“Il rischio che tutti corriamo in questo mondo così frenetico - ha sottolineato - è che il tempo passi senza che ne abbiamo vera consapevolezza”. Come una clessidra che scorre senza essere fermata, “lasciamo scivolare via su di noi il tempo, come acqua che scorre sopra un sasso, che resta sempre uguale o forse solo un po’ più levigato”. Per questo, il capo della Curia ha rimarcato l’importanza di chiedere grazie: “Non significa però essere degli inguaribili ottimisti, degli sprovveduti. Vuol dire appunto riconoscergli in ogni caso un valore di salvezza”.

“Noi spesso assomigliamo a bambini cui si fa un regalo e scartano subito il pacchetto per vedere che cosa c’è dentro e poi si lasciano prendere dall’entusiasmo e dalla gioia per il gioco molto gradito ricevuto dimenticandosi di dire grazie a chi lo ha loro donato”. L’arcivescovo ha quindi evidenziato che “ringraziare vuole dire invece alzare lo sguardo dal dono e riconoscere l’amato che ce lo ha donato. Perché ciò che conta alla fine non è il tempo che passa, più o meno in modo soddisfacente, ma colui che non passa e che è la vera meta della nostra vita”.

“Dio è entrato nella storia, è divenuto bambino, adolescente, giovane, uomo. Anche lui ha imparato a contare i giorni, i mesi e gli anni. Anche lui si è inserito nella dinamica, talvolta bella ed entusiasmante, più spesso faticosa e logorante dei nostri giorni umani. Il nostro tempo è salvato perché duemila anni fa Dio vi è entrato facendosi uomo e lo ha fatto diventare suo tempo”. Un messaggio che si ricollega a non dei semplici auguri di buon inizio, “ma una parola potente, che comunque si realizza e si realizzerà nel 2022”. Messaggio che ha trovato chiosa nel canto del Te Deum.

Proprio quest’ultimo “non dice alcun grazie, non parla di alcun ringraziamento. È invece un canto di lode di Dio, di acclamazione della sua gloria e della sua santità, di adorazione. In particolare oggetto della lode, con il Padre e lo Spirito Santo, è Cristo ‘re della gloria’ che è nato dalla Vergine Maria per la nostra salvezza, ha vinto la morte, ci ha aperto le porte del regno dei cieli, giudicherà il mondo alla fine dei tempi. Ciò che nell’anno che si sta chiudendo è stato decisivo, al di là di tutto e dentro ogni vicenda, è il fatto che Dio è Dio e che si è preso cura di noi”.

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