Anpi non cede su 25 aprile: «Gorizia resta isolata, Lapidario divide»

Anpi non cede su 25 aprile: «Gorizia resta isolata, Lapidario divide»

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Anpi non cede su 25 aprile: «Gorizia resta isolata, Lapidario divide»

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 22 Mag 2023
Copertina per Anpi non cede su 25 aprile: «Gorizia resta isolata, Lapidario divide»

La presidente Anna Di Gianantonio replica alle parole del sindaco Ziberna su Liberazione e Lapidario, «Il Comune non festeggia il 25 aprile».

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Era inevitabile una risposta alle dure parole del sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, contro l’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia, espresse lo scorso 9 maggio a seguito di un’interrogazione del consigliere Andrea Picco. Il primo punto che, questa mattina, la presidente della sezione goriziana dell’Anpi, Anna Di Gianantonio, ha voluto subito metter in chiaro è che «non è vero che il Comune non viene invitato alle proprie cerimonie per il 25 aprile».

«L’Anpi, da anni, manda una locandina al comune con cui comunica gli orari delle varie tappe ai monumenti in occasione della Festa della Liberazione - ha spiegato Di Gianantonio -. Prova ne sia che ogni anno hanno presenziato alle cerimonie le varie autorità, inclusi alcuni assessori della giunta, ai quali, personalmente, ho sempre chiesto se volessero rivolgere qualche parola ai convenuti. Ricordo di aver fatto questa richiesta all’assessore Romano, Gatta e Filisetti, sempre ottenendo risposta negativa. Quest’anno non abbiamo cambiato alcuna modalità: è vero che quest’anno non ha ritenuto di partecipare».

Discorso che si ricollega direttamente all’altro punto che la rappresentante dei partigiani ha voluto denunciare senza mezzi termini: «Il Comune non festeggia il 25 aprile». Sempre Di Gianantonio, infatti, ha ricordato che quell’alzabandiera di pochi minuti che avviene ogni anno in piazza Vittoria è in realtà organizzato dalla Prefettura. Allora «perché – si chiede la storica – l’amministrazione intende isolare la nostra città dalle cerimonie nazionali non rispettando il calendario civile italiano?».

La risposta, per l’associazione, sta nel fatto che «la giunta ritiene il 25 aprile prodromico a quanto successo il primo maggio del 1945, con l’amministrazione jugoslava e le deportazioni dei 40 giorni. Per chi ci amministra, dunque, la vera data della Liberazione è il 12 giugno: data del ritiro delle truppe jugoslave e dell’inizio dell’amministrazione alleata». Una lettura ritenuta «inaccettabile» per svariati motivi: il primo tra tutti è una narrazione storica che, limitandosi al solo 1945, esclude o vuole nascondere quanto successo durante il ventennio fascista.

«Teniamo presente che di questo drammatico Ventennio – che gli storici italiani chiamano “fascismo di frontiera” per sottolinearne il carattere razzista nei confronti di sloveni e croati – ne parla solo l’Anpi», rivendica sempre Di Gianantonio, che poi aggiunge: «Io non ho mai sentito di conferenze, presentazioni di libri o dibattiti a cura dell’amministrazione, che abbiano come oggetto il fascismo, i suoi crimini e la guerra scatenata dal regime in Jugoslavia il 6 aprile del 1941. Mentre dell’occupazione nazista sembra si ricordi solo la Shoah, trascurando così le 7mila persone rinchiuse nel carcere di via Berzellini e tante altre migliaia di deportati nei lager, perché sospettati di essere antifascisti».

«Come se non bastasse – la chiosa della presidente – si continua a ricevere la X Mas, che non solo con i nazisti fu alleata, ma che dagli stessi nazisti fu mandata via da Gorizia per gli atteggiamenti aggressivi e anti-slavi che causavano disordini in città». Una querelle, quella tra l’Anpi e il Comune, che continua a infiammarsi per una lista di punti d’attrito sempre più lunga. Ferma, infatti, anche la critica nei confronti del nuovo lapidario nel Parco della Rimembranza: «È necessario fare monumenti che reiterano altri già esistenti?».

Fermo restando che l’associazione dei partigiani non intende in alcun modo negare il dramma delle foibe, le perplessità dei suoi esponenti sono numerose e legate non solo al fatto che, nel Parco della Rimembranza, esista già un monumento che ricorda le 665 vittime, ma anche alla validità di molti dei nomi lì riportati. Infatti, dagli studi condotti da più ricercatori è risultato che ben 226 sono riconducibili a residenti in località estranee al Friuli Venezia Giulia. Per di più sono emersi moltissimi «nomi incongrui», che con quelle deportazioni non c’entravano nulla, come, per esempio, quelli di sei partigiani, o altri cinque relativi alla medesima persona.

Il caso più eclatante è quello dei 17 finanzieri – riscontrati da Di Michele e Sancimino – sbarcati vivi e vegeti ad Ancona, che vanno a comporre un totale accertato di almeno 125 persone. I conti non tornano anche per il nuovo lapidario voluto dalla Lega nazionale, che riporta la lista di ulteriori 52 nomi trovati in una missione a Roma da Fabio Urizio, Lorenzo Salimbeni e Ivan Buttignon. Missione da cui lo stesso Buttignon si sarebbe smarcato, ritenendo quei dati del tutto inaffidabili. E difatti le ricerche condotte da Claudio Lorenzon hanno già rilevato l’incongruità di almeno 36 di questi.

Il rischio paventato da Di Gianantonio è quello di «sminuire il valore di un monumento, con persone che vanno a farsi la foto davanti al proprio nome». Cadute tutte nel vuoto anche le richieste avanzate negli anni di costituire una commissione mista italo-slovena che verifichi e corregga in maniera condivisa i nomi riportati su questi monumenti. Il risultato, quindi, è che «il nuovo lapidario non faccia altro che accentuare le divisioni tra italiani e sloveni, nonostante ci apprestiamo a diventare la Capitale europea della Cultura».

In conclusione, l’associazione dei partigiani chiede non solo «la costruzione di un Monumento alla Resistenza nel Parco della Rimembranza, tutt’oggi inesistente, a colmare la lacuna storica di quel periodo», ma anche che «venga revocata la cittadinanza onoraria a Mussolini, perché non si può pensare di vivere il 2025 portandosi ancora sulle spalle questo fardello».

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