L'Aquileia romana stupisce ancora, due nuove aree nelle Grandi Terme

L'Aquileia romana stupisce ancora, due nuove aree nelle Grandi Terme

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L'Aquileia romana stupisce ancora, due nuove aree nelle Grandi Terme

Di Redazione • Pubblicato il 28 Nov 2022
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Un vasto settore inesplorato riportato alla luce dall'Università di Udine, fu realizzato da Costantino. Le foto.

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Due nuove “perle” delle Grandi Terme romane di Aquileia, costruite nella prima metà del IV secolo d.C., sono state portate alla luce negli ultimi scavi fatti dalla missione archeologica dell’Università di Udine nell’area. Si tratta di un vasto ambiente che ospitava grandi vasche, mosaici e fontane e di un’ampia area dell’abside (ambiente semicircolare) del calidarium, la zona destinata ai bagni in acqua calda. Le indagini si sono concentrate in due settori del grande edificio termale.

Qqello a sud est, dove lo scavo prosegue da alcuni anni, e quello a ovest, in un settore nuovo, nell’area degli ambienti riscaldati. Le ricerche sono state condotte su concessione ministeriale, in accordo con la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio regionale e in collaborazione scientifica con Cristiano Tiussi, direttore di Fondazione Aquileia, che ha assicurato il sostegno economico allo scavo. La campagna di scavi è stata condotta, a settembre e ottobre, da un gruppo di ricerca del dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale.

Alle ricerche hanno partecipato 25 studentesse e studenti dei corsi di laurea triennale, in Beni culturali, e magistrale, in Archeologia e culture dell’antichità, e della Scuola interateneo di specializzazione in beni archeologici. !Tutte le attività di scavo, documentazione e lavaggio dei materiali – sottolineano Matteo Cadario e Marina Rubinich, alla guida delle operazioni – sono state svolte anche allo scopo di preparare al meglio i futuri archeologi ad agire in un cantiere".

Nel settore nord-orientale è stato messo in luce un ambiente di oltre 200 metri quadrati che, nella prima fase delle terme (IV secolo d.C.), ospitava grandi vasche e forse fontane. L’elemento più impressionante è la poderosa fondazione dell’ambiente in calcestruzzo e grossi frammenti di colonne reimpiegate, prevalentemente in marmo cipollino. Sulla struttura, spessa oltre un metro e 60 centimetri, poggiavano vari strati di mattoni intorno a una vasca circolare di otto metri di diametro.

Vasche, nicchie e pareti dovevano essere decorate con tessere musive in vetro colorato e lastre sagomate di marmi pregiati, i cui resti si trovano nei riempimenti della fase successiva. Tra la fine del IV e gli inizi del V secolo, infatti, la vasca circolare fu colmata e l’ambiente ricoperto da un mosaico a grandi tessere con un reticolo di quadrati contenenti grandi fiori stilizzati. Si creò così un nuovo vano rettangolare, lungo 15 metri, che fa parte di una importante ristrutturazione non solo di questo lato nord, ma anche di quello sud, a ben 140 metri di distanza.

Le sistematiche spoliazioni delle strutture murarie condotte a partire dal tardo Medioevo hanno asportato tutti i muri fino a notevole profondità, rendendo molto difficile la lettura delle diverse fasi. Tuttavia, qualche raro documento dell’antico lusso dei frequentatori delle Grandi Terme si è salvato. Tra questi un grano di collana in vetro a stampo con una minuscola testina femminile databile, per la sua acconciatura, al III secolo d.C., rinvenuto proprio in uno di questi riempimenti. Lo scavo in quest’area è stato guidato da Marina Rubinich, con il supporto di un piccolo nucleo di professionisti, studenti e specializzandi affidato a Luciana Mandruzzato.

Nel nuovo scavo nel settore occidentale, che ha interessato un’area di circa 150 metri quadrati, è stata messa in luce quasi completamente l’ampia abside del calidarium, la parte delle terme destinata ai bagni in acqua calda e di vapore, con cui l’edificio si concludeva. Dell’abside dissestata dai crolli delle volte e priva del muro di fondo asportato successivamente, si conserva la massiccia preparazione del pavimento, caratterizzata dall’inserimento di centinaia di lastrine in marmi colorati.

L’identificazione del calidarium è assicurata dalla presenza del doppio sistema di riscaldamento a ipocausto (pavimento sopraelevato sostenuto da pilastrini lapidei) e a parete (intercapedine formata da grandi tubuli fittili rettangolari). Entrambi erano alimentati dalla circolazione di aria calda proveniente dai forni. Intorno all’abside è stata poi riconosciuta la presenza di una piattaforma in laterizi, ampiamente spoliata, pertinente ad ambienti di servizio, tra cui almeno due praefurnia (i forni dove si bruciava la legna), gli imbocchi dei quali sono stati parzialmente messi in luce.

La presenza di spessi livelli di bruciato nell’ipocausto e il deterioramento dei pilastrini dovuto al forte calore dimostrano che il calidarium è stato utilizzato a lungo. E questo nonostante le dimensioni e gli alti costi del suo funzionamento, il che costituisce un’ulteriore prova della vitalità dell’Aquileia tardoantica. Lo scavo nell’area, organizzato come cantiere-scuola, è stato eseguito da Chiara Bozzi e Federica Grossi, sotto la diretta supervisione di Matteo Cadario.

"La scoperta dell’abside – spiega Cadario, docente di archeologia classica – consentirà in futuro di allargare lo scavo allo scopo di mettere in luce integralmente l’area riscaldata dell’edificio". La soprintendente del Friuli Venezia Giulia, Simonetta Bonomi, spiega che "le Grandi Terme con la loro imponenza rappresentavano un tratto distintivo della grandezza di Aquileia in età imperiale. Indagarne i resti e comprenderne lo sviluppo funzionale e costruttivo, come sta da tempo facendo l'Università di Udine, costituiscono sia una meritoria e importante impresa scientifica sia il presupposto imprescindibile per una futura valorizzazione".

"I risultati dello scavo delle Grandi Terme sono per la Fondazione Aquileia – sottolinea il direttore, Cristiano Tiussi – di grande importanza perché la prospettiva della valorizzazione di questo straordinario ed enorme edificio dovrà rappresentare, per tutti noi, una sfida ineludibile in un futuro non troppo lontano". La presenza dell’Ateneo friulano alle Grandi Terme è ormai consolidata da due decenni e nelle campagne di scavo annuali si sono formati oltre 600 studenti di archeologia.

Dal 2016, anno della prima concessione di scavo dal Ministero, allora dei beni e delle attività culturali, fu avviata una nuova e proficua collaborazione con la Soprintendenza e la Fondazione Aquileia, che aveva appena acquisito l’area in gestione. La zona, conosciuta anche come Thermae felices Constantinianae nell’iscrizione di una base di statua di Costantino rinvenuta nell’area, furono costruite (o completate) per volontà di Costantino stesso nel corso dei primi decenni del IV secolo d.C. Allora Aquileia era uno dei porti principali del Mediterraneo e ospitava spesso l’imperatore.

Un intervento di questa portata dimostra la volontà di Costantino di dotare anche Aquileia, come le altre città divenute residenze imperiali alla fine del III sec. d.C. (Milano, Trier, Arles, Antiochia), di una magnifica struttura termale, adeguata al suo ruolo strategico e degna della frequentazione della corte. Nelle terme imperiali l’edificio era organizzato intorno a un asse centrale formato dalle aule che offrivano di bagnarsi consecutivamente in acque di temperature diverse (calda, tiepida e fredda) secondo il modello di pratica balneare peculiare del mondo romano.

I rifacimenti e i restauri dei mosaici dimostrano che le terme costantiniane continuarono a vivere fino al termine del V secolo d.C., anche oltre il famoso saccheggio di Attila del 452 d.C. Tra il VI e il VII secolo i ruderi furono riutilizzati a fini abitativi da piccoli nuclei familiari e, dopo il definitivo abbandono e il crollo delle volte e degli elevati, diventarono una grande cava di pietre e mattoni da riutilizzare come materiale da costruzione o da cuocere per ottenere calce.

La spoliazione dei resti delle terme si intensificò in età tardomedievale (XIII-XIV secolo), eliminando tutti i resti delle strutture fino alle fondazioni dei muri. Così si trasformò completamente l’aspetto del sito, che prima dell’inizio degli scavi moderni si presentava come un campo coltivato, proprio grazie a grandi riporti di terra disposti sulle macerie. Oggi delle terme si conservano quindi solo i pavimenti e le trincee di spoliazione dei muri depredati fino all’età moderna.

Foto Università di Udine

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