la celebrazione
Aquileia ricorda i patroni del Friuli, «non cedere allo scoraggiamento»
Il cardinal Semeraro ha celebrato la liturgia nella basilica ricordando i martiri, Ermagora e Fortunato, all’interno della 'settimana delle disgrazie'.
Patroni di Aquileia, dell’arcidiocesi di Gorizia – e della sorella di Udine - e del Friuli Venezia Giulia: sono i martiri Ermagora e Fortunato, rispettivamente vescovo e diacono aquileiesi. Entrambi avvolti tra fede, storia, leggenda e mistero, personaggi che hanno ispirato per secoli la vita religiosa e civile di una comunità come quella raccolta all’ombra del campanile poponiano di Aquileia. Genti, lingue, culture, storie che si sono intrecciate e scontrate sotto il pastorale aquileiese prima politicamente poi solo religiosamente fino al 1751.
Ermagora e Fortunato vengono ricordati il 12 luglio all’interno di quella che la tradizione friulana più antica vuole sia la “settimana delle disgrazie” – e il forte maltempo di questi giorni, forse, è una conferma dell’antica saggezza popolare – proprio il giorno antecedente quello della dedicazione dell’antica Basilica patriarcale di Aquileia, il 13 luglio. Così, come da tradizione, la chiesa goriziana si è ritrovata ieri sera, alle 20, nella Basilica patriarcale di Aquileia, per la celebrazione eucaristica presieduta, per il 2023, dal cardinale Marcello Semeraro. Lo stesso Semeraro, poco prima, ha tenuto una lectio nella vicina Piazza del Capitolo con l’arcivescovo di Gorizia, Redaelli, e il direttore del settimanale diocesano Voce Isontina, Mauro Ungaro.
Una santa messa, seppur non eccessivamente partecipata, accompagnata dal coro diocesano, diretto da don Francesco Fragiacomo e con all’organo Marco Colella, della cattedrale metropolitana di Gorizia, e concelebrata dai vescovi regionali, in primis l’arcivescovo metropolita di Gorizia, monsignor Carlo Redaelli, della vicina Slovenia come l’arcivescovo di Capodistria, Jurij Bizjak e, da Roma dal cardinale Oscar Cantoni. Sacerdoti da tutta la regione, e non solo, hanno concelebrato mentre, dalla parte laica delle autorità, il consigliere regionale Diego Bernardis, il sindaco Emanuele Zorino, il vicesindaco di Gorizia Chiara Gatta, e il direttore della Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia, Andrea Bellavite. Servizio liturgico curato dai seminaristi del seminario interdiocesano di Castellerio. A dare un tocco in più, segnando una linea di continuità con la presentazione del progetto “Basilica x tutti” del giorno antecedente, anche la traduzione in lingua dei segni del parlato e del canto di tutta la celebrazione eucaristica a cura del Coro segnante “Ci ha dato un segno” della Diocesi di Pescara Penne.
Il cardinal Semeraro, ricordando le radici antiche delle chiese locali, ha rimarcato tre “elementi fondamentali”, dalla passione dei due martiri: “la missione evangelizzatrice, la sollecitudine pastorale e la testimonianza sino al dono della vita. Evangelizzatrice è fin dal principio, si potrebbe dire, la missione dell’antico patriarcato di Aquileia. Almeno due Papi l’hanno esaltata e raccomandata. Penso a San Paolo VI, il quale indicava Aquileia «quale punto d’incontro di vari popoli, autentico “crocevia” delle genti che entrarono, in epoche successive, a contatto col mondo romano e cristiano…».
Questa realtà storica era per lui pure un compito per l’oggi circa le ragioni e i modi «per stare insieme, per lavorare insieme, per costruire insieme» (Discorso del 16 settembre 1972). A Paolo VI aggiungo Benedetto XVI, il quale nel suo discorso del 7 maggio 2011 indicò la Chiesa di Aquileia come la madre «da cui sono germinate le Chiese del Nord-est dell’Italia, ma anche le Chiese della Slovenia e dell’Austria e alcune Chiese della Croazia e della Baviera e persino dell’Ungheria»”, così Semeraro.
“È la fiducia, è la speranza che ha animato e sostenuto i santi patroni Ermacora e Fortunato. Per questa speranza, i martiri – tutti i martiri, quelli di ieri e quelli di oggi – non sono mai residui di sconfitte, ma sempre, per dirla con Tertulliano, «seme di nuovi cristiani» (Apologeticus, 49; PL 1, 535). Potremo tradurre con queste parole di Papa Francesco: i martiri sono «cellule di rigenerazione capaci di restituire linfa a ciò che sembrava perduto per sempre». Questo, però, vale per ogni cristiano, perché ciascuno di noi ha da Gesù la missione di aprire nel mondo spazi di salvezza”, ha concluso il cardinale.
Foto Ivan Bianchi
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