L’Annessione all’Italia delle «Nuove Province»

L’Annessione all’Italia delle «Nuove Province»

I primi anni di guerra

L’Annessione all’Italia delle «Nuove Province»

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 04 Feb 2021
Copertina per L’Annessione all’Italia delle «Nuove Province»

Ferruccio Tassin racconta la storia dell'occupazione del Friuli austriaco da parte dell'esercito italiano allo scoppio della Grande Guerra.

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Dal 24 maggio 1915, l’Italia occupa il Friuli Austriaco al di qua dell’Isonzo: per i cattolici, fu tradimento; il deputato Bugatto scrisse: “L’Italia distrugge l’onore italiano”; l’Arcivescovo di Gorizia Sedej, parlò dell’Italia, come “di antica ma perfida alleata”. Per capire sviluppo e ferocia della “Grande guerra”, bastano i versi, dolenti di Giuseppe Ungaretti (“Il porto sepolto”, Udine 1916). Con l’occupazione italiana, ci fu la profuganza dal Friuli Austriaco all’interno dell’Impero e l’internamento di friulani, italiani e sloveni sospetti ai militari (solo nella Bassa Friulana, 352): fra violenze e offese, internati 59 sacerdoti friulani e sloveni, decapitando il movimento cattolico.

I rapporti fra popolazione e truppe di occupazione, non buoni per il carattere vessatorio, si rasserenarono col tempo. Il panorama ecclesiastico e religioso fu sconvolto. Sulla fascia dell’Isonzo, era schierato 1.000.000 di uomini per parte. Gli Italiani entrano a Gorizia, semidistrutta e semideserta, l’8 agosto 1916: modesti risultati militari, notevoli nella propaganda.

Note le operazioni militari fino a Caporetto (24-28 ottobre 1917), e rotta degli Italiani al Piave. In pochi giorni, 20.000 morti, 50.000 feriti, 250-300.000 prigionieri; più di 1 milione di profughi civili. Per la nostra gente, fu la liberazione; di là dal vecchio confine, iniziò l’occupazione austroungarica (verso l’Italia 130.000 profughi friulani). I sacerdoti provvisori che restano, internati; per loro, interviene - sempre - mons. Luigi Faidutti, Capitano provinciale, deputato a Vienna.

Dopo Caporetto, saccheggi da Austroungarici e alcuni locali, brutalità; lo raccontano diari su diari; via campane, perfino canne d’organo. Per chi resta, in terre già italiane, partono accuse d’infedeltà per non essere partiti (respinte da Tiziano Tessitori); esempi di sospetti su preti veri patrioti quelli su don Merlino, parroco a Palmanova o don Giovanni Schiff, parroco a Percoto. Si arriva a Vittorio Veneto: armistizio il 3 novembre 1918 e "cessate il fuoco" in vigore alle 15 del 4 novembre.

A Gorizia, si formano due comitati per il governo provvisorio (italiano e sloveno). Rapporti tesi, coll’arrivo in città di un reggimento austriaco con coccarda jugoslava; se ne va all’arrivo degli Italiani il 7 novembre. Nel periodo armistiziale, nell’ex Contea di Gorizia e Gradisca sono abolite pratiche religiose e insegnamento obbligatorio della religione. Reazione plebiscitaria da parte della popolazione: una circolare del governo Giolitti (21/XI 1920) lo reintegrò (Camillo Medeot). Ciò per capire lo sconvolgimento nelle “Nuove province”.

Trattato di Saint-Germain, 10/IX 1919 con le potenze vincitrici; Trattato di Rapallo, 12/XI 1920 per i rapporti con la Jugoslavia. La Contea diventa Italia (e Tarvisio, Trieste, l’Istria, isole del Quarnero, Zara); la annessione è realtà con presa d’atto del Parlamento italiano e Legge 19/XII 1920, n. 1778, che approva il Trattato di Rapallo fra il Regno d’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. (Gazz. Uff. n.300 21/XII 1920). Il 2 febbraio 1921, il Parlamento ratifica il Trattato di Rapallo (per questo, l’annessione viene assegnata spesso con date diverse).

Popolare l’annessione? lo si coglie qua e là: il 10 dicembre, il decano di Visco Mesrob Justulin (internato in Italia 4 anni, poi parroco arciprete di Aquileia), scrive in curia a Gorizia, sui festeggiamenti da tenere ad Aquileia; promette leale collaborazione dei sacerdoti del decanato. Nei primi mesi del ’21, aspra polemica fra il settimanale cattolico “L’Idea del Popolo” e “Il Piccolo” di Trieste (autonomie per provincia e comuni); due bandiere nere, a lutto, compaiono nella parte slovena della Contea; una bandiera italiana fatta a pezzi a Medea…

Febbraio (e mesi successivi): feste dell’annessione; vistosa partecipazione dal Friuli udinese e dal Veneto; non si era festeggiato prima, per la preoccupazione sui fatti di Fiume. Solenne festa a Gorizia; lapidi di fratellanza: quanto sincera? Strepitosa festa ad Aiello: il parroco “al vangelo rivolse agli astanti brevi parole di circostanza”.

A Cormons, campane a distesa, spari dal M. Quarin, piccioni in volo, discorsi, lapidi…incidenti fra militari e fascisti. Feste a Tolmino, Tarvisio, Postumia, a sottolineare pluralità etnica e linguistica.
Festa al culmine ad Aquileia: visioni diverse per nazionalisti e cattolici. Composto un inno in friulano (parole, Dolfo Zorzut; musica, Rodolfo Penso), nazionalista: gloria di Roma; difesa della porta d’Italia!
Alla celebrazione religiosa partecipano, il principe arcivescovo di Gorizia Francesco Borgia Sedej, il vescovo di Trieste Angelo Bartolomasi (già vescovo castrense), il vescovo di Parenzo e Pola, Trifone Pederzolli, l’arcivescovo di Udine Anastasio Rossi.

Mons. Sedej fu vittima di un disgustoso incidente; protagonista il capo dei Legionari di Gorizia Graziani. Lo offese durante il pranzo ufficiale, suscitando indignazione e immediata solidarietà del senatore Hortis. Era solo l’inizio d’un periodo tormentato, caldo, in questa nuova parte d’Italia, che la storia, grazie a Dio, ha spesso trasformato da barriera a ponte fra i popoli.

Didascalia della foto: Una cartolina eloquente 


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