L'Anno Mille tra terrore e falsi miti a èStoria: «Il mondo era già interconnesso»

L'Anno Mille tra terrore e falsi miti a èStoria: «Il mondo era già interconnesso»

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L'Anno Mille tra terrore e falsi miti a èStoria: «Il mondo era già interconnesso»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 25 Mag 2024
Copertina per L'Anno Mille tra terrore e falsi miti a èStoria: «Il mondo era già interconnesso»

John Man ha presentato il suo atlante, partendo dalla constatazione che «tutte le culture sono interconnesse nel mondo come lo conosciamo oggi».

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Molto prima del villaggio globale teorizzato da Marshall McLuhan negli anni Sessanta, un’interconnessione fra i popoli si è potuta stabilire sin dall’anno Mille. È una visione innovativa senza precedenti, quella presentata dallo storico John Man, nella conversazione tenuta questa mattina con il docente William Canciani presso il Teatro Verdi di Gorizia, nel cartellone di èStoria. Autore di numerosi testi monografici, come quelli su Attila e Gengis Khan - da fruire in forma di romanzo – Man ha illustrato il suo “Atlas of the year 1000” non ancora tradotto in Italia.

Mentre Giosuè Carducci nel 1874 scriveva di un’Europa in preda alla paura legata alla profezia dell’Apocalisse - «V’immaginate il levar del sole nel primo giorno dell’anno Mille? […] “Mille, e non più mille” aveva, secondo la tradizione, detto Gesù: dopo mille anni, leggevasi nell’Apocalipsi, Satana sarà disciolto» - la storiografia contemporanea smentisce il falso mito del terrore già con Alessandro Barbero. «E tuttavia l’anno Mille ancora c’impressiona – riflette Canciani – I calendari non erano gli stessi nel resto del mondo, e anche il nostro conteggio del millennio non è corretto».

Difficile davvero comprendere quando sia realmente iniziato il primo millennio. «In Francia questa paura era diffusa molti anni prima del millennio», osserva Man. La domanda da porsi è se l’inizio si riferisca alla nascita di Gesù, alla sua morte o al suo concepimento, in un panorama di disaccordo fra i vangeli. «Questo fatidico anno Zero potrebbe essere stato il Quarto o il Settimo secolo avanti Cristo – spiega Man – Con l’avvicinarsi dell’anno Mille la paura andò a svanire». Noi stessi abbiamo sperimentato il timore del passaggio al Duemila, per un errore di programmazione dei sistemi informatici con poca memoria.

«La gente temeva che i computer sarebbero collassati a causa del Millennium bug, poi la paura svanì - ancora Man - L’elemento che mi ha intrigato, dell’anno Mille, è che fu l’anno in cui i vichinghi approdarono in Canada. Ho immaginato un messaggio che potesse raggiungere ogni luogo del mondo», fino a spingersi al Sud Africa e alla Cina, per poi raggiungere la Nuova Guinea, l’Australia e infine la Nuova Zelanda. Di qui la tesi all’avanguardia di Man, secondo cui l’anno Mille rappresenta quel periodo durante il quale «tutte le culture sono interconnesse nel mondo, come lo conosciamo oggi».

Un’intuizione che lo ha spinto a scrivere l’atlante, come «ritratto delle culture di allora». Da un lato ritroviamo le popolazioni del Sud America, civiltà sviluppate che «potevano contare su forniture e ricchezze attraverso le Ande», dall’altro un’Europa «collassata rispetto al resto mondo», per esempio le civiltà avanzate della Cina e dell’India. E tuttavia «c’era speranza, in quanto il cristianesimo si stava allargando da Roma verso la Scandinavia, iniziando una nuova civilizzazione». Immaginiamo di catapultarci nell’anno Mille. Innanzi ai nostri occhi vanno dipanandosi «strade di fango» che collegano «villaggi sparsi».

L’Europa di allora «era un continente coperto da foreste», in cui l’istruzione iniziava a diffondersi all’interno dell’ambito monastico. «I primi semi di civiltà li stavano diffondendo i monasteri, a partire da Roma». In contrasto con l’età buia dell’Europa, Bisanzio andava espandendosi verso i territori slavi, ponendo le basi della Chiesa ortodossa, e lo stesso mondo islamico aveva iniziato la conquista del Mediterraneo. «Popoli connettori – osserva Canciani – Come i vichinghi o i popoli della Steppa» che raggiungono il cuore dell’Europa come accade per la dinastia mongola.

«All’epoca tutte le culture erano interconnesse, anche grazie alla tratta degli schiavi che provenivano dai paesi slavi – specifica Man – Interconnessioni erano anche le migrazioni», come quelle magiare, dall’Asia centrale verso l’Europa. Grande importanza ricopriva poi la via della seta, che collegava la Cina a Roma costituendo un trait d’union con luoghi lontani. Interconnessioni fra popoli e culture, che ebbero per protagonisti personaggi vissuti in più continenti. Come Papa Silvestro II - Gilberto d’Aurillac - che studia in Spagna presso scuole arabe e diviene docente a Reims, per poi essere eletto papa a Roma.

Oppure il capo vichingo Harald Adrada, che viaggiò dalla Scandinavia alla Russia e quindi a Bisanzio, per poi morire nel tentativo d’invadere l’Inghilterra. «Probabilmente è la prima volta nella storia che incontriamo un’interconnessione del genere», commenta Man. Già greci e romani si spinsero oltre, creando legami fra civiltà lontane. «I greci esplorarono l’Africa, e non erano avventurieri, bensì intellettuali o studiosi» interessati a quanto stava accadendo in seno al cristianesimo stesso. In Europa i libri venivano copiati dagli amanuensi, mentre la stampa era già stata inventata in Cina, dove i blocchi di legno venivano incisi per creare copie stampate.

Altra interconnessione da menzionare è quella costituita dalle comunità ebraiche sparse in tutt’Europa già durante l’Impero Romano, i cui membri «creavano una cultura “underground”. Associazioni che sancirono l’inizio di una comunità globale». Nonostante la difficoltà di viaggiare, nell’anno Mille sono in realtà pochi i territori completamente isolati dal resto del mondo: «La Foresta Pluviale, l’Isola del Fuoco e l’Isola di Pasqua, o qualche località remota della Nuova Guinea», ammette Man, smantellando del tutto la teoria europocentrica. Visione in chiave moderna di uno storico che ha viaggiato a lungo.

«È molto importante, viaggiare, perché si ha la possibilità di vedere con i propri occhi e scoprire elementi importanti – rimarca – Questo libro è anche il tentativo di uscire dalla teoria europocentrica e fornire agli studenti un’idea di altre culture».

Foto Bumbaca

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