Andrea Segre incontra il pubblico goriziano: «Ridurre le diseguaglianze e rispettare le diversità»

Andrea Segre incontra il pubblico goriziano: «Ridurre le diseguaglianze e rispettare le diversità»

L’INTERVISTA

Andrea Segre incontra il pubblico goriziano: «Ridurre le diseguaglianze e rispettare le diversità»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 15 Nov 2024
Copertina per Andrea Segre incontra il pubblico goriziano: «Ridurre le diseguaglianze e rispettare le diversità»

Domani, sabato 16 novembre alle 20, il regista presenterà La grande ambizione, il suo ultimo lungometraggio dedicato alla vita dello statista italiano. Ecco l’intervista.

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Migranti, rifugiati di guerra, emarginati in fuga da una società incapace di integrarli e che si rifiuta di accoglierli. A loro dà voce Andrea Segre, che invece nel suo ultimo lavoro accende i riflettori sull’Italia degli anni Settanta. Il regista incontrerà il pubblico sabato 16 novembre alle 20 al Kinemax di Gorizia per presentare l’ultimo lungometraggio “Berlinguer - La grande ambizione”, nelle sale cinematografiche dal 31 ottobre. Una distribuzione Lucky Red dove un grande Elio Germano mostra lo spaccato sociale e politico di una stagione vicina al compromesso storico, dominata da esponenti di spicco come Andreotti, Moro, Iotti, e lo stesso Berlinguer. Abbiamo raggiunto Segre al telefono, per approfondire le motivazioni che lo hanno spinto a guardare con criticità un periodo storico così denso di avvenimenti, alla luce della situazione attuale.

Perché un film su Berlinguer, oggi?
«Non è un film “su Berlinguer”, ma piuttosto “con Berlinguer”, nel senso che attraverso la sua vita raccontiamo quel pezzo di Paese – o “quel paese nel Paese”, come lo chiama Pasolini – che era il mondo del Partito comunista italiano. Che è un’esperienza di vita che ha attraversato le esistenze di un milione di italiani, mai raccontata dal cinema di finzione in Italia». «Ci è sembrato un vuoto da colmare, e così ci siamo incamminati in quest’impresa, che ha al centro la figura di Berlinguer, ma il cui scopo è soprattutto quello di raccontare quell’esperienza e quel rapporto tra vita privata e impegno politico. Un rapporto che nel frattempo è profondamente cambiato, nell’Italia e nel mondo di oggi». «La dimensione politica non è più sentita da molte persone come importante. La politica è un mestiere a sé, svolta da chi è spesso visto come lontano dalla società. Questa distanza tra società e politica è un peso per la società attuale, in quanto la politica si occupa di gestire il bene comune. L’attuale mancanza di una partecipazione sociale in grado di interagire con la sfera politica è un problema; mentre l’elemento che rendeva coesa quell’esperienza era l’avere ideali insieme e dedicare la propria vita a quegli stessi ideali».

Ritiene che la società di oggi manchi di ideali?
«Non del tutto. Sicuramente sono presenti, ma si fa fatica a viverli in maniera unitaria e a percepirli come legati a una comunità. Spesso sono frammentati, legati a piccole realtà che non costituiscono poi un corpo sociale in grado di produrre pressione. E poi c’è disillusione, la sensazione che, anche se il mondo in cui si vive è pieno di ingiustizie e squilibri o tensioni negative, si è disillusi di fronte alle possibilità di cambiarle. E questo riduce lo spazio per l’azione politica». «Una disillusione che tuttavia non è passiva, perché moltissimi ragazzi vengono alla proiezione del film. A testimonianza di come la consapevolezza di questa carenza d’ideali rappresenti un vuoto da colmare, di fronte al quale è possibile reagire. È sicuramente una disillusione che può produrre nuove energie».

A proposito di disillusione e distanza dei cittadini dalla classe politica, molti di loro non vanno più a votare. È la stessa mancanza d’ideali che sta alla base dei recenti episodi di violenza gratuita fra i giovani?
«Non collegherei le cose. In realtà, se si analizza statisticamente, nella società azioni di violenza non sono mai mancate. Anzi, probabilmente erano anche maggiori, in società in cui prevaleva la povertà. Sicuramente la mancanza d’ideali è correlata con l’astensionismo al voto».

Cosa manca, oggi, alla sinistra e alla destra? Qualche giorno fa, il presidente della Repubblica Mattarella è dovuto intervenire per arginare l’influenza di Elon Musk …
«Alla destra non manca granché, nel senso che procede dritta verso un progetto abbastanza chiaro, che è quello di una visione poco democratica di sovranismo nazionale. Che schiaccia molti diritti e non ha pudore nell’andare dritta verso quella loro grande ambizione, che è abbastanza esplicita e anche spudorata». «Mostrando anche una connessione inquietante con gruppi di potere e di concentrazione di privilegi molto forti, come grandi miliardari che appoggiano questa direzione. Negli ultimi anni la volontà di produrre un’alternativa di fronte a un sistema di ingiustizia è andata frantumandosi. Un disorientamento chiaro, che non riesce a produrre la stessa unità organizzata».

Quale dovrebbe essere, l’obiettivo di ogni politico?
«Non è generalizzabile, perché ci sono molti politici che oggi si ritrovano ampiamente bene in questa situazione, che interpretano serenamente la politica come gestione d’interessi di gruppi. Quello che manca non è la “figura giusta” del politico, ma la partecipazione di un’ampia fascia di popolazione la quale crede che mettersi assieme per ottenere dei cambiamenti piccoli e grandi sia una fatica marginale o inutile. Come cittadino, a mio avviso non lo è, e questo film intende far riflettere su questa mancanza».

Quindi qual è “la grande ambizione”?
«La grande ambizione di Berlinguer e del Pc era arrivare al socialismo nella democrazia. La grande ambizione di oggi, per qualcuno è costruire una nazione forte, che difenda i propri confini e la propria patria e che dia potere a chi ha più denaro. La grande ambizione di altri è sicuramente più disorientata e incerta. Per me, come cittadino, la grande ambizione è ridurre le diseguaglianze e rispettare le diversità».

Nell’incipit de “La prima neve”, Dani fugge dalla guerra in Libia e non vede più un motivo per andare avanti, sentendosi inutile, incapace d’inserirsi nella società. Qual è la situazione attuale, reale, dei migranti? Sono sempre abbandonati a sé stessi?
«La situazione è quella di una società che sta diventando inevitabilmente sempre più multiculturale, dove l’aumento delle interconnessioni fra culture e la presenza di stranieri è costante, ed è di fatto necessaria e normale in un mondo globalizzato, nonostante continui la follia di opporsi a questa tendenza. Un’opposizione che rende elettoralmente, anche se ne frattempo è sempre più normale che un bar sia gestito da stranieri o che nelle cucine dei ristoranti tipici ci lavorino camerieri e cuochi stranieri, e che i nostri figli vadano a scuola con persone di altre culture». «Una normalità che produce un cambiamento e al contempo resistenza o paura. Chi cavalca questa resistenza ottiene un consenso schizofrenico nel lungo tempo perdente rispetto alla realtà, ma che nel breve consente di ottenere consenso e potere».

Come Trump, che ha definito “spazzatura” i migranti, vincendo le elezioni….
«È un istinto prerazionale molto comodo da sfruttare, per gestire un potere fatto di privilegi delle minoranze. Un meccanismo psicosociale che funziona da sempre, nell’umanità. Il potere dei principi, dei feudi e dei cardinali era basato su questo. E anche il potere dei miliardari di oggi si basa sullo stesso fondamento. Resistere a tutto ciò significa costruire comunità pensanti che agiscono in una direzione più degna e giusta».

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